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Renato Parascandolo La televisione oltrela televisione Questo volume è stato pubblicato Prefazione di Remo Bodei in collaborazione con l'Istituto italianoper gli Studi filosofici La televisione oltre la televisione I edizione: febbraio 2000 Copyright Editori Riuniti via Alberico II, 33 - 00193 RomaISBN 88-359-4845-2 Parte prima. Questioni di sfondo Internet versus televisioneL'illusione totalitaria, p. 14 - Il «tempo» dei media, p. 15 - L'in-terazione tra i media, p. 17 - Il vizio «mediacentrico», p. 19.
Opinione pubblica e opinione di massaPer una nuova opinione pubblica, p. 25.
Televisione commerciale e crisi della democraziaDalla economia di mercato alla «società di mercato», p. 29 -Televisione e formazione della classe dirigente, p. 31 - Media-set: un'azienda-partito, p. 34.
Produzione di programmi e produzione di tele-spettatoriPubblicità: il «quarto genere», p. 37 - Il telespettatore comemerce, p. 39 - Interattività commerciale, p. 41.
Televisione pubblica e commerciale: un casodi entropiaLa buona televisione come antidoto alla cattiva televisione,p. 46 - La funzione civile della televisione, p. 48 - Ascesa e de-clino della televisione pubblica, p. 50 - La televisione nel mer-cato globale, p. 52.
La televisione pubblica come istituzione L'educazioneLa televisione nella diaspora dei saperi, p. 130 - Educazione,istruzione e televisione, p. 131 - L'intermedialità come strumen- Televisione pubblica e interesse generale to pedagogico, p. 133 - Scuola e televisione: un'alleanza auspi- Nobiltà e miseria della televisione, p. 61 - La buona maestra cabile, p. 134 - Rai Educational: un esempio d'intermedialità, televisione, p. 63.
p. 136 - «Carramba», un programma al servizio della didattica,p. 139 - Mosaico, p. 140 - La scuola di diretta, p. 142- I corsi di Funzione e funzionamento della televisione aggiornamento per gli insegnanti, p. 143 - L'«Enciclopediamultimediale delle scienze filosofiche», p. 144.
La cosiddetta professionalità, p. 67 - Irresponsabilità e poteredei dirigenti televisivi, p. 69.
Qualità e quantità Lo scacco della «mano invisibile», p. 73 - La qualità scadente:una necessità per la tv commerciale, p. 75 - La cultura non èun «genere», p. 77.
Profili professionaliIl manager e la sua «mission», p. 80 - I dirigenti della Rai, p. 81 -Gli autori televisivi, p. 83.
Parte seconda. La televisione del futuro Sulla multimedialitàL'organizzazione «per media», p. 93 - Creatività e monomedia-lità, p. 95 - L'organizzazione «per generi», p. 96.
Per una Rai multimedialeInterdisciplinarità e intradisciplinarità, p. 98 - Le reti televisi-ve: un'astrazione merceologica, p. 100 - Dall'analogico al digi-tale: una frattura epistemica, p. 101.
Intermedialità e circolazione dei saperi: un rappor-to consustanzialeMultimedialità digitale, p. 105 - Coerenza dei contenuti e in-termedialità, p. 106 - L'«interpassività», p. 107 - L'interattivitàè riflessione, p. 108.
Dagli archivi televisivi alle teche intermedialiLa monomedialità e i suoi effetti perversi, p. 111 - Per una va-lorizzazione degli archivi televisivi, p. 112 - La «materia pri-ma», p. 114 - Gli archivi intermediali, p. 115 - I diritti per tut-ti i media, p. 117.
L'informazioneLe «news»: un mondo in frantumi, p. 119 - L'inchiesta televisi-va e il suo declino, p. 121 - La difficile ricerca dell'obiettività,p. 125 - Il giornalista: una coscienza infelice, p. 127.
La televisione oltre la televisione Intorno al futuro della televisione regna una desolata rassegnazione, mentre le principali correnti del pensierocontemporaneo hanno espresso nei suoi confronti un giu-dizio d'irredimibilità: da Karl Popper, campione del libe-ralismo e teorico della «società aperta», ai filosofi dellaScuola di Francoforte; dal papa cattolico a AleksandrSol≥enicyn, alfiere d'istanze conservatrici e panslavisti-che, senza parlare degli anatemi lanciati dal mondo isla-mico contro la televisione occidentale.
Nel nostro paese la stragrande maggioranza dei tele- spettatori lamenta l'insulsa ripetitività di programmi sem-pre piú scadenti; i critici televisivi s'indignano, quasi tut-ti i giorni, per la crescente volgarità delle trasmissioni eper l'assenza di creatività degli autori. Nel mondo politi-co, mostrano interesse per la televisione soprattutto i par-titi coinvolti nel conflitto d'interessi e quelli che hannonostalgia delle lottizzazioni; gli altri partiti se ne lavano lemani, per paura di sporcarsele e, in tal modo, acceleranoil processo di snaturamento della televisione pubblica,uno dei tratti distintivi del Welfare State europeo. La televisione pubblica, incalzata dalla pervasività di quella commerciale, sembra non avere alternative: o sfi-darla sul terreno dell'ascolto, a costo di abbassare pro-gressivamente la qualità dei programmi; oppure trasfor-marsi da mezzo di comunicazione di massa in un mezzodi comunicazione d'élite che produce soltanto programmiculturali, servizi sull'attività del Parlamento e, tutt'al piú, previsioni del tempo. In entrambi i casi, una disfatta, una e sui suoi effetti, piuttosto che sui processi e sui meccani- resa alla televisione degli spot, che riduce i cittadini a con- smi della produzione2. Cosí lo spazio che intercorre tra sumatori e li inebetisce fino a farli «morire dal ridere». lo schermo televisivo e la poltrona del telespettatore è Se questa è la prospettiva, non serve levare un ennesi- stato accuratamente esplorato, analizzato e interpretato, mo grido di dolore: occorre, piuttosto, rimboccarsi le ma- mentre sono state sistematicamente trascurate questioni niche per restituire dignità, forza e autorevolezza a una strutturali come la cornice istituzionale dell'azienda di televisione pubblica che, nell'interesse generale, contrasti produzione televisiva (fondazione senza fine di lucro, hol- l'egemonia di quella commerciale e ne temperi gli effetti ding finanziaria, società per azioni, ecc.), il modello pro- dannosi, nella consapevolezza che, se vi sono ancora am- duttivo, la scala gerarchica, la pianificazione degli obiet- biti dove la politica può e deve far valere il suo primato tivi e le aspettative di carriera che questi fattori alimenta- sull'economia, uno di questi è la televisione.
no tra i dirigenti, gli autori e i giornalisti. Di questi pro- I temi legati ai mass media troppo spesso sono affron- blemi che sono, come si dice, «a monte», l'unico noto al tati in termini culturali, immaginando cioè che i princi- grande pubblico è quello della lottizzazione dei vertici pali responsabili dei contenuti e della qualità di un gior- aziendali, aspetto certamente non trascurabile che acqui- nale, di una radio o di una televisione siano i giornalisti, i sta tuttavia un senso compiuto (mettere gli uomini giusti registi e i direttori editoriali. Quest'approccio «soggetti- nel posto giusto) solo dopo che si sia stabilito che cosa si vo» non tiene conto dell'incidenza degli aspetti struttura- debba fare in quel posto, cioè qual è l'obiettivo strategi- li, e del loro potere vincolante. Di fatto, i fattori «oggetti- co che la televisione persegue.
vi» condizionano in modo spesso cogente la creatività, Vero è che quest'obiettivo non è sempre evidente, o l'uso dei mezzi espressivi e la qualità dei contenuti: que- perché è mascherato (come nel caso delle tv commercia- sti fattori sono la «missione» che un apparato persegue li), o perché si è andato sbiadendo (come nel caso delle tv (creare profitto, erogare un servizio pubblico, assolvere pubbliche). Eppure il nodo del problema è tutto qui: il un compito istituzionale, ecc.), la sua struttura organizza- comportamento presente e futuro delle televisioni è iscrit- tiva (necessariamente finalizzata alla missione) e le fonti to nella missione aziendale e nella struttura organizzativa di finanziamento.
che su tale missione è modellata. Qui, prima ancora che Sappiamo tutto dei persuasori occulti, della polisemia tra dirigenti e autori, devono essere ricercate le cause e le delle immagini e della «produzione di consumo», ma po- responsabilità della mediocre qualità del prodotto televi- co o nulla si sa del funzionamento degli apparati televisi- sivo. Non a caso distinguiamo tra cause e responsabilità vi e dell'incidenza che i processi produttivi hanno nel de- (le prime attengono alla sfera della necessità, le seconde a finire i contenuti, la forma dei prodotti e le modalità del quella della libertà). Infatti, ciò che si vuol dimostrare è loro consumo. Eppure un'indicazione precisa in questa che la tv commerciale è quella che è, e non potrebbe es- direzione era stata formulata già negli anni '30 da Walter sere altrimenti, mentre la tv pubblica può decidere il suo Benjamin: «Un autore che ha meditato molto sulle con- modo d'essere e il suo destino (almeno nei limiti della li- dizioni attuali della produzione, rivolgerà il suo lavoro bertà che la sfera politica riesce, nel nostro tempo, a sot- non soltanto ai prodotti, ma anche ai mezzi della produ- trarre all'influenza della sfera economica). Essa può iden- zione. In altre parole, i suoi prodotti devono possedere tificarsi, in toto, con la tv commerciale, o ridursi a una una funzione organizzativa, oltre o prima del loro carat- piccola tv di servizio pubblico che si limita a trasmettere tere di opera»1.
programmi sull'attività del Parlamento e le estrazioni del Occupandosi di mass media, i sociologi hanno focaliz- lotto, oppure diventare un potente antidoto contro gli ef- zato quasi esclusivamente la loro attenzione sul consumo fetti socialmente dannosi della televisione commerciale, aggredendola contemporaneamente su due fronti: la qua- media, piú inclini alla suggestione e alla propaganda che lità dei programmi e la quantità di telespettatori.
all'argomentazione razionale. Tale contaminazione ha Sappiamo bene che se un lupo malintenzionato si ag- prodotto un'implosione: l'opinione pubblica – intesa co- gira nei pressi di un gregge a nulla serve, per tenerlo lon- me categoria sociologica – non rispecchia piú la realtà di tano, l'alleanza delle pecore, né un patto di solidarietà, un'opinione di massa (che non solo è profondamente di- né la loro disposizione a falange. Per tenere a bada un lu- versa dall'opinione pubblica borghese ma, per molti ver- po bisogna disporre di una forza che per aggressività, po- si n'è l'opposto, l'altro). La dialettica tra queste due for- tenza e prontezza di riflessi sia analoga alla sua; in altre me d'opinione è speculare a quella che oppone la televi- parole, serve un lupo che stia dalla parte delle pecore: un sione commerciale a quella pubblica e genera conseguen- cane-lupo, per l'appunto. Cosí è per la televisione com- ze politiche e sociali d'ampia portata, già sotto i nostri merciale. Se si vogliono ridurne i guasti e temperarne gli effetti negativi, lo strumento piú efficace è la televisione Se è vero che dalle principali correnti di pensiero giun- stessa, una televisione robusta, agguerrita e tecnologica- gono inappellabili sentenze contro la televisione tout mente avanzata che stia dalla parte dei cittadini3.
court, è altrettanto vero che tutti i governi europei, senza Molti argomenti qui affrontati sono presentati in distinzione, sono orgogliosi e gelosi delle loro televisioni utramque partem, nell'ottica della televisione pubblica e pubbliche, che intendono difendere nonostante l'accer- di quella commerciale, che qui sono considerate soprat- chiamento dei grandi network commerciali sia sempre tutto nella loro caratterizzazione strutturale: la prima es- piú incalzante. Questa volontà di difendere la televisione sendo orientata (o dovendo essere orientata) al cittadino, pubblica, non dev'essere considerata una forma deterio- la seconda al consumatore delle merci «consigliate». re di «statalismo» o un calcolo propagandistico dei go- La televisione come medium è un'astrazione tecnolo- verni in carica. Il concetto di televisione pubblica è gica. Infatti, come vi sono tante varietà di pubblicazioni profondamente radicato nella tradizione democratica del- a stampa che perseguono le finalità piú disparate, cosí è le forze politiche europee (liberali, socialiste e cattoliche) per la televisione, che può essere generalista4, tematica5, che hanno dato vita a quella straordinaria costruzione a pagamento, satellitare, via cavo, on-line, ecc. Noi ci oc- che è stata – e in forme diverse è ancora – lo Stato socia- cuperemo dei due modelli dominanti, quello commercia- le, forse ciò che di piú europeo ha l'Europa. Ne è testi- le e quello pubblico: gli unici che, per la loro estensività, monianza la frase, pronunciata nel 1924, da John C.W.
abbiano una rilevante funzione politica e sociale. Nono- Reith, primo direttore della Bbc: «Se l'etere fosse stato stante alcune preoccupanti somiglianze, questi due mo- svenduto al denaro e al suo potere, se non ci fosse stata delli di televisione non sono sullo stesso piano, anzi sono responsabilità etica e intellettuale, se interessi diversi da addirittura incommensurabili. Sono come due poli ma- quelli pubblici avessero preso il sopravvento, la Bbc non gnetici circoscritti da linee di forza che tendono a respin- sarebbe mai divenuta quella che è».
gersi: se questa dialettica venisse meno per la sconfitta o Purtroppo questa ferma determinazione ha perso pro- il ridimensionamento di uno di questi due poli – quello gressivamente vigore, tant'è che la questione televisiva è pubblico – si porrebbe un serio problema di democrazia. ormai rinchiusa nel recinto dell'economia, delle tecnolo- La radio e la televisione hanno consentito a milioni di gie e delle grandi fusioni finanziarie, come se il piú po- cittadini, per la prima volta nella storia, di accedere allo tente e pervasivo mezzo di formazione dell'opinione pub- spazio del discorso pubblico. Quest'incursione delle mas- blica e di masse enormi di cittadini fosse una merce o un se popolari nella ristretta cerchia dell'opinione pubblica servizio qualsiasi: una faccenda per manager, imprendi- borghese, colta e raziocinante, è stata propiziata da mass tori e banchieri; oppure per funzionari della Commissio- ne europea che diramano direttive tendenti a limitare l'at- quei mezzi di comunicazione che sono per loro natura tività delle televisioni pubbliche sospinti piú da pressioni piú adatti all'approfondimento, allo studio e a forme piú lobbistiche dei network commerciali che da reali interes- meditate e argomentate di comprensione. Da qui l'esi- si comunitari. Un esempio ulteriore di quanto l'Europa genza, per la televisione pubblica, di sviluppare una «mul- degli affari prevalga ancora sull'Europa della cultura. timedialità allargata» che le consenta un uso integrato di Lo stesso concetto di servizio pubblico è stato pro- media tradizionali (radio e tv) e nuovi media (Internet, gressivamente declassato da precetto costituzionale (ser- cd-rom, tv satellitare, ecc.). Questo passaggio dalla «mo- vizio pubblico essenziale di preminente interesse genera- nomedialità» alla «intermedialità», assolutamente impro- le, art. 43 della Costituzione), a semplice formula di di- crastinabile, trova gli apparati televisivi fortemente im- ritto amministrativo (servizio pubblico oggettivo), come preparati e restii ad abbandonare la rendita di posizione se la Rai fosse paragonabile a una centrale del latte o a che la televisione generalista ancora garantisce loro. un'azienda di trasporti e non piuttosto, per la sua attività È cambiato il modo di fare l'automobile, il fordismo d'educazione permanente, a un'istituzione come la scuo- fa parte della storia, eppure il modo di funzionare delle la. (Perché, ci piaccia o no, una telenovela o un program- televisioni è ancora quello tayloristico. Una contraddizio- ma di varietà educano – o diseducano – molto piú di un ne stridente in un settore che richiede nuovi apporti di programma culturale e, forse, anche di una lezione di ma- creatività, inventiva e intelligenza. Come dev'essere allo- ra organizzata e come deve funzionare una televisione Oggi il servizio pubblico non ha piú una base di legit- che non è piú soltanto analogica, monomediale, naziona- timazione tecnica (la limitazione delle bande disponibili le e generalista ma, contestualmente, digitale, multime- per le trasmissioni televisive)6. Paradossalmente è pro- diale, internazionale e tematica? Questo libro si propone prio la tv commerciale e la sua pervasività a legittimare di rispondere a tali domande, cercando di indicare le li- l'esistenza di una televisione pubblica che operi, nell'in- nee guida di una televisione pubblica che per vincere la teresse generale, come un potente antidoto contro i suoi sua battaglia di civiltà con la televisione «a fine di lucro», effetti socialmente dannosi, aggredendola contempora- dovrà necessariamente misurarsi anche con l'innovazione neamente su due fronti: la qualità dei programmi e la tecnologica, spingendosi oltre la televisione.
quantità di telespettatori. Si può affermare che quando latv commerciale generalista sarà stata soppiantata da altrimodelli, altrettanto commerciali, ma meno capillari e in-trusivi (pay-tv, Web-tv, pay-per-view, ecc.), solo allora sipotrà prendere in considerazione il ridimensionamentodella televisione pubblica. Ma fino a quel momento il ruo-lo politico della televisione pubblica è insostituibile.
Una televisione che si ponga come scopo principale un futile intrattenimento non ha bisogno d'approfondirei suoi contenuti integrandoli con quelli d'altri media. Peril classico varietà del sabato sera, basta e avanza la versio-ne televisiva. A nessuno verrebbe in mente di farne unaversione per cd-rom o videocassetta. Al contrario, unatelevisione che intenda svolgere, anche un ruolo informa-tivo e formativo, non può fare a meno d'interagire con Questioni di sfondo Internet versus televisione Internet7 sta alla televisione come un aereo sta a un autobus: apparentabili, perché presentano una struttura(meccanica) simile, ma anche incommensurabili, per il ti-po di persone che abitualmente se ne servono. Cosí, no-nostante la somiglianza tra il monitor di un computer equello di un televisore, Internet – che non a caso, per lesue caratteristiche, è stata definita una sorta di «intelli-genza collettiva» – non ha niente, o quasi niente, da spar-tire con la televisione cosiddetta generalista, il piú poten-te strumento di livellamento di massa che sia mai esistito. La televisione è per definizione un mezzo effimero; le sue immagini sono volatili, i suoi discorsi fluttuanti, unfiume in piena che scorre a velocità sempre crescente. Ildiscorso della televisione, a differenza di quello del libro,del giornale, della videocassetta, del cd-rom8, è irripetibi-le; se qualcosa è sfuggito alla nostra comprensione, non èpossibile tornarci su per una piú approfondita riflessione.
La televisione è un mezzo estensivo che consente a mi- liardi di persone di assistere a un evento che accade a mi-gliaia di chilometri di distanza in tempo reale, cioè men-tre l'evento si svolge; il suo raggio di diffusione è illimita-to e la sua tempestività nel diffondere le notizie non hauguali. La televisione ha contribuito all'innalzamento dellivello culturale d'intere popolazioni, ha plasmato linguenazionali e ha svolto un ruolo determinante nella forma-zione della classe media delle società avanzate. Non sipuò dire però che abbia svolto un ruolo propulsivo tra le classi colte, perché il messaggio televisivo ignora il rigore non è questo il caso, e non è possibile che vi sia un'assi- della trattazione, la cura dello stile e l'approfondimento milazione, per la stessa ragione per cui l'aereo non ha soppiantato l'automobile. Al contrario, Internet è un mezzo di comunicazione in- I mass media hanno un'inclinazione totalitaria: la ra- tensivo, possiede cioè una straordinaria capacità di ap- dio ha emulato la stampa con i giornali-radio e si è pro- profondimento: grazie al sistema di rimando9 ad argo- vata a ricostruire lo spazio teatrale con i radiodrammi e i menti correlati che ne caratterizza l'ipertesto10, qualsiasi concerti; la televisione ha tentato di fagocitare il cinema argomento può essere analizzato e studiato nei particolari. e la radio – compreso tutto ciò che la radio aveva già in- La televisione viaggia in superficie, Internet in profon- globato. Analogamente, Internet non ha ancora raggiun- dità. La televisione mostra allo spettatore una realtà, pe- to la maggiore età e già aspira a inglobare la televisione e raltro virtuale11, intravista come dal buco di una serratu- tutti gli altri media. ra: egli guarda passivamente, mentre le persone si ammaz- Per fortuna, come quasi sempre avviene nel delirio di zano, fanno l'amore, giocano, applaudono, piangono e ri- potenza, la tendenza totalitaria si scontra con il principio dono. Perlomeno, questa è la televisione del modello do- di realtà, che finisce con il prevalere. Nel caso dei mezzi minante in quasi tutto il mondo, cioè la televisione com- di comunicazione, la loro connaturata tendenza totalita- merciale che, con maggiore aderenza alla realtà delle cose, ria è contrastata dalla diversità e, piú ancora, dall'incom- potrebbe essere chiamata televisione «a scopo di lucro». patibilità dei linguaggi, delle abitudini e delle modalità Internet, al contrario, è interattiva12: è una sterminata d'uso che li caratterizza. Tale diversità è dovuta a ragioni biblioteca universale, che possiamo liberamente decidere storiche, al modo stesso in cui hanno preso forma. Di fat- di consultare o d'ignorare, ed è un mezzo che ci consen- to, ogni nuovo mezzo di comunicazione non solo non te di dialogare con gli altri. Internet, insomma, pur con soppianta il precedente ma, dopo un certo tempo, addi- tutti i suoi difetti, ha il pregio di restituire un'identità a rittura lo rafforza. chi era stato spersonalizzato dalla tv, ridotto al rango di«utente», o – peggio – di consumatore, o – peggio anco-ra – di bersaglio da colpire (target)13. Il «tempo» dei media Un medium14 si distingue dall'altro non solo per il lin- L'illusione totalitaria guaggio, per il pubblico cui si rivolge, per il tipo di «mes-saggio» e per la tecnologia utilizzata, ma anche per un Vi sono buoni motivi per non lasciarsi irretire nella fal- suo «tempo» caratteristico. Ogni medium ha un suo tem- sa disputa se Internet soppianterà la televisione o vice- po, cioè un suo modo di scandire il tempo, un suo ritmo.
versa; questi due mezzi, infatti, proprio grazie alla loro Provate a misurare una pausa teatrale con il tempo della incompatibilità, conviveranno a lungo, piuttosto allean- televisione – vi sembrerà un'eternità! – e capirete perché dosi che combattendosi, a dispetto di quanti, su quest'ar- è cosí difficile ottenere un buon risultato dalla ripresa te- gomento, continueranno a organizzare tavole rotonde. A levisiva di una pièce teatrale. Provate ancora a esporre la costoro bisognerebbe ricordare che Video killed the radio teoria della relatività, in cinque minuti, su una rete televi- star è soltanto una canzonetta di successo di tanti anni fa siva generalista, e capirete perché la tv si guarda bene dal e che il «cannibalismo telematico» (Internet che divora parlarvi di relatività. Analogamente è comprensibile che la televisione) potrebbe verificarsi solo se i due mezzi, ol- un filosofo «difficile» come Derrida abbia una marcata tre che concorrenti, fossero anche commensurabili. Ma idiosincrasia per le interviste televisive. Provate adesso a trascrivere una notizia del telegiorna- stessa specie. Per esempio, il ritmo della televisione gene- le e paragonate questo testo con quello che apparirà sul ralista, scandito dalla pubblicità e dai telegiornali, non è vostro quotidiano il giorno dopo. Rimarrete stupiti per lo stesso (non dovrebbe esserlo!) di quello della televi- l'approssimazione e l'apoditticità del testo televisivo. Il sione tematica: questa, rivolgendosi a un pubblico non valore della notizia del telegiornale consisteva nella «tem- occasionale, che ha dimestichezza con l'argomento trat- pestività», una qualità del tempo «ontologicamente» di- tato, può (deve!) concedersi un tempo adeguato all'ap- versa da quella del giornale, il cui «tempo», quello della profondimento dei contenuti e alla riflessione. lettura, è soggettivo e non imposto dal mezzo. Il tempo della tv off-line16 ha ancora un altro ritmo.
Ugualmente, non è difficile dimostrare che anche il ci- La videocassetta, a differenza della televisione, non è per- nema è caratterizzato da un tempo proprio: per ciò è pos- vasiva: chi ne vuole esaminare il contenuto deve acqui- sibile comprimere nell'arco di cento minuti il romanzo di starla, il che implica un'intenzione e una decisione. A dif- una vita, descritto in un libro di seicento pagine, ferenza del programma trasmesso dalla televisione gene- Una vittima illustre dell'accelerazione dei ritmi del ralista, sempre esposto alla concorrenza di altri canali, tempo è stata la posta, un mezzo straordinario di compo- sempre alla ricerca di un pubblico occasionale da indivi- sizione, formazione e amalgama delle classi colte dell'età duare, colpire e conquistare (il target!), la videocassetta moderna. Intere generazioni si sono formate grazie allo può concedersi il tempo del rigore e del linguaggio com- scambio epistolare (il commercium epistularum); uomini plesso (verbale e visivo): soprattutto, può affrontare le di lettere, filosofi e scienziati si sono scambiati con la po- questioni in modo approfondito. A differenza di tutte le sta riflessioni, conoscenze e critiche. Una parte non mar- forme di televisione on-line17, le cui immagini passano e ginale della buona letteratura e della saggistica è stata svaniscono irreparabilmente, la videocassetta offre, come scritta in forma epistolare. L'attesa della posta non era il libro, la possibilità di essere rivisitata. È possibile cioè tempo perso, ma occasione di meditazione. L'arrivo del rivedere piú volte ciò di cui, immediatamente, ci sfugge il postino scandiva il tempo interiore, riempiendo di senso significato, rallentando la sequenza o soffermandoci su i vuoti dell'esistenza. Questo mezzo di comunicazione so- un fotogramma, cosí come facciamo con la pagina di un ciale è caduto in disuso, intasato e inflazionato dai dé- libro difficile. pliant pubblicitari e scavalcato dal telefono, medium piú Lo stesso ragionamento vale per Internet, un medium agile e alla portata di tutti, anche degli analfabeti. Il te- che andrebbe disaggregato nelle sue differenti funzioni lefono tuttavia, al pari della televisione, indulge piú alla comunicative. Infatti, che cosa ha in comune la posta elet- chiacchiera che alla riflessione. tronica (comunicazione uno-a-uno) con un newsgroup18 Ma a tutto c'è un rimedio: l'ordine raffinato del di- (comunicazione molti-a-molti), al di là del fatto che la co- scorso epistolare, che sembrava completamente tramon- municazione è veicolata dalla stessa tecnologia? tato con il declino della posta, è, di fatto, risorto con In-ternet che, contraendo il tempo dell'attesa, ha ripristina-to il dialogo nella sua forma migliore, quella riflessiva, ar- L'interazione tra i media ricchendolo anche d'immagini e suoni; un dialogo che,può essere pubblico o restare privato, può essere instau- La pluralità dei media non corrisponde soltanto alla rato con un amico o con un personaggio pubblico, un'i- pluralità degli utenti (target), ma anche al fatto che cia- stituzione o un gruppo di discussione (forum)15. scun utente è «plurale» in sé. Infatti, a seconda delle ore Il tempo è dunque diverso da un medium all'altro: ma del giorno e del luogo in cui ci si trova, ciascuno di noi è anche diverso tra media che pure appartengono alla sente il bisogno di qualcosa di effimero o di piú profon- do, di qualcosa che ci distragga o ci aiuti a capire, di qual- possibile reperire le recensioni dei migliori critici, le bio- cosa che si possa agevolmente consultare sulla spiaggia o grafie degli attori e del regista, le foto di scena, ecc. Ana- sull'autobus (libro, radio, giornale) o a casa propria (In- logamente un'intervista televisiva a un filosofo o a uno ternet, tv, cd-rom, ecc.). scienziato di chiara fama – della quale non è stato possi- Per raggiungere un villaggio di pescatori su un'isoletta bile mandare in onda piú che tre o quattro minuti – può del Madagascar mi servo di un certo numero di mezzi di essere registrata integralmente e in lingua originale in una trasporto (autobus, metropolitana, aereo, taxi, nave e in- banca dati20 accessibile mediante Internet. Il telespetta- fine, forse, anche un mulo), né mi sognerei di raggiunger- tore che ha visto l'intervista «passare» fugacemente in te- la con un unico mezzo, perché ciò renderebbe il viaggio levisione, può decidere di spegnere l'apparecchio tv e di meno avvincente. Analogamente, non vorrei essere «edu- accedere all'home-page associata al programma televisivo cato», «informato» o «intrattenuto» da un solo medium.
che ha visto: potrà leggere tutta l'intervista, stamparla o Infatti, la formazione culturale è il risultato congiunto di anche archiviarla nel suo calcolatore. La stessa home-pa- un vasto numero d'istituzioni (scuola, università, chiese, ge può anche presentare un collegamento di accesso a un partiti, ecc.) e di mezzi di comunicazione (libri, cinema, forum di discussione sull'argomento proposto dall'inter- televisione, teatro, ecc.). Tale formazione è tanto piú fe- conda, quanto piú ricco è l'intreccio di questi mezzi. Sipotrebbe paragonare questo processo alle mutazionidarwiniane: quanto maggiore è la somma delle variazioni Il vizio «mediacentrico» individuali, tanto piú una specie si rafforza. È una fortu-na che le diatribe su quale medium sia migliore dell'altro La storia dei media appare lineare e progressiva solo e sul quando l'uno ingloberà l'altro non abbiano fonda- da un punto di vista tecnologico e soltanto se si è vittime mento, perché se tale fusione si verificasse saremmo co- di una visione «mediacentrica», che assolutizza questa stretti a sperimentare una «monomedialità» che ci impe- storia e la colloca all'interno di un microuniverso media- direbbe di vedere il mondo da prospettive diverse. tico, chiuso in se stesso e autoreferenziale. Visti in una Per esempio, Internet può essere un complemento prospettiva corretta, i media appaiono storicamente de- ideale della televisione. Consideriamo le notizie del tele- terminati e la loro evoluzione, lungi dall'essere lineare, giornale: sono tempestive, attendibili, ma il loro stesso presenta numerosi scarti. Per esempio, come abbiamo vi- formato le rende sintetiche, approssimative e superficiali.
sto, – e come meglio vedremo in seguito – il rapporto fra Internet invece può fornire un'informazione analitica de- la televisione e Internet non è di continuità – come lo è gli stessi fatti, ricostruirne il contesto, presentare i retro- stato quello tra radio e televisione –, ma di contrapposi- scena nella loro sequenza cronologica e corredarli di com- zione; anzi si potrebbe dire che Internet sia nata per bi- menti affidati a editorialisti specializzati e di diverso lanciare la tv, per temperarne gli effetti e, soprattutto, of- orientamento. Se la stessa persona ascolta prima il tele- frire un'alternativa al «popolo della televisione». giornale, del quale apprezza la tempestività, e poi ap- La radio e la televisione si sono storicamente afferma- profondisce l'argomento su Internet, ecco realizzato, nei te, l'una dopo la prima guerra mondiale, al tempo della fatti, un primo livello d'integrazione fra televisione e In- «mobilitazione totale», nell'Europa degli Stati nazionali, ternet. Ma vi può essere un secondo livello d'integrazio- l'altra in questo secondo dopoguerra, nel tempo del suf- ne, previsto all'origine. Per esempio, un film di qualità fragio universale e dell'esplosione della pubblicità come trasmesso in tv può aver riscontro in una home-page19 di forma di persuasione di massa. Per questi motivi storici – Internet (dedicata, appunto, ai film d'autore) dove sarà e non per una «natura» intrinseca al medium – gli appa- rati televisivi assumono la forma soggiogante, unidirezio- spiegare questo processo, è tuttavia necessario andare a nale e pervasiva del broadcast21 (comunicazione uno-a- ritroso di qualche secolo nella storia della nostra civiltà, molti, indiscriminata), che esclude per principio qualsiasi prima della televisione25 e della radio26, prima ancora del forma d'interlocuzione. telefono27 e prima del cinema28, e risalire al tempo in cui Internet, a sua volta, è l'equivalente, sul piano della la stampa da semplice tecnologia diventa apparato edito- comunicazione, del processo di mondializzazione in atto riale. Lí, nella «galassia Gutenberg»29, troveremo anche in economia: è l'espressione di un mondo unificato dalla il vero ascendente della ragnatela30 che avvolge tutto il supremazia dell'economia sulla politica e sugli Stati na- zione. Il che non significa, ovviamente, che Internet siauna «sovrastruttura» della globalizzazione: qui s'intendemettere in evidenza il fatto che esiste una corrispondenzaobiettiva tra i fenomeni di una stessa epoca. Nel caso spe-cifico, Internet trova una spiegazione molto piú pertinen-te nei processi di mondializzazione che investono tutti gliaspetti della vita sociale, che non in una settoriale «storiadei media». Dopo la caduta del Muro di Berlino, sono venute me- no le motivazioni storiche e politiche che imponevanol'unidirezionalità dei mass media e dove l'unica interatti-vità possibile era quella del telefono, circoscritta alla sfe-ra del privato. Oggi esistono le condizioni per la creazio-ne di uno spazio pubblico di comunicazione «colta», co-smopolita e interdisciplinare, che risponda alle esigenzedei ceti intellettuali fortemente penalizzati dai media tra-dizionali. In questo senso possiamo dire, parafrasandoVoltaire, che se Internet non esistesse, bisognerebbe in-ventarla: anche perché la televisione, compresa quella te-matica, seppure internazionale e potenzialmente «inte-rattiva», è comunque uno strumento inadeguato a garan-tire un'efficace reciprocità di comunicazione, che con-senta a tutti di dialogare con tutti. Oltre tutto, se miraco-losamente ciò dovesse verificarsi, la televisione, semplice-mente, non sarebbe piú la televisione. Per abbracciare un orizzonte piú vasto occorre dun- que abbandonare la prospettiva «mediacentrica»: scopri-remo cosí che dietro le quinte delle tecnologie informati-che22 (data streaming23, video-on-demand24, ecc.), oltre latelevisione-che-diventa-Internet o Internet-che-diventa-televisione, sta accadendo qualcosa di cruciale importan-za, che riguarda la formazione delle classi dirigenti. Per Opinione pubblica e opinione di massa tamente a una massa di persone che, secondo le circo-stanze e le convenienze, prende il nome di popolo, pub-blico o utenti. L'avvento della televisione consacrerà econsoliderà questa metamorfosi della figura del cittadinonella categoria di «gente»31. Quest'agglomerato di persone, entro cui si forma quella che, d'ora in poi, chiameremo «opinione di mas-sa», nasce nei primi decenni del XX secolo, con l'avventodella radio e della televisione. Il fenomeno è rilevato invario modo da autorevoli uomini di scienza e di cultura(J. Ortega y Gasset, W. Reich, E. Canetti, ecc.), ma ilmondo politico non sembra comprenderlo in tutta la suacomplessità. Nel migliore dei casi si contenta di far eco La sfera dell'opinione pubblica si costituisce in Euro- alle profezie di Orwell, che nel suo romanzo, 1984, de- pa nella seconda metà del XVII secolo. Una borghesia so- scrive suggestivamente una società di massa futuribile, stanzialmente priva di potere politico, ma in forte ascesa controllata scientificamente dall'onnipresente «Grande nella società civile, rivendica il controllo sulle decisioni dei sovrani e dei governanti. La circolazione dei giornali, Secondo una convinzione diffusa, la radio e la televi- l'abolizione dell'istituto della censura preventiva e la dif- sione si sarebbero limitate ad allargare la cerchia dell'o- fusione dei club, sono gli avvenimenti che consentono la pinione pubblica, e l'opinione di massa, lungi dal rappre- formazione dell'opinione pubblica borghese, quella dei sentare una categoria sociologica a sé, non sarebbe altro capitani d'industria, dei ricchi commercianti, dei liberi che il risultato di questa espansione.
professionisti e degli intellettuali. Non tutti, infatti, hanno Ma se la sfera dell'opinione pubblica è quella che ab- la possibilità di pubblicare articoli, e solo alcuni fra i sud- biamo descritta dinanzi – una borghesia illuminata, colta diti – coloro che sono alfabetizzati – sono in grado di leg- e raziocinante, raccolta intorno ai giornali, ai libri e alle gerli. Eppure, grazie alla stampa, si costituisce un foco- riviste – ha senso pensare che ne facciano parte tutte le laio d'irrequietezza culturale, intorno a cui si radunerà il persone che guardano abitualmente la televisione, e cioè: Terzo stato che conquisterà il potere in Francia, nel 1789.
il «popolo della televisione»? Non vi è piuttosto uno scar- Questa opinione pubblica predilige l'argomentazione ra- to, una cesura sostanziale fra l'opinione pubblica e l'opi- zionale: le critiche piú aspre e le invettive piú sanguinose nione di massa, non foss'altro che per l'ordine di gran- sono, sempre e comunque, il frutto di un ragionamento. dezza? E a questo scarto quantitativo, non corrisponde Facciamo ora un salto in avanti di oltre due secoli. L'in- un salto qualitativo? venzione della radio provoca una rivoluzione nella sfera L'opinione pubblica costituisce dunque una sfera cir- della pubblica opinione. Tutti i cittadini possono virtual- coscritta, riguarda un'élite di cittadini consapevoli del lo- mente esprimere e rendere pubbliche le loro idee, qua- ro status sociale, dei loro diritti e dei loro doveri, dotati lunque sia la loro classe d'appartenenza, che sappiano o di coscienza civile e partecipi, anche se soltanto come no leggere e scrivere. Per converso i proclami dei gover- spettatori, del dibattito politico in corso. Al contrario, nanti possono ormai scavalcare la sfera circoscritta, e so- l'opinione di massa rappresenta una sfera pressoché illi- vente critica, dell'opinione pubblica tradizionale che leg- mitata, dai contorni indefiniti, la cui consistenza è ricon- ge i giornali e li commenta nei salotti, per giungere diret- ducibile solo alla quantità; un rassemblement di persone privo d'identità, in quanto ciascuno dei suoi appartenen- storico di emancipare le masse dall'ignoranza, ribaltando ti ritiene che la «gente» siano gli altri. la loro connaturata tendenza ad essere «massa di mano- Ma un'altra, e piú radicale differenza oppone i due vra», queste hanno svolto un ruolo cruciale in tutte le tra- universi. L'opinione pubblica predilige, come abbiamo gedie politiche che il nostro secolo ha attraversato. Que- visto, l'argomentazione razionale, mentre l'opinione di sta contrapposizione tra suggestione e ragione, populi- massa si alimenta della suggestione, della demagogia, del- smo e democrazia, conformismo e ricchezza spirituale, l'esteriorità, della visceralità; in una parola, dell'irrazio- incultura e cultura è, al giorno d'oggi, ancora piú forte di nalità. Inoltre l'opinione di massa è disgregata, atomizza- quella fra destra e sinistra, categorie comunque interne ta davanti alla televisione; priva com'è di coscienza civile, alla sfera razionale della politica e delle «scelte libere e non è in grado di far valere le sue ragioni mobilitandosi, consapevoli». Oltretutto, contro l'opinione di massa e i ma è piuttosto soggetta ad essere mobilitata. Essa espri- suoi artefici, dovrebbero insorgere proprio i partiti che me la sua forza solo nei sondaggi e nei rilevamenti del- s'ispirano all'ideologia liberale. Infatti il fattore piú rile- l'audience, strumenti peraltro manipolabili. Al contrario, vante della sua ascesa, l'opinione pubblica borghese, è la sfera dell'opinione pubblica è organizzata: al posto di progressivamente privato della sua funzione di controllo comando di questo settore risiedono «poteri forti» che democratico, inflazionato, com'è dall'opinione di massa.
controllano i gangli dell'economia e della finanza, dellastampa e dell'editoria, della cultura e della scienza. Una differenza decisiva è il diverso raggio delle due Per una nuova opinione pubblica sfere d'azione: quello dell'opinione pubblica non può cheessere modesto, perché il suo argomentare è troppo arti- Da quanto abbiamo detto, è facile comprendere su colato e il suo linguaggio è troppo complesso. La forma- quale versante si collochi Internet, un medium che richie- zione dell'opinione di massa richiede altre doti: non il ri- de una buona scolarizzazione (bisogna saper scrivere ol- gore argomentativo, ma una forte personalità, non l'amo- tre che leggere), una certa dimestichezza con le lingue, la re disinteressato per il vero, ma una volontà di seduzio- conoscenza del computer e della Rete, e – prima ancora – ne, non la coerenza, ma la fuga dalla responsabilità. Chi che si possieda un computer. In realtà Internet è un'auto- opera nel campo della pubblicità, conosce bene la distin- strada percorsa dai veicoli piú disparati: perciò non sfug- zione fra questi due mondi e certamente non si affida al ge ai vizi che caratterizzano gli altri media di massa e in ragionamento per propagandare in tv un detersivo o una piú sta diventando la sede di un immenso suk. E tuttavia nuova auto33. Al tempo stesso chi opera con coscienza ciò che distingue Internet dalla televisione è la possibilità nel campo della politica sa bene la differenza tra dema- di un discorso «diverso», di uno scambio colto. Dopo set- gogia e democrazia.
tant'anni di tirannia imposta dall'opinione di massa, si è Lo scontro fra queste due sfere è tremendo: la ragione aperto uno spazio reale in cui hanno diritto di cittadinan- è opposta all'irrazionalità, la forza dei valori si contrap- za istituzioni pubbliche e private, università e centri di ri- pone ai sondaggi d'opinione che impongono la tirannia cerca, biblioteche e agenzie di stampa, uno spazio che l'o- di una maggioranza anonima, volubile e inconsapevole.
pinione pubblica può ritagliarsi per riprendere la parola Non opinione pubblica ma opinione pubblicata. Tutti i (quella che argomenta e non quella che seduce), affran- programmi di azione politica, soprattutto i piú ragione- carsi dalla mediazione giornalistica, (che nel frattempo è voli e realistici devono fare i conti con la sostanziale irra- alquanto degenerata) e riconoscersi di nuovo come classe gionevolezza dell'opinione di massa. Nella misura in cui i «per sé», distinta da un'opinione di massa che si nutre di partiti socialisti e democratici hanno fallito nel compito televisione per almeno cinque ore al giorno. L'opinione pubblica contemporanea può trovare in In- Per questo motivo, di fronte a una tv «che non am- ternet uno strumento analogo – per selettività e ordine mette repliche», e a una stampa che ha in parte dimenti- razionale del discorso – a quello della carta stampata nel cato la sua nobile origine, Internet rappresenta quanto XIX secolo. In piú, Internet presenta il vantaggio della meno una speranza e un'occasione per ripristinare, su «interattività», vale a dire di un'effettiva e diretta parteci- scala planetaria, uno spazio pubblico di comunicazione pazione individuale alle discussioni scientifiche, politi- per la cultura, le scienze, l'arte e la politica. che, di costume, ecc.: un'opportunità che la stampa del Ovviamente, bisogna guardarsi dai facili entusiasmi.
Non è il caso di fare un'apologia acritica della rete infor- secolo concedeva solo a una categoria ristretta di rap- matica, ma non bisogna nemmeno lasciarsi coinvolgere presentanti della società civile, i pubblicisti.
in una visione pregiudizialmente pessimista che veda in Lo spazio «colto» di comunicazione sociale non esiste Internet una nuova Babele, un mondo alieno dalla realtà nella tv commerciale, oppure è «censurato» e ridotto alla (cyberspazio)35 popolato da maniaci o da ex radioamato- misura delle forche caudine attraverso cui passa la divul- ri, un grande bazar orchestrato dalle grandi aziende mul- gazione a buon mercato. D'altra parte le televisioni pub- tinazionali delle telecomunicazioni e dell'informatica – bliche, che pure avrebbero potuto – e potrebbero (do- dimenticando che queste ultime si sono trovate nella con- vrebbero!) – contrastare questa passività omologante, dizione di dover rincorrere Internet, prima ancora di pia- stentano a contenere le degenerazioni insite in quel mo- nificarla36. Né, d'altra parte, bisogna abbandonare, de- dello sempre piú dominante. La stampa, a sua volta, an- monizzandola, la televisione al suo destino, soprattutto che perché costretta a rincorrere la radio e la televisione, quella pubblica. Spetta anzi agli uomini di cultura, agli ha progressivamente abdicato alla sua funzione storica di stessi dirigenti televisivi, ma prima di tutto alla classe po- formazione dell'opinione pubblica come intuisce, già ne- litica, che ha la responsabilità di definirne la missione isti- gli anni '30, José Ortega y Gasset, che lancia un grido tuzionale e le risorse, il compito di rinnovare la funzione d'allarme per denunciare le conseguenze nefaste della di- civile di questo straordinario mezzo di comunicazione. varicazione fra mondo delle comunicazioni di massa e al- Il problema sta in questi termini: fino ad ora, con l'ec- ta cultura. «Se l'Europa cammina da tempo con la testa cezione – in parte – del cinema, che ha prodotto capola- in giú e con i piedi che sgambettano in alto, ciò è dovuto vori straordinari e che senza dubbio ha costituito la for- al fatto che la stampa detiene un potere totale ed è l'uni- ma d'arte piú importante del XX secolo, il confronto fra co potere spirituale. A tal fine l'università deve interveni- mass media e mondo della cultura si è risolto in una vit- re nell'attualità come università in quanto tale, trattando toria – per dirla con Platone – della doxa sull'episteme, i temi del momento dal suo punto di vista – culturale, del cattivo gusto sul buon gusto, dell'approssimazione professionale o scientifico»34. Purtroppo – per le ragioni sul rigore, dell'imbonimento sull'argomentazione razio- che abbiamo esposto in precedenza – non esistevano, ai nale. Si pone dunque, una questione di «risarcimento»: i tempi di Ortega, le condizioni storiche (storiche, non tec- nuovi mezzi di comunicazione di massa devono apparte- nologiche) perché il suo appello potesse essere accolto.
nere anche a coloro che svolgono un lavoro intellettuale Cosí istituzioni solide e secolari come le università, le e alle istituzioni che operano nel campo della cultura, del- chiese, le accademie, i club e i partiti, essenziali per la le scienze e della politica. formazione delle classi dirigenti dell'Occidente, hanno a Internet, a differenza della tv, non preclude questa poco a poco capitolato di fronte ai mass media: hanno possibilità e soprattutto dimostra una «naturale» affinità tentato in ogni modo d'influenzarli, ma in realtà hanno con le istituzioni che curano la formazione culturale e finito per assimilarne la logica e i valori. spirituale dei cittadini. D'altronde non è un caso che le università e i centri di ricerca internazionali siano stati i Televisione commerciale primi – e per molti anni i soli – «utenti» della rete e che e crisi della democrazia non vi sia istituzione governativa e parlamentare, com-presa la stessa Chiesa cattolica, che non ne abbia, già datempo, intuito e sfruttato le potenzialità informative ecomunicative. Queste non sono cose di poco conto se è vero, com'è vero, che la formazione della classe dirigente – questioneovviamente complessa e non riducibile ai mass media – èun problema grave e all'ordine del giorno in tutti i paesidel mondo. Se, infatti, come abbiamo cercato di mostra-re, le istituzioni preposte alla formazione della classe di-rigente non sono piú in grado di assolvere adeguatamen-te il loro compito, anche perché incalzate o contagiate Dalla economia di mercato alla società di mercato dalla logica dei mass media, e se è vero che questi, perconverso, svolgono sempre piú una funzione educativa, Abbiamo individuato nella televisione commerciale lo non deve sembrare paradossale che in un discorso sulla strumento d'elezione per la formazione dell'opinione di formazione della classe dirigente i mass media entrino a massa, un'opinione incostante, volubile, esposta a facili pieno titolo: in particolare, quelli che consentono la cir- seduzioni e a repentini, quanto contraddittori, mutamen- colazione di saperi e conoscenze. ti di fronte. Essa è talmente sfuggente e silenziosa, a cau- La «galassia Gutenberg» è costellata di riviste porno- sa della sua totale passività, da assumere una natura qua- grafiche, manuali per il suicidio e insulse pubblicazioni si virtuale, al punto che la si può conoscere soltanto at- di ogni genere, eppure grazie all'invenzione della stampa traverso quelle fotografie istantanee che sono i sondaggi il sapere umanistico, scientifico e tecnico che, per secoli, di opinione e quelle vere e proprie lotterie che, sempre è stato relegato nelle biblioteche, nei laboratori e nelle piú spesso, sono le elezioni e i referendum. Che questa botteghe artigiane, ha potuto diffondersi, in modo capil- «massa di manovra» sia un pericolo per la tenuta della lare, in ogni angolo del mondo. Un'analoga rivoluzione, democrazia e per il principio di rappresentatività che ne ancora piú eclatante, può verificarsi con le reti telemati- costituisce il fondamento è convinzione diffusa, ma al- che. Certo, affermare che Internet sia potenzialmente trettanto diffusa è la rassegnazione nei confronti di un fe- l'Encyclopédie del XXI secolo può sembrare azzardato, ma nomeno che è ritenuto ineluttabile, al punto che non po- poiché, in linea di principio, non si può escludere, ci fa chi fra gli «apocalittici» si son fatti prendere dalla tenta- piacere sperare che ciò possa accadere. zione – e dall'illusione – di poterlo cavalcare.
Che stia per nascere, sulle ceneri della vecchia opinio- Ma in che cosa consiste precisamente questo perico- ne pubblica europea, uno «spirito pubblico», una nuova lo? In un mondo in cui «il capitale è giunto a un tale gra- coscienza pubblica mondiale? do di accumulazione da divenire immagine»37, le leggi dimercato, i suoi metodi e i suoi valori tendono a imporsinella sfera della politica, dell'insegnamento, della culturae della scienza. La prospettiva è quella di veder trasfor-mata l'intera società civile in una società di mercato nellaquale i cittadini siano ridotti al rango di consumatori e la politica stessa sia una merce tra le altre da propagandare Carta costituzionale: «L'Italia è una repubblica fondata attraverso gli spot pubblicitari. I prodromi della società sul consumo».
di mercato, erano stati ravvisati con grande acume dal fi-losofo tedesco Max Scheler nel periodo tra le due guerremondiali: «Il nostro è il secolo del livellamento: capitali- Televisione e formazione della classe dirigente smo e socialismo, classi superiori e classi inferiori, lavoromanuale e lavoro intellettuale, forma mentis maschile e Qui non si vuole giudicare in astratto l'economia di mercato, un modello che ha impiegato piú di cinque se- femminile tendono a perdere progressivamente la loro coli per imporsi compiutamente e che ha rivelato, alla lu- polarità. La perdita di tensione fra gli opposti genera en- ce dei fatti, di possedere una dose di razionalità maggio- tropia, uno stato di disorganizzazione mentale e spiritua- re di quanto molti potessero supporre. Altra cosa è, inve- le permanente e generalizzato. La mentalità, gli stili di ce, la «dittatura del capitalismo», come l'ha definita il po- vita, le aspettative e i valori delle classi ricche corrispon- litogo liberale Edward Luttwak39, cioè uno straripamen- dono sempre piú a quelli delle classi povere e vicever- to totalizzante (globalizzante) dell'economia di mercato sa»38. Tutto converge verso un'indistinta medietà: da un nella sfera dei rapporti umani e della politica in una fase lato sparisce l'analfabetismo, dall'altro spariscono le clas- storica in cui – come avvertiva già negli anni '60 il socio- si colte. Si va formando, in occidente, un immenso, indi- logo Michael Young – il sentire comune tende a basarsi stinto ceto, omologato dai mezzi intercontinentali di tra- su astratti, cioè disumani, criteri di efficienza40. sporto e dai mezzi di comunicazione, un ceto istruito ma Attualmente il pericolo maggiore per la democrazia e non educato, informato ma non formato: il «popolo della la libertà non è piú, dunque, il dispotismo politico, bensí la riduzione della politica a epifenomeno di una «società I fattori che concorrono alla trasformazione dell'eco- di mercato» nella quale diviene sempre piú marginale non nomia di mercato in società di mercato sono molteplici e, solo la figura storica del cittadino-lavoratore, ma anche per cosí dire, naturali. Basti pensare che, fino a pochi de- quella del cittadino-consumatore, eroe delle politiche cenni fa, il costo del lavoro, delle materie prime e dei keynesiane. Il pericolo è che i cittadini cessino di esser mezzi di produzione era largamente preponderante su tali, per diventare consumatori tout court: una massa d'in- quello del marketing e della pubblicità: oggi questo rap- dividui inermi e senza vincoli di solidarietà, non piú or- porto è rovesciato. Cosí il valore d'immagine di una mer- ganizzati in partiti e sindacati, senza possibilità di ricono- ce fa aggio sul suo valore d'uso: conseguentemente, si scersi in una classe sociale o in una categoria o anche in propone ai cittadini un insieme di valori ideologici – nel un ceto, poiché la loro coscienza è controllata dai «per- senso lato del termine – in armonia con le tendenze evo- suasori occulti» e dai loro strumenti: sondaggi, pacchetti lutive del mercato. Ebbene, uno degli strumenti fonda- di referendum, Auditel, ecc.41 mentali per la creazione della «società di mercato», è pro- Questo nuovo ceto medio, che potremmo definire «ce- prio la televisione, segnatamente quella commerciale. La to di mezzo» è geneticamente diverso da quello formato- sua azione formativa non conosce sosta: la pubblicità – i si, prima negli Stati Uniti e poi in Europa, tra gli inizi del cosiddetti «consigli per gli acquisti» – è diffusa a tutte le secolo e la fine degli anni '60, un ceto medio che era il ore del giorno e della notte. frutto di una straordinaria promozione sociale, che par- Di questo passo arriveremo al momento in cui le for- tecipava attivamente alla vita civile e nel cui seno si è for- ze politiche espressione della «società di mercato» pro- mata l'intera classe dirigente della seconda metà del no- porranno di riscrivere in forma aggiornata l'art. 1 della stro secolo.
È, quello attuale, un ceto medio che, a causa dell'ac- destramento televisivo nelle quali noti conduttori di talk centuarsi delle disuguaglianze economiche e della crisi show insegnano agli aspiranti leader come vestirsi, come degli ammortizzatori sociali – che ne hanno occultato per colloquiare, come apparire simpatici, come rispondere a lungo tempo il declino – non rappresenta piú, né nume- domande imbarazzanti e finanche quale sia il profilo mi- ricamente né culturalmente, il basamento del nostro edi- gliore da esporre alle telecamere. In altre parole si dà l'im- ficio sociale. Ciononostante, in mancanza di alternative (i pressione che la politica non si fa ma si rappresenta.
ricchi sembrano troppo impegnati nei loro affari per oc- Da questo punto di vista, per quanto possa apparire cuparsi del bene comune e dell'interesse generale, o se paradossale, il problema della televisione e della qualità ne occupano solo in maniera strumentale), la selezione dei suoi programmi dev'essere inquadrato non solo nel- del ceto politico, nel bene e nel male, è ancora appannag- l'ambito generico dell'educazione permanente dei citta- gio di questa «classe di mezzo» la cui formazione intel- dini, ma anche in quello specifico della formazione della lettuale, etica e politica avviene, ormai, in modo del tutto classe dirigente in quanto la televisione – piaccia o no, lo accidentale, al di fuori di qualsiasi percorso preferenziale si sappia o no – è il piú potente strumento educativo (o o struttura organizzata (scuole di pubblica amministra- diseducativo) di tutti i tempi. Se non si oppone un argine zione, scuole di partito, ecc.), mentre sempre piú è con- al dilagare della spettacolarizzazione della politica – e sol- dizionata dai mass media e, in particolare, dalla televisio- tanto la televisione pubblica può farlo – s'imporrà nella ne che, in questi ultimi decenni, ha «rubato» alle persone vita politica una sorta di peronismo caratterizzato da un gran parte del tempo una volta dedicato alla lettura, non rapporto diretto tra capi carismatici e masse popolari con solo dei libri ma anche dei giornali. l'esclusione di tutte quelle straordinarie mediazioni so- Come si può disconoscere il ruolo determinante che la ciali e politiche che hanno fatto dell'Italia del secondo televisione commerciale svolge in questo processo epoca- dopoguerra, un paese democratico. Ricordiamoci del mo- le di omologazione planetaria che riduce e immiserisce la nito di Johan Huizinga, testimone – e vittima egli stesso sfera della politica a una disputa quotidiana tra leader di – della crisi dei valori europei: «Senza un pizzico di ari- partiti, chiamati a dare spettacolo di sé, lasciando ai cit- stocrazia, la democrazia può essere travolta dall'inciviltà tadini, inchiodati sulle loro poltrone, come gli abitanti delle masse»42.
del mito della caverna di Platone, soltanto l'opportunità Per quanto riguarda il rapporto diretto fra televisione di ammirarli per la loro scaltrezza retorica? e democrazia, osserviamo che quasi tutti i terremoti poli- La formazione dei gruppi dirigenti è un fenomeno so- tici che hanno fatto seguito alla dissoluzione dell'Unione ciologico complesso e non è questa la sede per analizzar- Sovietica hanno avuto come epicentro le sedi della televi- lo. E tuttavia non vi è dubbio che questa selezione possa sione, da Mosca a Bucarest a Belgrado. Ancora al tempo avvenire senza che vi sia una partecipazione attiva, in pri- di Allende si assaltavano i palazzi presidenziali; oggi si ma persona, alla vita politica, che è fatta di lotte e di ac- occupano o si bombardano le sedi della televisione, a di- cordi, di mediazioni e di alleanze, di vittorie e di sconfit- mostrazione di quanto la televisione sia diventata un po- te, di studio e di analisi di documenti, di decisioni e di tente strumento di lotta politica. Questo fenomeno ha scelte, ma anche e, soprattutto, di frequentazione dei conseguenze per la democrazia che non sono state anco- gruppi dirigenti. Ebbene, oggi, gran parte di quest'atti- ra valutate a pieno.
vità di formazione sul campo, è surrogata, espropriata dal- Inoltre si è venuta a creare una vistosa sperequazione la televisione con una forza tale da far apparire del tutto tra il principio di rappresentanza popolare, che è a fon- irreversibile questo fenomeno di sublimazione della poli- damento della legittimazione del potere nei regimi demo- tica. Ne è una testimonianza il proliferare di scuole di ad- cratici, e l'assoluta arbitrarietà del potere televisivo. Nel- la televisione pubblica il potere televisivo soggiace, no- sua azienda televisiva che funziona come un partito, che nostante tutto, a un insieme di controlli istituzionali, men- svolge i compiti propri di un partito elettorale di massa.
tre quello della televisione commerciale risponde a tutt'al- Fa attività di educazione e propaganda, conquista spazi tra logica. Nessuno, per esempio, può mettere in dubbio d'influenza sempre piú vasti nel tentativo di accrescere che Emilio Fede abbia un'influenza politica maggiore del- l'ampiezza e l'intensità dell'adesione al suo progetto poli- la stragrande maggioranza dei deputati e dei senatori del- tico, il cui obiettivo strategico è la mutazione della so- la Repubblica. Ma mentre questi ultimi sono stati eletti a cietà civile in una «società di mercato»43. Se per «parti- rappresentare la nazione da un gran numero di cittadini to» s'intende un apparato che produce ideologia, crea in libere elezioni, Fede, e tutti i suoi colleghi, occupano il consenso, indirizza gli elettori nel voto e si avvale di una loro posto in assenza di qualunque legittimazione. Nulla struttura organizzativa stabile e articolata, affidata a per- a che vedere, pur con le sue possibili deviazioni, con i sone qualificate e appositamente retribuite, che cos'è Me- meccanismi istituzionali che regolano la nomina dei ver- diaset se non un partito di massa che crea opinione di tici della televisione pubblica e i controlli parlamentari massa? I vecchi partiti di massa dovevano autofinanziarsi cui è sottoposta! con il lavoro volontario dei loro militanti, con le quotedegli iscritti, con la sottoscrizione per gli organi d'infor-mazione e propaganda e attraverso le organizzazioni di sostegno esterne al partito, anche con finanziamenti piúo meno occulti. L'azienda-partito Mediaset, non ha piú Un caso emblematico del ruolo che possono svolgere bisogno di questa complessa macchina organizzativa e le televisioni commerciali, è quello di Mediaset, con l'at- burocratica, difficile da gestire e sempre piú esposta al ri- tuazione di un progetto politico e ideologico che va oltre schio d'incorrere nel reato di finanziamento illecito: essa, ogni immaginazione: forse, anche oltre le aspettative ini- infatti, si autofinanzia grazie al tributo dei suoi militanti- ziali di colui che ha fondato quest'importante società di telespettatori che cedono inconsapevolmente «quote» del comunicazione. Si tratta, infatti, di un fenomeno che, na- loro tempo sostando davanti a un televisore sintonizzato scendo da un insieme di circostanze accidentali, ha crea- su uno dei suoi canali, un tempo che, come vedremo, vie- to una realtà di fatto che rasenta l'incredibile, al punto ne venduto alle agenzie di pubblicità che lo acquistano da sembrare frutto del lavoro di un raffinato sceneggia- per conto delle società produttrici di merci e servizi44. tore. Le forze politiche tradizionali di ogni tendenza Come tutti i partiti elettorali di massa, Mediaset non è (quelle di destra per opportunismo, le altre soprattutto l'espressione di una classe o di un ceto particolare, né si perché non capivano) hanno sottovalutato questo feno- propone una gestione radicalmente diversa della società meno anche quando i suoi effetti destabilizzanti del nor- e del potere, ma ha come fine la raccolta del maggior nu- male gioco politico erano ormai sotto gli occhi di tutti. Si mero di voti, conquistandosi la fiducia degli strati piú di- sono comportate (e ancora si comportano) come un or- versi della popolazione e promettendo la soluzione dei ganismo che, dovendo far fronte agli attacchi di un virus piú disparati problemi sociali. In quest'ottica, Forza Ita- sconosciuto con un apparato immunitario sprovvisto di lia è semplicemente un'organizzazione di sostegno, la anticorpi specifici, tenta di difendersi con i soli globuli proiezione istituzionale e strettamente politica dell'azien- bianchi, sufficienti a guarire una sbucciatura ma, per il da-partito Mediaset, di cui costituisce il comitato eletto- resto, palesemente inadeguati. rale che entra in azione solo quando è giunto il momento Si dice che Berlusconi abbia creato un partito-azien- di raccogliere i voti. Questo spiega anche la struttura eva- da, ma non ci si rende conto che è vero il contrario: è la nescente del partito: il quale, se fosse organizzato, po- trebbe minacciare l'autonomia del partito-azienda. Il po- Produzione di programmi tere che il leader esercita nel partito in maniera autocrati- e produzione di telespettatori ca, gli deriva non tanto dal mandato ricevuto dai delegatinel congresso, quanto dal controllo che esercita sull'a-zienda-partito-elettorale-di-massa, che gli garantisce unaquantità di voti di preferenza tale da scoraggiare qualsia-si avversario interno.
Pubblicità: «il quarto genere» La televisione generalista è tradizionalmente ripartita in tre generi: informazione, cultura, intrattenimento. A que-sti tre occorrerebbe aggiungerne un quarto, che in realtànelle televisioni commerciali è il primo: la pubblicità.
Dalla commistione di questi generi sono nati dei sot- togeneri: il docudrama, tecnica di ricostruzione di eventirealmente accaduti, sfruttata inizialmente dalla pubbli-cità per far apparire il prodotto all'interno di una notiziavera; l'edutainment, programmi didattici realizzati con letecniche e i linguaggi della multimedialità, e l'infotain-ment, spettacolarizzazione dei fatti di cronaca. Ma la con-taminazione maggiore e piú penetrante, è quella che lapubblicità, il «quarto genere», ha imposto ai primi tre,costringendoli ad adeguarsi agli artifici retorici e sugge-stivi del suo linguaggio, dei suoi moduli narrativi e, so-prattutto, al suo ritmo. Ciascuno di noi è in grado di notare l'abissale cambia- mento della scansione temporale nei film attuali rispettoa quelli di quarant'anni fa. Ne sanno qualcosa i giovaniche considerano quei film noiosissimi e inguardabili perla loro «lentezza». Vi sono certamente altri fattori chehanno influito su quest'accelerazione del tempo, e tutta-via il ritmo impresso dalla pubblicità alla narrazione ci-nematografica, è fuor di discussione. Tant'è che nella let-teratura, nella saggistica, nel teatro, nella musica colta e nella danza, pur in presenza di molte innovazioni, non si Il telespettatore come merce è verificato nulla di simile: la dimensione del tempo è ri-masta sostanzialmente immutata. Un'ulteriore conferma Di conseguenza, il fine ultimo delle televisioni com- del primato del linguaggio pubblicitario su quello degli merciali non è, come potrebbe sembrare, produrre pro- altri generi, è data dai risultati di numerose ricerche dalle grammi, bensí telespettatori, una merce che viene conta- quali risulta che, in maniera crescente, i giovani diserta- ta, impacchettata e venduta, minuto per minuto, alle no le trasmissioni televisive con una sola eccezione: gli agenzie di pubblicità, le quali corrisponderanno all'emit- spot pubblicitari, giudicati i migliori «programmi», insie- tente televisiva un prezzo proporzionale al numero di me ai videoclip musicali. Per quanto giustamente possa- spettatori raggiunti (il pubblico costituisce target, in altre no apparire sconcertanti i risultati di questi sondaggi che parole, «bersaglio»!). I programmi delle televisioni com- mettono in luce, a un tempo, lo scarso richiamo che i pro- merciali, quindi, sono gratuiti solo apparentemente: in grammi televisivi hanno per i giovani, ma anche la loro realtà sono barattati con l'acquiescenza dei telespettatori preoccupante indifferenza per il valore dei contenuti, bi- al bombardamento dei consigli per gli acquisti. Ma il tri- sogna ammettere che la pubblicità televisiva è divenuta buto degli spettatori non finisce qui. Anche se non tutti una fucina – l'unica – di nuove idee e forme espressive, ne sono consapevoli, di fatto, essi pagano i programmi perché è in grado di attirare, grazie a investimenti strato- che vedono, attraverso un piccolo aumento sul prezzo sferici, i maggiori registi del mondo e tutti i nuovi talenti.
dei prodotti che acquisteranno al supermercato. In que- La produzione di uno spot, della durata di trenta secon- sto modo tutti realizzano un guadagno, tranne il telespet- di, può costare oltre quattrocento milioni. Dieci minuti tatore che tuttavia continua a credere che il suo svago sia di pubblicità, possono costare, quindi, otto miliardi, cifra corrispondente al budget di produzione annuale di Rai Il tempo passato davanti allo schermo televisivo, in Educational con il quale si realizzano oltre settecento ore quanto crea un «valore» per l'emittente, deve conside- di programmi per le tre reti generaliste della Rai! rarsi, per il telespettatore, un lavoro vero e proprio. Un Naturalmente, i programmi d'intrattenimento delle fa- lavoro, forse piacevole, forse coatto, ma, comunque, non sce di grande ascolto costano molto di piú di quelli educa- remunerato. Chi eroga un lavoro del genere è simile a un tivi, anche un miliardo l'ora, cifra che è comunque un ses- servo della gleba che cede il suo tempo in cambio della santesimo del costo di uno spot. Si noti però che i pro- sopravvivenza. Ma perché si accetta un ruolo cosí degra- grammi d'intrattenimento possono costare cifre simili solo dante? Una risposta potrebbe essere che per molti di noi perché sono preceduti, interrotti e seguiti dalla pubblicità.
l'infelicità è cosí grande, che questa subordinazione sem- Questa clamorosa differenza di costo tra i programmi bra l'unica forma di partecipazione alla vita sociale. È un ordinari della televisione e gli spot, ci fa capire che, in ul- fatto, comunque, che la visione dei programmi non è gra- tima istanza, ciò che conta nella programmazione delle tv tuita, mentre il tempo che si è disposti a passare davanti commerciali non sono i programmi ma gli «intervalli pub- al video – un tempo solo apparentemente di non-lavoro, blicitari». Da questo punto di vista non ha molto senso eventualmente sottratto al dialogo, allo studio, alla rifles- parlare delle televisioni commerciali al plurale: la televi- sione o a forme d'intrattenimento piú gratificanti – è ce- sione commerciale è una sola, ha una dimensione plane- duto a titolo assolutamente gratuito.
taria e il suo palinsesto è costituito da un'interminabile In conclusione, possiamo affermare che il telespetta- teoria di spot, tra i quali s'inseriscono i programmi tele- tore che si sintonizza su un'emittente commerciale è sol- visivi che riempiono i vuoti tra una pubblicità e l'altra.
tanto un consumatore «passivo», cioè neanche un consu-matore vero, ma un consumatore consumato e venduto, una persona cui si sottrae in spirito ciò che gli si promet- terminante per la creazione e la diffusione di un'opinio- te in materia.
ne di massa. Infatti la televisione a pagamento (pay-tv, È bene precisare che alla base di queste considerazio- pay-per-view) non avrà mai la pervasività (e, quindi, la pe- ni non vi è un astratto pregiudizio nei confronti della ricolosità) della televisione commerciale: perciò la televi- pubblicità né, ancor meno, verso la televisione. La pub- sione a pagamento può essere annoverata tra i media che blicità, com'è noto, è l'anima del commercio, uno stru- formano l'opinione pubblica, come certe riviste specia- mento per tanti versi socialmente utile, soprattutto quan- lizzate che – per quanto zeppe di pubblicità – hanno co- do si presenta nella forma di un moderno mecenatismo.
munque una finalità editoriale. Lo stesso può dirsi della Ma come il fuoco e la benzina sono, di per sé, indispen- televisione pubblica che richiede un canone di abbona- sabili fattori di progresso, ma costituiscono un pericolo se vengono a contatto, cosí la televisione e la pubblicità, Riassumendo, possiamo affermare che la televisione due mezzi socialmente utili, diventano una miscela defla- commerciale produce telespettatori a mezzo di program- grante quando danno luogo alla televisione commercia- mi, mentre la televisione pubblica e le televisioni a paga- le. Per la sua delicatezza, questo punto merita un chiari- mento, producono programmi per i telespettatori.
mento, anche per non essere accusati di fondamentali-smo antitelevisivo.
Il «Corriere della Sera» (ma il ragionamento vale per qualsiasi quotidiano d'informazione) è un giornale che,da circa vent'anni, pubblica annunci pubblicitari in una Nella televisione pubblica e in quella a pagamento il percentuale superiore al cinquanta per cento dello spazio rapporto tra spettatore e mezzo televisivo si esaurisce nel- occupato dai testi e dalle fotografie. Anche se i lettori – e la domanda e nell'offerta di programmi, come al cinema, i giornalisti – non sono contenti di questa inarrestabile dove si paga il biglietto per vedere un film, e la cosa fini- proliferazione della pubblicità, tuttavia nessuno di loro sce lí. Ma la televisione commerciale non vende program- oserebbe, per questo, definirlo un giornale «commercia- mi, bensí acquista pubblico, che rivende poi alle agenzie le». Infatti, il giornale si compra, e quindi, si sceglie con- di pubblicità. Questo pubblico ha un «valore» potenzia- sapevolmente, accettando anche la presenza degli spazi le, non in quanto spettatore di un programma, ma degli pubblicitari, che si suppone contribuiscano all'esistenza spot ad esso collegati. Un valore che, da potenziale, di- del quotidiano e alla ricchezza dei contenuti. Qui il rap- venta reale nel momento in cui egli si reca al supermerca- porto tra il cittadino-lettore e l'editore è trasparente: il to per acquistare quel prodotto che ha visto reclamizzare giornale ha una finalità editoriale che finanzia con il de- naro ricevuto dai lettori e dalle agenzie di pubblicità, con- Questo sconfinamento nel mondo virtuale della televi- tando anche su un legittimo ricavo. Se questo profitto sione commerciale si realizza concretamente nell'atto di non fosse perseguito, l'editore verrebbe addirittura so- consumare quel prodotto: non è una possibilità, un'op- spettato di usare strumentalmente il giornale per secondi zione tra le altre, ma una necessità imprescindibile. Infat- fini. Non è, quindi, la ricerca del profitto il fattore discri- ti, se dopo due o tre settimane di programmazione non si minante tra ciò che è commerciale e ciò che non lo è ma, registra un considerevole aumento delle vendite, la cam- piuttosto, il rovesciamento tra mezzi (pubblicità) e fini pagna pubblicitaria è sospesa o cambiata. Il che avviene (contenuti), con l'aggravante dell'apparente gratuità del- indipendentemente dal «gradimento» in sé e per sé dello la merce televisione rispetto alla merce giornale che spot: alla fin dei conti, quel che importa è il gradimento dev'essere acquistata. Questa «gratuità» è il fattore de- della merce. Da questo punto di vista, la televisione com- merciale, è un medium meno «passivizzante» di quanto Televisione pubblica e commerciale: si creda. La sua essenza, infatti, si realizza nell'esercizio un caso di entropia di un'attività: acquistare e consumare merci. Affermareche essa riduce i cittadini a consumatori non è dunqueuna forzatura ideologica: significa semplicemente porrel'accento su questo processo di riduzione dell'uomo so-ciale a una sola dimensione, l'unica per la quale dirigenti,autori e pubblicitari s'industriano nel progettare e realiz-zare i loro programmi.
Tra le tante forme d'«interattività» attribuite a media vecchi e nuovi, quella che si stabilisce tra televisione com-merciale e supermercato, è l'unica che abbia un fonda-mento reale e che produca risultati tangibili. Il «vizio mediacentrico», cui abbiamo fatto cenno nel primo capitolo di questo libro, induce a classificare i me-dia in base alle tecnologie piuttosto che ai contenuti. As-sumendo, in modo semplicistico l'aforisma secondo cui«il medium è il messaggio», si parla genericamente di te-levisione mettendo sullo stesso piano modelli di televisio-ne sostanzialmente diversi per finalità, utenti e contenuti.
Si parla di «cattiva maestra televisione» o di «buona com-pagna televisione» come se l'anima fosse una prerogativadel mezzo e non di coloro che ne fanno uso.
Galileo sapeva bene che una piuma e un sasso, gettati dall'alto della torre di Pisa, non sarebbero caduti al suolonello stesso istante. Ma sapeva anche ragionare: cosí fecedistinzione tra accelerazione di gravità, che è la stessa perla piuma e per il sasso, e le altre forze agenti sui due og-getti (portanza dell'aria e attrito), che sono diverse. Econcluse che nel vuoto la piuma e il sasso avrebbero toc-cato il suolo nello stesso istante. Ebbene, noi si dovrebberagionare in modo analogo, facendo distinzione fra ilmezzo in sé, il cattivo uso che se ne fa usualmente, e quel-lo – buono – che se ne può fare.
Relativamente ai contenuti, al pubblico e alla modalità di fruizione, possiamo distinguere quattro tipi di televi-sione: televisione commerciale, televisione tematica a pa-gamento, televisione locale e televisione pubblica d'inte-resse generale. Tra questi generi, solo il primo e l'ultimopossono considerarsi, per l'ampiezza del loro raggio di azione e la loro pervasività, mezzi di comunicazione di tenere in stato di soggezione, mentre la televisione pub- massa in senso stretto.
blica si rivolge anch'essa all'opinione di massa, ma con A fronte dell'irresistibile ascesa della televisione com- un intento diverso: trasformarla in opinione pubblica. In merciale, i tradizionali sostenitori delle televisioni pub- altri termini, la televisione pubblica deve rendersi stru- bliche sembrano sempre piú rassegnati a pensare che a mento e portavoce della pluralità delle espressioni sociali queste ultime non resti altro da fare che omologarsi a e dei valori del grande pubblico: educandolo al buon gu- quel modello, oppure relegarsi nella nicchia delle televi- sto, alla critica, e all'argomentazione razionale non solo sioni culturali di basso ascolto come la televisione fran- attraverso i programmi culturali e d'informazione ma, so- co-tedesca Arte o la Pbs americana. È un'alternativa sol- prattutto, attraverso quelli d'intrattenimento e di grande tanto apparente. Infatti, nel primo caso – l'omologazione ascolto. Perché se è vero che bisogna concedere piú spa- – la televisione pubblica, rinnegando la sua funzione, ces- zio ai programmi di cultura, è altrettanto vero che c'è bi- serebbe di esistere; ma anche nel secondo caso il suo de- sogno di piú cultura nei programmi, cioè piú intelligen- stino non sarebbe diverso, perché una televisione d'élite za, creatività e senso dell'ironia.
non sarebbe piú, per definizione, un mezzo di comuni- Opinione di massa e opinione pubblica sono realtà cazione di massa: pur realizzando programmi di qualità, fluttuanti e magmatiche, molto piú instabili delle classi, verrebbe meno la sua funzione di contrastare o quanto- dei ceti e delle categorie sociali, anche perché la doxa (l'o- meno temperare gli effetti socialmente dannosi della tv pinione) è, per sua natura, effimera. Se per un verso cre- sce il numero delle persone che entrano in contatto con L'irriducibilità dei due modelli, quello della televisio- il mondo della cultura, dall'altro il cosiddetto analfabeti- ne commerciale e quello della televisione pubblica d'in- smo di ritorno è, purtroppo, un fenomeno in crescita. Per teresse generale, non andrebbe persa di vista: altrimenti esempio, quando la televisione pubblica, dimentica della si arriva al paradosso di alcuni dirigenti di grandi network sua missione, trasmette programmi d'infima qualità pur commerciali che accampano la pretesa di ricevere dallo di raggiungere livelli d'ascolto il piú possibile elevati, an- Stato il riconoscimento di pubblico servizio per le loro che se raggiunge lo scopo, perde però la sua sfida poi- emittenti; o, al contrario, che alcuni amministratori della ché, cosí facendo, alimenta le schiere dell'opinione di Rai ne auspichino la privatizzazione e storcano il naso massa, brodo di coltura dell'avversario. Viceversa, quan- quando sentono parlare di servizio pubblico, come si usa do la televisione commerciale è costretta a emulare quel- fare per le cose passate di moda45. In realtà, per quanto la pubblica, come accade talvolta nel campo dell'infor- la televisione pubblica abbia offuscato, nell'ultimo de- mazione, essa svolge un'opera di promozione culturale cennio, in tutta Europa, la sua immagine e smarrita la sua nei confronti dei suoi utenti abituali, trattandoli come missione nella competizione con le televisioni commer- cittadini e non come consumatori. Questa migrazione di ciali – una competizione obbligata e per molti versi an- alcune caratteristiche della televisione commerciale alla che stimolante – non è in alcun modo possibile assimila-re i due modelli sotto una medesima etichetta. Hanno, televisione pubblica, e viceversa, dimostra che il confron- infatti, finalità differenti e si rivolgono a entità (ai consu- to fra i due modelli è una partita ancora aperta e tutta da matori e ai cittadini, rispettivamente) che di fatto sono giocare, una partita essenzialmente politica che deve tro- «ontologicamente» diverse e addirittura contrapposte. In vare il suo sbocco naturale in sede legislativa perché sia altri termini, si potrebbe dire che la televisione commer- preservato alla Rai un ruolo centrale nel settore dell'in- ciale ha come referente privilegiato l'opinione di massa, dustria culturale e della comunicazione. Questa dialetti- che essa stessa contribuisce potentemente a plasmare e a ca tra i due modelli di televisione è anche un indice di vi- talità, la prova che si può ancora resistere all'offensiva to significativo. Finora, infatti, abbiamo dovuto registra- della cattiva televisione.
re, soprattutto nel settore dell'intrattenimento, una pro-gressiva e inarrestabile deriva della televisione pubblicaverso gli stereotipi della televisione commerciale. Nel ca- La buona televisione come antidoto alla cattiva so dei telegiornali, invece, si manifesta una controtenden- za. Laddove la tv pubblica ha mostrato una sua capacitàdi tenuta nei riguardi della qualità, conservando la sua Tra i generi televisivi, quello dell'informazione è, per tradizionale rispettabilità e autorevolezza («L'ha detto la sua natura, il piú congeniale alla sfera dell'opinione pub- tivvú», si diceva una volta), i suoi concorrenti commer- blica. Dovendo fare i conti con un mondo che essa non ciali sono stati costretti a uniformarsi, a correrle dietro, a crea, ma che esiste e richiede di essere fedelmente rispec- chiato nelle notizie e nell'interpretazione, l'informazione Nella sfera dei programmi d'intrattenimento in cui deve sottostare a determinate regole: l'attendibilità delle prevale l'opinione di massa, ci siamo trovati di fronte al notizie, la trasparenza delle fonti, la contestualizzazione paradosso di un mercato che, tendenzialmente, premia dei fatti, l'autorevolezza dei commenti, la plausibilità del- un prodotto quanto piú la sua qualità è scadente. Invece le interpretazioni. Una dimensione, come si vede, distan- nel campo dell'informazione, dominio dell'opinione pub- te anni luce dal mondo fiabesco della pubblicità, dall'ir- blica, la legge della domanda e dell'offerta ristabilisce il realtà dei programmi a premi e dalle improbabili storie primato della qualità. Infatti, chi confeziona telegiornali delle soap opera46. scadenti, che vengono meno alle regole canoniche del Se i programmi televisivi d'evasione, mediamente, cor- giornalismo (pluralismo, completezza, obiettività) racco- rispondono, per qualità e livello intellettuale, alla bana- glie bassi indici d'ascolto, mentre i telegiornali piú segui- lità dei rotocalchi («immagini frantumate, di una vita ve- ti, sono quelli che mostrano di essere piú imparziali nella loce, esaltata», com'ebbe a dire Italo Calvino), e sono l'e- selezione e nel resoconto delle notizie. Il dato è ancora spressione di un'opinione di massa relegata in una di- piú interessante se si pensa che i telegiornali delle tv com- mensione puramente privata e pettegola della vita, i tele- merciali sono svincolati da qualsiasi controllo istituziona- giornali sono apparentabili ai quotidiani d'informazione le e quindi, in teoria, piú «liberi», mentre, quelli della Rai per il tipo di pubblico cui si rivolgono, per la loro atten- sono sotto la stretta «vigilanza» di una Commissione par- dibilità e, soprattutto, per l'attenzione che prestano alle lamentare. Ebbene, nonostante questo «vincolo» (ma si vicende della vita civile. Il loro referente è l'opinione pub- potrebbe forse dire: grazie a questo vincolo), i telegior- blica: cittadini, cioè, che hanno una loro idea della politi- nali piú apprezzati dal pubblico e con il maggiore indice ca e che, di norma, esercitano il diritto di voto. d'ascolto, sono proprio quelli della televisione di Stato, Tutti possono avvertire quanto i notiziari giornalistici mentre nelle televisioni commerciali raccolgono telespet- delle televisioni pubbliche e private siano, nelle fasce di tatori solo quelli che piú si adeguano al livello di qualità grande ascolto, di buona fattura, tempestivi e complessi- dei telegiornali della Rai.
vamente accettabili. Presentano anch'essi difetti struttu- Quale insegnamento possiamo trarre nel vedere la tv rali, che analizzeremo di seguito, ma, nella sostanza, sono commerciale investire grandi quantità di denaro in un espressione di un pubblico servizio. Si potrebbe obietta- settore poco remunerativo in termini di pubblicità (in Ita- re che vi sia tra loro una tendenza all'omologazione ma, lia, per fortuna, ancora non si ha il coraggio di infilare gli vivaddio, questa volta è verso l'alto e non verso il basso.
spot pubblicitari tra una notizia e l'altra), per andare a ri- Qui siamo di fronte a un fatto poco appariscente ma mol- morchio dei Tg della Rai che hanno saputo resistere alla deriva populista e alla tirannia del «telespettatore margi- – non importa quanto saldamente sia radicata –, non ri- flette piú l'appartenenza a una classe, a un ceto, a una fa- Una prima, ottimistica, constatazione è la seguente: scia sociale e non è piú neanche il deprecato voto di scam- avendo la Rai costretto la tv commerciale a emulare i suoi bio. Piaccia o no, la televisione – sia pubblica sia privata notiziari in termini di qualità, è cresciuto notevolmente il – ha assunto già da molti anni, nel bene e nel male, un numero complessivo dei cittadini che sentono il bisogno ruolo di supplenza dei tradizionali apparati ideologici, di essere informati delle vicende politiche e sociali dell'I- imponendosi come il piú potente e pervasivo mezzo di talia e del resto del mondo.
promozione di valori e comportamenti, e d'orientamento Se ne può avere la conferma, confrontando gli indici nelle scelte politiche50. Eppure c'è ancora chi si attarda d'ascolto dei telegiornali negli ultimi vent'anni: una buo- nel chiedersi, con un'ingenuità che rasenta la mala fede, na parte del pubblico che segue i Tg delle televisioni com- se la missione di pubblico servizio affidata alla Rai abbia merciali è di nuova acquisizione, non è stato, cioè, sot- ancora una ragion d'essere o, in subordine, se questa fun- tratto alla tv pubblica. Questo vuol dire che la «buona» zione non debba limitarsi alla realizzazione di program- concorrenza tra telegiornali ha accresciuto il «senso di mi sull'attività del Parlamento e di notiziari sulle previ- cittadinanza»: un risultato straordinario. Infatti se il mo- sioni del tempo. do migliore di vincere una guerra è costringere il nemico Infine, non bisognerebbe dimenticare che le istituzio- – magari con le buone maniere, e senza che neanche se ni che abbiamo sopra menzionato – Chiesa, partiti e scuo- ne accorga – a battersi per i nostri obiettivi, allora, quella la – formavano non soltanto i cittadini comuni, ma anche dei telegiornali, è una guerra vinta: una significativa cir- la classe dirigente. Chi si occupa oggi di questa selezione costanza in cui l'opinione pubblica ha prevalso sull'opi- e formazione? E se scoprissimo che in questo processo la nione di massa, sfidandola sul suo terreno d'elezione: la televisione ha un'incidenza di non poco conto? Tornando all'opinione di massa, i fautori della «società Se questo capovolgimento di tendenza è potuto acca- di mercato» mostrano di avere una precisa consapevolez- dere nei telegiornali, perché non potrebbe accadere an- za del ruolo svolto dalla televisione – come dimostrano le che per il resto della programmazione e, prima di tutto, battaglie politiche e i referendum in difesa degli spot che nei programmi d'intrattenimento? Chissà, incamminan- interrompono i film o che fanno propaganda ai partiti dosi su questa strada si scoprirà, forse, che sotto la coltre come se fossero saponette. Altrettanta consapevolezza di banalità, legittimata dall'Auditel48, si cela una doman- non si trova tra le forze politiche, anche di sinistra, che da inespressa di buona televisione49.
hanno a cuore le sorti della democrazia rappresentativa.
In particolare la Rai, piuttosto che essere vista come unargine contro la deriva della televisione commerciale, è La funzione civile della televisione considerata il luogo di un permanente scontro di potere– una tra le tante poste in gioco nell'agone politico –, o La crisi di istituzioni – come la Chiesa, i partiti politici un'azienda dalla quale tenersi lontani, per non sporcarsi e la scuola – che tradizionalmente hanno avuto un ruolo le mani con faccende di lottizzazione: un'incredibile sot- determinante nella formazione dell'opinione pubblica, tovalutazione del ruolo strategico della televisione pub- nell'orientamento della vita civile e nella formazione del- blica nella società dell'informazione, spesso accompagna- la classe dirigente, è sotto i nostri occhi. Cosí oggi, al mo- ta da una sorta di rassegnazione per il suo declino.
mento delle elezioni politiche, il responso delle urne è Eppure il crescente dominio della televisione commer- meno scontato di una volta: il voto è un voto d'opinione ciale, con tutte le implicazioni politiche connesse alla sua attività, può ancora essere contrastato: l'antidoto contro zio alla cultura in tutti i suoi aspetti, alla divulgazione e la cattiva televisione può essere soltanto la buona televi- alla formazione di base dei cittadini meno scolarizzati.
sione. Questa televisione dev'essere una televisione di Un fatto, comunque, è certo: nella televisione del mono- pubblico servizio non tanto perché legata allo Stato da polio la pubblicità doveva conformarsi al linguaggio e al un contratto di concessione – se cosí fosse anche un pri- tempo scandito dai programmi, mentre nella televisione vato potrebbe legittimamente pretendere di ottenere uno commerciale e, sempre di piú, anche in quella pubblica, statuto analogo –, ma prima di tutto per il suo carattere è il tempo degli spot che impone il suo ritmo a tutti i pro- istituzionale, che le impone obblighi di natura etico-poli- grammi, a partire dai telegiornali. tica che sarebbe impensabile pretendere da un'azienda In Italia la pubblicità, a quei tempi, era confinata in privata: primo tra tutti, il perseguimento dell'interesse un unico spazio giornaliero e doveva mimetizzarsi da pro- gramma televisivo (Carosello). Ogni spot durava dai tre Perciò la Rai deve aggiornare e definire esplicitamen- ai cinque minuti ed era confezionato come un film breve: te la sua missione: la televisione pubblica, per esser tale, un programma tra i programmi; a differenza di quanto deve restituire ai telespettatori una piena cittadinanza, accade oggi, dove la pubblicità è all'interno dei program- cioè, promuovere in essi la coscienza civile, la facoltà di mi o, per meglio dire, i programmi sono all'interno della giudizio e il senso critico; infondere il desiderio di agire nella vita sociale, suscitare l'amore per lo studio, senza Se consideriamo la situazione in Europa, e il nuovo tuttavia dimenticare di essere, prima di ogni altra cosa, scenario caratterizzato dall'affermazione delle tv com- mezzo di intrattenimento e di svago per milioni e milio- merciali, non è difficile costatare che le televisioni pub- bliche hanno smarrito la loro identità e la loro missione.
La televisione pubblica deve vincere, con programmi Sono vittime di quel meccanismo all'origine della schizo- di qualità, la sfida dell'Auditel con le televisioni a «scopo frenia, che G. Bateson definí «doppio legame». Infatti, di lucro» ed essere, infine, un baluardo nella difesa della esse sono indotte a misurarsi con i concorrenti privati rin- democrazia dalle sue degenerazioni populiste e demago- correndoli sul loro stesso terreno – pena un inesorabile giche. In definitiva, la televisione pubblica dev'essere declino – ma, cosí facendo, proprio nella misura in cui espressione di una nuova opinione pubblica, che si eman- ottengono successi, si accorgono di star vendendo la pro- cipa dal conformismo dell'opinione di massa.
pria anima, di non poter piú legittimare la propria fun-zione pubblica e, di conseguenza, il canone che percepi-scono. Facendo, inoltre, anch'esse ricorso (inevitabilmen- Ascesa e declino della televisione pubblica te), agli introiti pubblicitari, sono accusate di concorren-za sleale, in quanto si comporterebbero come le televisio- La missione di pubblico servizio non è data una volta ni commerciali, avvalendosi allo stesso tempo del cano- per tutte. Ai tempi in cui non esistevano le televisioni ne, un provento negato ai loro competitori.
commerciali, il modello dominante di televisione pubbli- Questo problema è da tempo approdato in sede comu- ca era quello che potremmo definire, nel bene e nel ma- nitaria europea, anche grazie all'intenso lavoro di lobbying le, «pedagogico». In regime di monopolio, quasi sempre esercitato dai network privati che vorrebbero sbarazzarsi controllate dai governi, le televisioni pubbliche soffriva- dei loro concorrenti pubblici. Alla Rai, nel caso specifico, no di conformismo, avevano la tendenza a essere edifi- è stata imposta, dalla Commissione europea, una netta se- canti, minimizzavano i contrasti sociali, negavano la pa- parazione contabile tra le attività finanziate dal canone e rola alle minoranze; per converso dedicavano ampio spa- quelle derivanti dagli introiti pubblicitari.
La questione, come si può capire, si presenta comples- in appalto oppure ricuperate dagli archivi. Quello della sa e di non facile soluzione, tant'è che molti – a destra, a produzione televisiva è un mondo variegato, che va dalle sinistra e al centro – giudicano insuperabile questa con- major del cinema e della fiction alle piccole aziende del- traddizione e parlano apertamente di una sostanziale pri- l'indotto televisivo; dalle potenti agenzie di stampa inter- vatizzazione della Rai (come sta avvenendo per tutte le nazionali – e sempre piú multimediali –, fino alle piccole altre imprese di proprietà dello Stato), eventualmente con tv locali. Le agenzie di pubblicità hanno qui un ruolo fon- l'esclusione di una sola rete televisiva, necessariamente damentale: comprando spazi per conto delle aziende, di destinata a bassi indici d'ascolto. Questa soluzione pre- fatto controllano o, comunque, condizionano gran parte senterebbe il vantaggio di preservare l'azienda Rai dal de- della programmazione dei network televisivi. Questo gi- clino, grazie all'ingresso di capitali privati, e alla fusione gantesco mercato mondiale è in rapidissima evoluzione con gruppi televisivi e multimediali internazionali. Ma grazie soprattutto a una legge varata negli Usa il 1° feb- che senso avrebbe quest'operazione di salvataggio o ad- braio 1996, il Telecommunications Bill, che ha pratica- dirittura di potenziamento dell'azienda, se il prezzo da mente abolito tutti i divieti di connessione tra attività di- pagare è la relegazione della televisione pubblica in un verse nel settore dell'informatica, delle telecomunicazio- angolino del mercato televisivo?51 ni e dell'industria culturale, sovvertendo la legislazione Non è facile sciogliere un simile nodo, le cui implica- antitrust voluta da Roosevelt nel 1934. Questo passaggio zioni vanno dalla politica al mercato, dall'ingegneria isti- repentino da una monomedialità coatta a una multime- tuzionale a quella aziendale. Tuttavia, è necessario fare dialità a tutto campo, sta provocando terremoti a catena chiarezza sul concetto di servizio pubblico televisivo, sa- in tutti i continenti, a conferma del fatto che una legge di pendo che esso non può limitarsi alle trasmissioni di ca- carattere economico varata negli Stati Uniti, equivale, in rattere istituzionale, ma deve investire l'intera program- realtà, a una legge universale. Fusioni gigantesche e sba- mazione, a partire dai programmi d'intrattenimento che, lorditive tra grandi aziende si alternano a divorzi altret- tra tutti, sono i piú «educativi» (o diseducativi). La pub- tanto clamorosi e improvvisi: tutti fanno tutto o, per me- blica rilevanza non riguarda soltanto la produzione di glio dire, s'improvvisano a far tutto, spesso confidando programmi sull'arte, la letteratura o la danza, perché, se nei poteri taumaturgici della «convergenza multimedia- cosí fosse, non si giustificherebbe il canone nel suo im- le». Un fatto, comunque, è certo: il settore della comuni- porto attuale e tanto meno giustificherebbe il privilegio cazione ha acquisito le caratteristiche di un vero e pro- della Rai a essere l'unica concessionaria dello Stato. Né si prio sistema globale con le sue regole e i suoi meccanismi può continuare a motivare la necessità del pubblico ser- (Fernand Braudel amava ricordare che nel mercato mon- vizio con argomenti di ordine tecnico come la ristrettez- diale si entra come nella danza macabra: a colpi di basto- za di banda, perché la rivoluzione digitale ha definitiva- ne!). Per stare al gioco bisogna dunque, avere le carte in mente risolto la «penuria di etere»52.
regola, una cospicua dote da investire, alleati potenti sucui contare e… un bastone per difendersi.
Queste considerazioni sono doverose per chi voglia ci- La televisione nel mercato globale mentarsi, concretamente e non velleitariamente, con laquestione del futuro della televisione pubblica: la quale, La televisione generalista è simile, nella struttura, a un senza dubbio, per la sua esigua dimensione e le sue mo- grande supermercato dove è possibile trovare merci d'o- deste fonti di finanziamento (canone e pubblicità contin- gni genere53. Le merci di questo grande magazzino – i gentata), non è in grado di sostenere la sfida, non solo programmi – sono acquistate, prodotte in proprio, date della concorrenza ma neanche della sopravvivenza. Quin- di, non sono per niente campate in aria le preoccupazio- La televisione pubblica come istituzione ni di coloro che sostengono la necessità di un «armamen-to veloce» della Rai, della sua trasformazione in un'azien-da finanziaria con società operative autonome, in gradodi procurarsi spazi di mercato, alleanze, e profitti da rein-vestire. Tuttavia una giusta istanza tattica non dovrebbeergersi a strategia diventando fine a se stessa; in altre pa-role, la salvezza e la crescita dell'azienda-Rai non può es-sere perseguita a prescindere dalla sua missione istituzio-nale. Il rischio, insomma, è quello di buttar via il bambi-no (la televisione pubblica d'interesse generale) con tuttal'acqua sporca (la Rai attuale con le sue incrostazioni mi-nisteriali).
Solo una coraggiosa motivazione che faccia perno su una «vocazione etico-politica» della televisione pubblica,rispetto alla finalità puramente di lucro delle tv commer-ciali, può ancora legittimare il canone e l'esclusiva con-cessione alla Rai, un'azienda che dovrebbe avere le carat-teristiche proprie di una fondazione culturale non-pro-fit54 e che, dovendo rispondere adeguatamente alle sfidedel mercato, provvede a integrare i suoi ricavi con la pub-blicità e con alleanze imprenditoriali di varia natura, rein-vestendoli in modo da accrescere la qualità e la varietàdella sua offerta. L'interesse generale è il fine, mentre lapresenza sul mercato in quanto impresa è il mezzo. E nonviceversa.
L'importanza e la centralità che le televisioni pubbli- che hanno avuto in Europa, patria dello stato sociale e,per converso, la loro assoluta marginalità in paesi comegli Stati Uniti, dove è scarsa la solidarietà sociale, dovreb-be far riflettere quanti, anche a sinistra, con ingiustificataleggerezza, considerano la Rai55 come se fosse soltantouna delle tante aziende statali da privatizzare. Alcuni, in-fatti, considerano «distorcente la presenza di un operato-re pubblico (la Rai), quando un bene o un servizio puòessere offerto dal mercato concorrenziale»56. Quest'argo-mento presuppone che la televisione pubblica possa es-ser considerata alla stregua di una fabbrica di panettonio di una compagnia telefonica, oppure che la privatizza-zione di un'azienda come la Rai, sia una questione in- scritta nella logica dello «Stato protettivo» il cui inter- ristiche essere oggetto di un'avvilente disputa sulle rego- ventismo in economia è giustificato solo in periodi di cri- le della concorrenza, laddove si tratta di un elevato di- si. Ma qui non si tratta di un problema economico, bensí scorso sulle regole della democrazia? Senza contare che del futuro di una democrazia che la televisione commer- la cultura è una merce del tutto particolare poiché è l'u- ciale mina nelle fondamenta, erodendo con la pervasività nico bene dell'umanità che se diviso fra tutti, piuttosto dei suoi processi di omologazione, il concetto stesso di che diminuire – poiché ciascuno ne riceverebbe solo una sovranità popolare. L'argomento della cessione ai privati parte – diventa piú grande.
della Rai, in altre parole, perde ogni validità se si tiene Certo, c'è anche chi perora la totale privatizzazione conto – com'è doveroso – della dimensione politica e isti- della scuola ma non a caso progetti del genere non sono tuzionale del servizio televisivo pubblico.
stati mai presi seriamente in considerazione. Quindi, se Intesa in questa accezione, la Rai, prima ancora che si trasferisce la discussione sulla Rai dal terreno angusto un'azienda è da considerarsi un'istituzione che svolge delle imprese da privatizzare a quello delle istituzioni da una funzione d'interesse generale, assimilabile in ciò alla salvaguardare, non sarà difficile comprendere perché la scuola che, proprio in questi anni, grazie alla legge sul- televisione non può essere affidata soltanto ai privati che l'autonomia scolastica, sta assumendo le caratteristiche non riconoscono altro dovere morale che la «massimiz- di un'azienda non per privatizzarsi ma, al contrario, per zazione degli ascolti»; né potrebbero fare altrimenti per- svolgere ancora meglio la sua irrinunciabile missione isti- ché, come abbiamo visto, il loro scopo non è produrre programmi, ma il piú alto numero di telespettatori.
Il paragone con la scuola può sembrare irriverente se La televisione pubblica, nella sua dimensione attuale, si pensa alla programmazione attuale della televisione non è in grado di competere sul mercato internazionale: pubblica, troppo spesso appiattita sugli stereotipi banali la struttura societaria è inadeguata, la dimensione azien- della televisione commerciale; ma se si riflette sul fatto dale è minuscola, se paragonata a quella dei suoi compe- che la televisione educa (e diseduca) ai valori, ai compor- titori esteri, le risorse umane e tecnologiche sono «mono- tamenti e alla visione del mondo molto piú di quanto non mediali» e, in quanto tali, manifestamente arretrate. Inol- faccia la scuola, che per lo piú si limita a istruire gli stu- tre, impegnata nella sfida quotidiana degli indici di ascol- denti, – come se l'educazione fosse una forma di coarta- to, la Rai stenta a selezionare, coltivare e indirizzare la zione! – allora il confronto con la scuola apparirà del tut- creatività di nuovi autori e a sperimentare nuovi format.
to fondato. Inoltre la scuola forma soltanto i giovani, E, come se non bastasse, non dispone, neanche poten- mentre la televisione influisce sull'intera cittadinanza57. zialmente, di una «massa critica» d'investimenti che le Solo ponendosi nell'ottica miope e corporativa degli consentirebbero di mettersi all'altezza di questi proble- «uomini d'affari» si possono considerare i programmi te- mi. Di qui segue la necessità di una politica di alleanze levisivi una merce alla stregua di tutte le altre, mettendo con grandi aziende che assicurino cospicui finanziamen- sullo stesso piano un telegiornale e un detersivo. Natu- ti, know how e convergenze multimediali. Alcuni pensa- ralmente, ogni merce incorpora una certa dose d'ideolo- no che ciò possa avvenire con l'ingresso di capitali priva- gia, veicola abiti culturali e una determinata immagine ti in qualità di quote di minoranza: cosí si evita la priva- del mondo (basti pensare alla Coca Cola o alla Rolls Roy- tizzazione, e i nuovi investimenti sono impiegati per ce); ma la merce «programma televisivo» è tutta ideolo- rafforzare la funzione istituzionale della Rai, per favorire gica e, grazie alla sua pervasività, influenza, suggestiona, la sua crescita come azienda, per migliorare la qualità del- oppure forma e educa al giudizio decine di milioni di cit- la sua offerta e arricchirla di nuovi contenuti e mezzi tadini. Come può una merce che presenti queste caratte- Ma se, come abbiamo detto, la televisione pubblica è Televisione pubblica e interesse generale una peculiarità dello stato sociale europeo e la sua so-pravvivenza sta a cuore a tutte le nazioni della comunità,perché non si pensa di raggiungere quella «massa criti-ca» consorziando tutte le aziende pubbliche di televisio-ne in una rinnovata Eurovisione, che non si limiti piú aorganizzare «Giochi senza frontiere» e qualche scambiodi programmi culturali, ma, tanto per cominciare, mettain comune tutti gli archivi televisivi e radiofonici, si riap-propri dei diritti sugli avvenimenti sportivi piú importan-ti (a partire dal calcio), e crei una casa di produzione eu-ropea per la fiction televisiva, per le news, per i program-mi culturali ed educativi e, perché no, per il cinema? A coloro che sostengono la tesi dell'inutilità della tele- visione pubblica, ormai soppiantata dalle televisioni com-merciali, e in nome di un presunto pluralismo da esse ga-rantito (ma, come abbiamo potuto costatare, la tv com-merciale è una e una sola!), si potrebbe replicare che latelevisione pubblica di «interesse generale», intanto deveesistere proprio in quanto assolve la funzione di tempe-rare gli effetti socialmente dannosi della televisione com-merciale: primo fra tutti, quello che Alexis de Tocquevil-le definiva «conformismo di massa», una nuova forma didispotismo, una manifestazione di oppressione – nonesterna ma interna – che avvolge le coscienze senza cheesse se ne accorgano. Forse, solo quando la televisionegeneralista commerciale non sarà piú determinante nelpanorama televisivo, la Rai avrà esaurito il suo compito.
Sulla definizione di servizio pubblico in campo televi- sivo si fanno dotte dissertazioni di ordine giuridico chenon è il caso di affrontare in questa sede. È invece neces-sario, per noi che ci interroghiamo sul futuro della televi-sione, declinare questo concetto in un'accezione politico-culturale, in modo da poter nettamente distinguere unatelevisione che svolge una funzione d'interesse generaleda una che persegue un interesse particolare. Sulla basedelle considerazioni finora svolte, potremmo dire cheun'attività di pubblico servizio è quella che favorisce lacrescita culturale e spirituale dei cittadini, sviluppa la lo-ro facoltà di giudizio, la sensibilità estetica e il senso cri- tico, e ne promuove la partecipazione alla vita sociale e politica in quanto cittadini-lavoratori e non sudditi-con- Si rivolge al «telespettatore ultimo» Si rivolge a tutti Dice al pubblico quello che già sa Dice al pubblico quello che non sa Se questa è la missione, non è difficile distinguere un Non può sottrarsi alla volgarità Può (dunque deve) sottrarsi alla programma della televisione pubblica da uno puramente commerciale: una distinzione, si badi, legata alla qualità e La superficialità è la regola L'approfondimento è la regola non a al genere, come vorrebbero i sostenitori della televi- La suggestione prevale L'argomentazione prevale sione commerciale, per i quali i programmi d'intratteni- sulla suggestione mento non avrebbero nulla a che fare con un'attività dipubblico servizio. Un'argomentazione impropria, poiché è evidente che tra tutti i generi televisivi sono proprio i Il pluralismo è un'opzione Il pluralismo è un obbligo programmi d'intrattenimento (talk show, soap opera, va- Spettacolarizza la realtà Riflette la realtà rietà, quiz) quelli che maggiormente svolgono un'azione Presenta la realtào in modo Presenta la realtà nella sua pedagogica. Gli unici che ancora fanno fatica a capire que- sta realtà cosí evidente, sono gli uomini politici i quali, La quantità è il fine La quantità è il mezzo per deformazione professionale (e talvolta per narcisismo), La qualità è una variabile La qualità è una variabile sono ancora convinti che gli orientamenti politici e ideali dipendente dalla quantità dei telespettatori siano influenzati soprattutto dai pro-grammi d'informazione e, in particolare, dai telegiornali.
Si veda la tabella seguente, nella quale si mettono a confronto le caratteristiche principali della televisione Nobiltà e miseria della televisione commerciale e pubblica, considerate nella loro polaritàideale. Si tenga presente tuttavia che la televisione pubbli- La distinzione in generi (informazione, educazione, in- ca può talvolta comportarsi come una televisione com- trattenimento) della televisione destinata al largo pubbli- merciale e, al contrario, quella commerciale è talora co- co è fonte di equivoci. Infatti, come abbiamo avuto mo- stretta a uniformarsi al modello del concorrente pubblico.
do di dire, i programmi che piú influenzano i comporta-menti e i valori dei telespettatori, sono proprio quelli d'in-trattenimento, mentre quelli cosiddetti «educativi» sono per lo piú «istruttivi» e, comunque, considerata la lorocollocazione marginale nei palinsesti, quand'anche edu- Il fine è il lucro Il fine è l'interesse generale cassero, sarebbero in pochi coloro che potrebbero trarne Produce pubblico Produce programmi beneficio. Per confortare la tesi sulla natura educativa dei Crea e indirizza l'opinione Crea e indirizza l'opinione programmi d'intrattenimento chiamiamo in causa uno dei padri del liberalismo del XX secolo, Karl Popper. In Il telespettatore è solo un Il telespettatore è prima di tutto un un'intervista televisiva concessa in esclusiva per l'Enciclo-pedia multimediale delle scienze filosofiche, alla domanda Gli spot sono un fine Gli spot sono un mezzo se non gli sembrasse antiliberale considerare la tv un mez- I programmi sono intervalli Gli spot sono intervalli tra i zo educativo, Popper rispondeva: «La televisione ha, spe-cialmente per i ragazzi, il valore di un'autorità morale e I programmi emulano il linguaggio I programmi emulano il linguaggio linguaggio della pubblicità linguaggio della pubblicità svolge quindi un ruolo educativo. Alcuni sostengono che questa tesi sia in contrasto con l'idea liberale, secondo potere59 (riguardo al potere della stampa) o Quinto pote- cui non bisogna educare le persone, ma informarle. Ma, re60 (riguardo al potere della televisione). L'ansia per una nel caso della televisione, distinguere tra educare e infor- società esposta alla tirannia dei media, è quella descritta mare non è soltanto falso, ma decisamente disonesto.
da Orwell in 1984, il cui Grande Fratello61 è oggi identi- Quest'ideale sedicente liberale è stato inventato ad hoc ficato di volta in volta con il potere informatico o con per non dover rivedere e trasformare il mondo della tele- quello televisivo, o con tutte le due cose insieme (in una visione. Il liberalismo classico sotto tutte le sue forme ha prospettiva multimediale). Qui nessuno vuol negare l'uso sempre accordato una grande importanza alla necessità perverso che si è fatto, e che si fa, dei mezzi di comunica- di controllare il potere, ogni potere, e soprattutto un po- zione di massa o il fondamento della nostra rispettabilis- tere gigantesco come quello della televisione. […] Io cre- sima ansia per un futuro che sembra volerci espropriare do che la maggioranza dei professionisti della televisione della nostra stessa umanità. Tuttavia se i media in genera- non si rendano conto appieno della loro responsabilità.
le, e la televisione in particolare, svolgono, oggettivamen- Credo che non siano capaci di valutare l'ampiezza del lo- te, un ruolo educativo – e tanto piú lo svolgono, in quan- ro potere. La televisione ha un immenso potere educati- to le istituzioni educative tradizionali sembrano disertare vo e questo potere può far pendere la bilancia dal lato il ruolo che ebbero fino a non molto tempo fa – allora della vita o da quello della morte, dal lato della legge o non è piú il tempo di discettare se i mass media possano da quello della violenza. È evidente che si tratta di cose avere una funzione culturale o se siano destinati a essere nient'altro che strumenti di volgarizzazione e d'intratte- È interessante, nell'analisi di Popper, l'attribuzione al- nimento; indipendentemente dal fatto che gli uomini po- la televisione di una funzione educativa a prescindere dal- litici e i dirigenti delle televisioni lo vogliano o no, che ne l'intenzione degli autori e dei responsabili dei program- siano consapevoli o che ne siano ignari, i mezzi di comu- mi. Quando s'inventano programmi che avvincono il nicazione di massa devono attrezzarsi per fronteggiare pubblico con emozioni forti e immagini «empatiche»58, questo ruolo di supplenza. si fa oggettivamente un'azione di educazione (o disedu-cazione). Vediamo allora come possa esercitarsi in positi-vo la funzione educatrice della televisione, tanto piú che, La buona maestra televisione come abbiamo visto, sui mezzi di comunicazione di mas-sa grava la responsabilità di un «ruolo di supplenza». La televisione pubblica si presenta impreparata ad ac- Se si escludono i cattolici, pochi, nel nostro paese, so- cogliere questa rinnovata missione di pubblico servizio no disposti a riconoscere alla televisione una funzione pe- che preferiamo definire di «interesse generale», per di- dagogica. In generale, la cultura laica rifiuta l'idea che la stinguerla da quella attuale, logora e confusa. Come ab- televisione possa, e soprattutto debba, «educare». Que- biamo visto, la Rai ha svolto, all'epoca del monopolio, sto rifiuto si fonda su un impasto di esperienze dramma- una funzione pedagogica: si trattava allora di alfabetizza- tiche, che riguardano il passato, ma anche la realtà pre- re grandi masse di contadini non piú in età scolare e di sente, e un sentimento d'insicurezza riguardo al futuro.
fare opera di divulgazione scientifica e culturale per ele- Le esperienze del passato sono l'uso propagandistico e vare il livello di conoscenze della nascente classe media.
totalitario che il fascismo e il nazismo fecero dei mezzi di In un arco di tempo che va dal maestro Manzi a Piero comunicazione di massa allora esistenti e in particolare Angela, la Rai ha svolto egregiamente questo compito, della radio (la televisione era ancora in culla). L'esperien- anche se negli ultimi quindici anni esso è andato progres- za presente è quella documentata da film come Quarto sivamente affievolendosi. Ipotizzando una scala centesi- male del sapere, si può affermare che i programmi edu- Se esiste un'attività sociale (il consumo) indotta dalla cativi e informativi della Rai, nella quasi totalità, si sono televisione commerciale, che cosa possiamo aspettarci, o orientati a una fascia di pubblico le cui conoscenze erano pretendere, dalla televisione pubblica? Naturalmente che comprese nella fascia tra zero e quaranta. Superare que- non faccia un uso distorto e fine a se stesso degli spot sta soglia è oggettivamente difficile per un medium piú pubblicitari, come il suo concorrente a «fine di lucro»; suggestivo che riflessivo e, comunque, poco incline all'in- ma anche, visto che il suo scopo è produrre programmi, segnamento, a causa della sua irripetibilità. Tuttavia la te- che questi non si riducano a semplici strumenti d'intrat- levisione pubblica non può trascurare il fatto che, sebbe- tenimento passivo: tanto per occupare il tempo, per rilas- ne esistano nel nostro paese ancora trentotto cittadini su sarsi al termine di una giornata faticosa, per vedere che cento che hanno soltanto la licenza di scuola elementare cosa accade nel mondo. La televisione pubblica, se vuole – e tra questi vi sono ancora molti analfabeti –, c'è un ses- davvero svolgere una funzione d'interesse generale, non santa per cento che avrebbe diritto a programmi con un può limitarsi a mostrare il mondo fantastico dei film e livello intellettuale adeguato ai loro studi e alla loro sen- delle soap opera; o presentare squarci di realtà come quel- sibilità culturale. Invece questa maggioranza subisce la li che ogni giorno appaiono e scompaiono, come proiet- tirannia di una minoranza, non già per un eccesso di zelo tili vaganti, nei telegiornali; o intrattenerci con le passe- democratico e neanche per un malinteso populismo. Si relle d'opinione e le risse a buon mercato di tanti talk dice che i programmi della televisione siano ideati aven- show; o farci sognare vincite favolose, con buona pace di do in mente il «cittadino medio»: magari fosse vero! Pascal, Leibniz, Bayes e di tutti gli studiosi del calcolo In realtà, poiché il referente della televisione commer- delle probabilità, che potrebbero aprirci gli occhi. La te- ciale, come abbiamo mostrato, non è il cittadino ma il levisione deve anch'essa interagire con la realtà, non solo consumatore, e al supermercato vanno anche gli analfa- mostrandola nella sua complessità e nel suo svolgimento beti, i programmi sono inevitabilmente concepiti per lo contraddittorio (di solito ne parla, piuttosto che farla ve- «spettatore marginale»62 cioè per lo spettatore-consuma- dere: la televisione è spesso una sorta di radio illustrata!), tore ultimo nella scala delle conoscenze che, oltretutto, ma anche stimolando i telespettatori a prendere parte at- dedica alla spesa molto piú tempo di quanto non faccia tiva alla vita civile: per esempio, impegnandosi nel socia- una persona di cultura media.
le, ma anche spegnendo il televisore per leggere un libro Immaginiamo che il sapere di fascia alta (quello che o dialogare con amici e parenti. La televisione pubblica nella nostra ipotetica scala è valutabile tra ottanta e cen- non può alienarsi dalla realtà, deve rifletterla; ma, ancor to) comprenda un insieme di conoscenze, complesse e piú, deve offrire ai cittadini-telespettatori, conoscenze specialistiche, che realisticamente non possono esser trat- approfondite, strumenti di comprensione e elementi di tate nei programmi della televisione: resta una vasta zona giudizio nell'agire. La televisione pubblica, insomma, del sapere (da quaranta a ottanta nella nostra scala idea- dev'essere la continuazione della realtà con altri mezzi, le) che, nella ricchezza dei mezzi espressivi della televi- una realtà che cambia anche grazie ai programmi della sione, potrebbe trovare un luogo di formazione perma- nente, di affinamento del gusto, di arguta spensieratezza,di consapevole e critica partecipazione alla vita civile.
Questa «televisione che non c'è», è dunque, prima di tut-to, un problema di democrazia, una questione che an-drebbe, a pieno titolo, inscritta nel dibattito in corso sul-la ridefinizione del Welfare State.
Funzione e funzionamento della televisione le loro decisioni, stabilendo anche ciò che è professionalee ciò che non lo è? La cosiddetta professionalità La professionalità dei manager non è un requisito astratto. Essa è subordinata ad almeno due fattori: la fi-nalità dell'azienda e la sua struttura organizzativa. Non acaso Weber definiva la professionalità come l'«azione ra-zionale rispetto allo scopo», e poneva tra i primi dieci re-quisiti di un buon dirigente un'elevata tolleranza alla fru-strazione. Perché la Rai si elevi all'altezza di una televisione au- Secondo la sociologia accademica, fattori complessi tenticamente d'interesse generale, non ci si può illudere quali la previsione della domanda, i piani d'investimento, che sia sufficiente aprire le porte a nuovi autori e a nuovi la standardizzazione delle procedure e la burocrazia co- dirigenti. Come per avere una giustizia piú equa non ba- stringerebbero i dirigenti a dedicare gran parte del loro sta avere magistrati piú bravi, ma bisogna modificare l'ap- tempo all'ordinaria amministrazione; essi finirebbero con parato giudiziario, cosí se si vuole una Rai all'altezza del l'esaurire la loro attività nel cooperare con l'inevitabile, suo compito, è necessario cambiarne prima di tutto il fun- senza grandi possibilità di scelte innovative. Ora se «ciò zionamento e, allo stesso tempo, lo statuto aziendale. In- che va fatto» è prestabilito da regole di mercato o di pia- fatti, le grandi aziende non sono autobus la cui direzione nificazione e il modo in cui va fatto è prescritto dall'or- di marcia è nelle mani di chi le conduce; piuttosto le si ganizzazione del lavoro e dalle sue procedure, la profes- potrebbe paragonare ai tram; se insieme al manovratore sionalità, nei grandi apparati, sarebbe, di fatto, l'equiva- non si cambia anche il tracciato delle rotaie, si potrà va- lente di «conformità». Quanto piú si è conformi tecnica- riare la velocità o il numero delle fermate, ma il percorso mente e ideologicamente alla logica di funzionamento rimarrà sempre lo stesso.
dell'apparato, tanto piú si è considerati efficienti: uomini La struttura giuridica, burocratica e produttiva di un giusti al posto giusto.
apparato non è neutrale: infatti, perché certi obbiettivi La verità è che in una grande azienda la professiona- siano raggiunti è necessario un modello d'azienda e non lità è una contraddizione in termini: un manager non è un altro; viceversa, dato un certo modello d'azienda, si un professionista. Mentre nei laboratori e negli studi pro- possono raggiungere soltanto determinate finalità e non fessionali l'organizzazione del lavoro riflette il modo di altre63. Parafrasando l'affermazione di McLuhan, si po- operare di coloro che vi esercitano l'arte64, nelle grandi trebbe affermare che «l'organizzazione del medium è il aziende, viceversa, la produzione è determinata dalla struttura burocratica e dalle tecnologie, che esistono pri- Perciò la cosiddetta lottizzazione, prima ancora che es- ma che il prestatore d'opera vi abbia fatto ingresso, e che sere controproducente sul piano dell'immagine, è sostan- determinano lui stesso. Cosí l'intero bagaglio di cono- zialmente inefficace. Infatti, in che modo i dirigenti po- scenze, una volta concentrate in una sola figura profes- trebbero modificare la finalità di un apparato, quando è sionale (medico, avvocato, insegnante, ecc.), oggi è tra- proprio questa finalità a determinare l'orientamento del- sferito nei grandi apparati di produzione dei servizi: l'o- spedale può esser considerato un «grande medico» (vi svolgere un'importante funzione istituzionale di pubbli- operano numerosi medici, non piú professionisti), il gior- co servizio, in un clima di assoluta indipendenza, simile a nale «un grande scrittore», e cosí via. quella garantita alla Banca d'Italia66, e debba essere, con- Per brevità, e per evitare toni polemici, continueremo giuntamente, anche il motore dell'industria culturale del a chiamare «professionalità» ciò che, a rigor di termini, nostro paese, un'impresa multimediale in grado di farsi andrebbe chiamato «non-professionalità». Ciò premesso, valere sul mercato internazionale. Ebbene, a che cosa ser- osserviamo che questa professionalità non solo è plasma- virebbero quei professionisti affidabili e compiacenti, ma ta dal modus operandi dell'apparato ma, soprattutto, dal privi d'intraprendenza, di creatività e spesso anche di suo fine collettivo: per esempio, la guarigione del malato, competenza? La professionalità è, dunque, serietà e rigo- battere la concorrenza, accaparrarsi clientele elettorali, re soltanto quando lo scopo istituzionale coincide con ecc. Cosí, se si stabilisce che il fine principale dell'appa- quello dichiarato; ma se il fine è diverso da quello dichia- rato sanitario sia la cura delle malattie, la professionalità rato, la professionalità si misura in termini di funzionalità dei nostri medici potrà anche essere considerata alta, so- rispetto allo scopo vero, e non a quello di facciata. prattutto se il numero delle guarigioni è in crescita; mase dovessimo stabilire che scopo principale della Sanità èla prevenzione, allora il livello di professionalità di quegli Irresponsabilità e potere dei dirigenti televisivi stessi medici potrebbe essere valutato in maniera affattodiversa, soprattutto quando – nonostante l'incremento Se la televisione ha una funzione educativa; se le opi- delle guarigioni – si registrasse un aumento del numero nioni di milioni di cittadini si formano in virtú della tele- visione; se i valori dominanti diventano tali solo se consa- La professionalità, quindi, è subordinata ad almeno crati dalla televisione, allora bisogna riconoscere che i re- due fattori: la missione dell'apparato e il suo funziona- sponsabili dei palinsesti, gli autori dei programmi e, pri- mento (struttura e organizzazione). Proviamo a calare ma di tutto, gli amministratori e i manager dei network questi criteri nel vivo della questione televisiva per dimo- televisivi, dispongono di un potere addirittura superiore strare che la professionalità non è sempre «serietà e rigo- a quello degli educatori tradizionali: insegnanti, genitori, re nell'esercitare un'attività», come si dà a intendere, e parroci, ecc. Questo straordinario potere presenta un come recitano i dizionari65, ma – in senso lato – funzio- tratto doppiamente paradossale. Infatti, non solo chi lo nalità allo scopo dell'ambiente in cui si opera. Supponia- subisce – il telespettatore – non è in grado di riconoscer- mo, per esempio, che in passato la Rai sia stata deviata lo come tale, convinto com'è di stare semplicemente guar- nella sua funzione pubblica da conventicole che se la dando un telegiornale, una telenovela o uno spot, ma vie- spartivano per usarla a fini di parte, anche a scapito delle ne disconosciuto anche da chi lo esercita. Si badi bene, sue risorse. In quel caso il criterio che definiva la profes- non si tratta di una banale dissimulazione per nasconde- sionalità dei suoi dirigenti non era piú quello della com- re qualcosa che c'è, ma di una vera e propria negazione, petenza bensí quello dell'affidabilità. Un eccesso di com- come se effettivamente questo potere non esistesse.
petenza poteva risultare addirittura controproducente – Questo bizzarro comportamento dei manager televisi- chi ragiona con la propria testa è poco affidabile! – men- vi che li porta a essere «irresponsabili», è stato ben rile- tre l'inettitudine predispone a una brillante carriera, in vato da K. Popper: «La mia esperienza dell'ambiente te- quanto suscita un senso di riconoscenza verso il benefat- levisivo mi insegna infatti che i suoi professionisti non tore e quindi un'affidabilità ancora piú garantita. sanno quello che fanno. Si pongono scopi del tipo «esse- Supponiamo, al contrario, che la Rai del futuro debba re realisti», «essere avvincenti», "interessare", "eccitare".
Questi sono gli obiettivi che si pongono esplicitamente.
che non abbiano una deontologia, che non rispettino i Ciò che misura la professionalità, la tecnica di un uomo valori comunemente accettati, che siano amorali. Tutta- di televisione è realizzare tali obiettivi. Non ha coscienza via, se tengono alla loro professionalità, dovranno non della sua funzione educativa, non ha coscienza del potere solo disconoscere il potere di cui dispongono ma anche enorme che esercita e non si rende conto dei guasti che esporsi quotidianamente alle insidie del cinismo, del cat- provoca. […] Tutti quelli che invocano la libertà, l'indi- tivo gusto e dell'idiozia. A maggior ragione dobbiamo pendenza o il liberalismo per dire che non si possono por- ammirare coloro che, pur vivendo questa penosa condi- re delle limitazioni a un potere pericoloso come quello zione, hanno saputo conservare umanità, buon gusto e della televisione, sono degli idioti. E se non sono degli senso della misura.
idioti, sono dei porci che vogliono arricchirsi con lo spet- Inoltre, gli educatori tradizionali e quanti, piú in ge- tacolo della violenza, educando alla violenza. Se a scuola nerale, rappresentano l'opinione pubblica e i cittadini – un professore vi insegna quello che bisogna fare per in- giornalisti, parlamentari, amministratori locali – assolvo- trodursi illecitamente in una banca o per avvelenare un no questo compito avendo ricevuto un mandato o conse- genitore, se vi dà tutte le informazioni utili per diventare guito un'abilitazione. Di quale abilitazione o mandato di- un buon criminale, voi direte che quel professore dev'es- spongono i dirigenti e gli autori televisivi? Com'è noto, sere rimosso; questo non vuol dire che debba essere mes- K. Popper ha posto insistentemente il problema di un'au- so in prigione, ma che comunque dovrebbe essere rimos- toregolamentazione ma, purtroppo, nel momento sba- so. La stessa cosa dovrebbe valere per i professionisti del- gliato, quello della deregulation in cui è impossibile vieta- la televisione»67. re alcunché68. Afferma Popper: «La mia proposta è que- Questa «irresponsabilità» trova una spiegazione nella sta: fondare un'istituzione come quella che esiste per i missione che l'apparato persegue. Prendiamo il caso del- medici. I medici si controllano attraverso un Ordine. La la televisione commerciale, la cui finalità è attrarre il piú cosa non riesce sempre perfettamente. Ci sono medici alto numero di telespettatori in modo che si sorbiscano il che fanno gravi errori e medici che commettono crimini.
piú alto numero di spot pubblicitari. È evidente che qual- Ma ci sono pur sempre le regole elaborate dall'Ordine.
siasi limite posto a contenuti, mezzi espressivi e tecniche Su quel modello si potrebbe creare un "Istituto per la te- narrative, può ostacolare il perseguimento di questo fine.
levisione" che dovrebbe, tra l'altro, istituire dei corsi per Se, infatti, ci si fa scrupolo della violenza gratuita, della i dirigenti per sensibilizzarli ai pericoli a cui la televisione demenza dei quiz e della miseria spirituale dei protagoni- espone i bambini, gli adulti e l'insieme della nostra ci- sti delle soap opera, e le si considera per quello che sono, viltà. Cosí molti di loro scoprirebbero aspetti ignorati del- cioè manifestazioni d'incultura e d'imbarbarimento, for- la professione e sarebbero indotti a considerare in modo se si ottiene un programma piú intelligente, ricco di sfu- nuovo la società e il loro ruolo. Ritengo inoltre che in un mature e piú divertente, ma si rischia seriamente di per- secondo tempo dovrebbero sostenere un esame per veri- dere una quota del pubblico da vendere alle agenzie di ficare se si sono impadroniti dei princípi fondamentali.
pubblicità. E poiché la bravura di un manager della tele- Superato l'esame dovrebbero prestare giuramento, come visione commerciale non è misurata dalla sua coscienza i medici, e promettere di tenere sempre presenti quei pe- civile, bensí dai dati dell'Auditel, negare, anche a se stes- ricoli e di agire di conseguenza in modo responsabile.
si, che esista un potere educativo e formativo della televi- Soltanto allora potrebbero essere ammessi come membri sione, è assolutamente necessario, se si vuol fare carriera.
permanenti nell'"Istituto per la televisione". Per avere la Ciò non significa, ovviamente, che i dirigenti delle te- licenza che permette di lavorare in televisione, bisogne- levisioni commerciali trascurino istanze di altra natura, rebbe aver superato con successo l'esame e aver prestato giuramento, nello stesso modo in cui i medici ottengono Qualità e quantità una licenza per lavorare in ospedale. Beninteso, quest'i-stituto dovrebbe essere un organo di autogoverno in mo-do che le misure disciplinari siano prese da una corte incui il piú alto potere sia detenuto dagli stessi dirigentidella televisione»69. Avanzata da un campione del liberalismo, teorico del- la «società aperta» e strenuo nemico di ogni forma di to-talitarismo, questa proposta ha fatto notizia per qualchetempo, suscitando varie reazioni, per lo piú negative, so-prattutto a sinistra. Poi, morto Popper, non se n'è piúparlato e la questione è stata archiviata: una delle tanteormai fuori moda. Eppure, il problema esiste ancora ed èforse piú grave di come lo stesso Popper pensasse. Infat- Lo scacco della «mano invisibile» ti, se un rilievo gli si può muovere, è quello di aver postouna cesura tra televisione buona e cattiva là dove inizia la C'è chi appellandosi a un positivismo del mercato, nega violenza e la pornografia: cosí si finisce con l'assolvere di che possa esistere una qualità in senso assoluto o, comun- fatto tutta la programmazione di evasione che certamen- que, al di fuori del mercato stesso. Come per il positivista te non è violenta ma, molto spesso, becera e insulsa, e le del diritto, la legittimità coincide con la legalità, cosí per cui conseguenze sociali non sono meno nefaste della tele- il positivista del mercato, la qualità coincide con la quan- visione violenta.
tità, cioè la merce migliore è, tout court, quella piú ven-duta. Il vizio logico di questa posizione sta nel rifiutarequalsiasi valore assoluto (in questo caso la qualità), perpoi erigere a criterio assoluto il principio di maggioranza. Alla luce di queste considerazioni, si pongono alcune questioni che meriterebbero di essere approfondite. Peresempio, una volta stabilito che la televisione svolge, mal-grado se stessa, una funzione educativa, come si concilial'esigenza di qualità con l'esclusiva finalità di lucro delletelevisioni commerciali? Bisognerebbe dimostrare chequeste due missioni sono tra loro compatibili ma, comeabbiamo visto, è vero proprio il contrario. Si potrebbe di-re che, la «mano invisibile» di Adam Smith, che dovreb-be conciliare l'interesse personale con quello collettivo, èin questo caso, inerte. Avendo le televisioni commercialicome obiettivo strategico fondamentale il conseguimentodel piú alto indice d'ascolto, è inevitabile che la qualità eil valore dei contenuti siano penalizzati. Per esempio, seun programma richiede, per essere apprezzato, la parte-cipazione non soltanto emotiva, ma anche intellettuale del telespettatore, e inoltre la conoscenza di eventi stori- spetto alla morale, alla cultura e al buon gusto (ma non ci, è evidente che non desterà interesse in tutta quella fa- all'ideologia), la televisione commerciale è, per cosí dire scia di pubblico che è sprovvista di questa base di cono- «neutrale». Il che non vuol dire che sia un vantaggio per scenza. Al contrario, banalizzando i contenuti ed elimi- un paese che ha ancora un altissimo tasso di analfabeti- nando i riferimenti storici, cioè abbassando la qualità, si evita il rischio di «discriminare» i telespettatori, lo share Posto in termini strutturali, il problema dei dirigenti e aumenta e si guadagna il plauso della direzione.
degli autori assume un'altra veste. Essi, infatti, risultano La televisione commerciale, per principio, non può sussunti alla finalità dell'azienda tanto quanto i telespet- contare sulla collaborazione vigile del telespettatore o su tatori. In altre parole, le loro scelte professionali sono particolari doti di cultura, intelligenza e intuizione. Che prescritte dalla missione dell'apparato e solo incidental- cosa accade se lo spettatore si distrae momentaneamente mente sono dettate da personali orientamenti culturali.
e non riesce piú a seguire la trama del film perché troppo La loro libertà intellettuale è condizionata dagli obiettivi complessa? E se arriva tardi all'appuntamento con un che vengono loro assegnati e che, se raggiunti, compor- programma che per essere seguito richiedeva di essere vi- tano, di norma, aumenti di stipendio e avanzamento di sto dall'inizio? E se in quel momento gli si chiede di ra- gionare con la sua testa ed egli non è disposto a farlo onon è in grado? E se ha perso la puntata precedente del-la soap opera che ora gli sembra incomprensibile? E se La qualità scadente: una necessità per la tv non sa chi è Giulio Cesare? Un target simile è troppo mobile, troppo difficile da colpire, troppo esposto alla disaffezione. La televisione È un fatto che i bisogni d'ordine culturale non hanno commerciale può fare solo affidamento sulla passività del- la stessa immediatezza di quelli corporei o di quelli legati lo spettatore, sulla sua pigrizia mentale, sulla sua viscera- al consumo di puro prestigio. Bisogni come la fame, la lità emotiva e alimentare queste attitudini perché si ri- sete e le diverse forme del piacere fisico non richiedono producano. È anche evidente che questi difetti (o «vizi», necessariamente complesse mediazioni culturali; inoltre nel senso antico del termine) diventano per la televisione si alimentano e si affinano grazie alla loro ripetitività.
commerciale altrettanti pregi, se perdono la loro conno- Spinti dalla fame, si mangia tutti i giorni, e cosí può acca- tazione di caratteristiche individuali (com'era la pigrizia dere che, nel tempo, s'impari ad apprezzare la buona cu- di Oblomov)70 e diventano «proprietà» standardizzabili cina. Lo stesso vale per un'automobile di lusso: chiun- di una «fascia di mercato».
que, anche un analfabeta o un «coatto», può apprezzare La contraddizione tra qualità e quantità, è obiettiva, questo status symbol, e goderne. Al contrario, la Prima strutturale e non culturale. In altre parole, non ha nulla sinfonia di Mahler, l'Infinito di Leopardi o, piú semplice- che fare con la statura morale e il livello culturale di am- mente, un film di Fellini, sono «oggetti» che piú difficil- ministratori e manager. In linea di principio, se in Italia il mente possono essere gustati da un gran numero di per- livello di scolarizzazione crescesse al punto che il «tele- sone, in quanto non poggiando su bisogni viscerali, pro- spettatore marginale»71 avesse il diploma di scuola media curano un godimento solo se si è stati educati ad apprez- superiore, la qualità della televisione commerciale si ade- zarli. Poiché la propensione al buon gusto quasi mai è in- guerebbe, diventando straordinariamente alta poiché il nata, la spontaneità qui non basta; sono necessarie molte suo fine ultimo è catturare telespettatori-consumatori e mediazioni, un lento apprendimento, uno studio che non non rimbecillire necessariamente le persone. Quindi, ri- si esaurisca in un dovere e tanto meno nell'imposizione di un obbligo (sarebbe il modo migliore per far odiare zia, con l'obbligo di restarci. La legge potrà imporre vin- per sempre l'arte e la cultura), ma sia, invece, piacevole coli alla violenza e alla pornografia: ciononostante, la ma- soddisfazione di un bisogno. dre degli imbecilli, grazie alla tv commerciale, sarà sem- Da queste considerazioni possiamo trarre una prima pre piú gravida.
conclusione: la qualità di una «merce» immateriale ri- Stando cosí le cose, non è questo un buon motivo (for- chiede, per essere apprezzata, in linea di principio, un'e- se l'unico vero motivo), per rivendicare un'imprescindi- ducazione al consumo molto piú complessa di quella ri- bile presenza sul mercato televisivo di un'azienda pub- chiesta da un oggetto materiale. Ed è questo il motivo blica di televisione che, nell'interesse generale, e dispo- principale per cui le grandi opere d'arte e, piú in genera- nendo di grandi risorse finanziarie, tecnologiche e intel- le, le manifestazioni della cultura, sono ordinariamente lettuali, argini questo pericoloso straripamento? escluse – o marginalizzate – nella televisione commercia-le che, come abbiamo mostrato, è il dominio di un'opi-nione di massa tendenzialmente non coltivata. Quale in- La cultura non è un «genere» teresse pedagogico possono, infatti, nutrire nei confrontidei telespettatori-consumatori, i responsabili dei palinse- Quando si parla del rapporto tra cultura e televisione sti della tv commerciale se, perseguendolo, pagherebbe- generalista non si può realisticamente pretendere che tra- ro un prezzo altissimo in termini di audience, con preoc- smissioni che richiedono da parte dei telespettatori, per cupanti riflessi sulla loro carriera? La regola aurea della essere apprezzate, un forte background culturale sostenu- tv commerciale è la seguente: «non dare al telespettatore to da un'adeguata sensibilità estetica, trovino una collo- nulla di piú di quanto già non abbia nel suo bagaglio cul- cazione negli spazi di grande ascolto. Richieste del gene- turale; non dirgli nulla di piú di quanto non sappia già.
re, per quanto comprensibili, sono del tutto contropro- Tutto il resto è… letteratura» (cioè perdita secca di mi- ducenti poiché favoriscono, di fatto, per i motivi che ab- lioni di telespettatori).
biamo appena esposto, la televisione commerciale, la qua- Questo è il motivo strutturale che impone alle televi- le dev'essere combattuta contestualmente, sul piano della sioni commerciali di selezionare i programmi sulla base qualità e della quantità. Infatti, vincere su uno soltanto della loro «digeribilità». Devono comporsi di sostanze dei due terreni, equivarrebbe in ogni caso a registrare una semplici, facilmente metabolizzabili che puntino su emo- zioni elementari, luoghi comuni, mode e cliché della ba- Quindi, piú che trasmettere programmi di cultura (ar- nalità quotidiana: soap opera sdolcinate, talk show che te, letteratura, musica, ecc.) in prima serata, bisogna met- sono fiere dell'ovvietà, spettacoli di varietà che fanno tere piú cultura nei programmi, soprattutto in quelli di rimpiangere l'avanspettacolo. Tutto questo, lo ribadiamo grande ascolto. Il che vuol dire: piú intelligenza, buon ancora una volta, non è espressione di un calo di creati- gusto, ironia e soprattutto una rappresentazione fedele – vità degli autori o sintomo di rozzezza dei dirigenti tele- e non puramente spettacolare – della realtà sociale e del- visivi: è l'ineluttabile conseguenza di un'industria che le sue dinamiche. Questa rivendicazione è essenziale, stra- trae profitto esclusivamente dalla quantità di telespetta- tegica ed è l'unica che può realmente consentire un ribal- tori che riesce a vendere alle agenzie di pubblicità. Da tamento di posizione simile a quello che si è verificato questo punto di vista, in una società in cui il mercato è con i telegiornali.
dominante, non vi può essere alcun limite legislativo che Paradossalmente anche la generica richiesta di una argini questo fenomeno di progressivo inebetimento dei maggiore presenza di programmi culturali nei palinsesti telespettatori cui viene imposta una regressione all'infan- della Rai, disgiunta da una contestuale domanda di mag- giore qualità nei programmi d'altro genere, potrebbe ri- amanti dei libri, della musica, della danza e del teatro. Al velarsi un alibi, un fiore all'occhiello per abbellire un abi- contrario, sono da considerarsi un «genere», i program- to impresentabile o, addirittura, apparire come una ma- mi «educativi» in quanto, avendo uno scopo istruttivo e nifestazione di corporativismo intellettuale del tipo: «Da- di formazione permanente, sono rivolti a un pubblico mi- te uno spazio ai programmi che mi riguardano e, per il rato, adottano linguaggi e forme espressive particolari, e resto, fate quello che vi pare». Naturalmente questo non inoltre criteri praticamente estranei agli altri generi tele- implica per niente che la televisione pubblica ridimensio- visivi, come il rigore e la sistematicità. ni ulteriormente i programmi colti. Al contrario! Per i La questione, nient'affatto nominalistica, suggerisce tanti milioni di cittadini che non leggono libri e neanche alcune considerazioni. In primo luogo, sarebbe opportu- giornali, che mettono piede in libreria a malapena una no rovesciare la tesi secondo la quale bisogna rendere volta ogni due anni, che non vanno quasi mai a teatro o piú appetibili e comprensibili i programmi culturali all'auditorium, la televisione è l'unico tramite con il mon- (spesso questo vuol dire soltanto renderli banali e di cat- do della cultura. Talvolta può bastare la breve riflessione tivo gusto) e affermare, piuttosto, che i programmi ordi- di un filosofo o di uno scienziato, una pièce teatrale, un nari della tv, quale che sia il loro «genere» dovrebbero buon programma di musica seria, una vivace discussione diventare piú culturali – cioè piú intelligenti, arguti e sti- tra scrittori e poeti o un'approfondita inchiesta giornali- molanti, in altre parole, piú «educativi». Inoltre bisogne- stica, per sprigionare curiosità intellettuali sopite o po- rebbe non farsi attrarre troppo dalle lusinghe di una rete tenziali, l'amore per il sapere e il bisogno di conoscenza.
tematica culturale via satellite – magari a pagamento – In questo senso la televisione dev'essere considerata, piut- che cristallizzando la cultura in un genere, diverrebbe tosto che un mezzo educativo, che si sostituisce ad altri dominio esclusivo delle persone colte e allontanerebbe media e ad altre istituzioni, un mezzo integrativo, prope- definitivamente dalla cultura, il grande pubblico, quello deutico, introduttivo alla conoscenza delle arti e delle di- della televisione generalista. Al contrario la presenza di verse discipline. La cultura sulla televisione generalista è, programmi culturali sulle reti generaliste favorisce l'in- in definitiva, una sorta di trailer, che trascina, appassio- contro, anche casuale, con la cultura, di milioni di tele- nandolo, il telespettatore sugli altri media (libro, tv tema- spettatori. Questo non vuol dire che non debbano esser- tica, videocassetta, Internet, cd-rom, ecc.) dove potrà ap- ci reti tematiche come Arte, ma semplicemente che non profondire, con mezzi piú adatti, gli argomenti che piú bisogna abbandonare le reti generaliste alla brutale logi- lo hanno interessato.
ca del grande ascolto privandole, piú di quanto non lo Tuttavia, poiché il termine «cultura», nel linguaggio siano già, di ogni contenuto culturale, consolandosi con della televisione, può essere fonte di equivoci, vale la pe- l'idea che – ormai – la sede deputata dei programmi cul- na, per evitare malintesi, di puntualizzare alcune cose. La turali siano le reti tematiche. Questa separazione tra tele- cultura è il regno dei valori ideali, degli stili di vita, delle visione di massa e televisione d'élite potremmo definirla, avventure dell'intelletto e del buon gusto. La cultura è con un termine fuori moda, «classista», in quanto offri- coscienza critica, approfondimento, spiritualità, facoltà rebbe cultura a chi già la possiede ed è provveduto di ri- di giudizio. La cultura – come peraltro l'incultura – per- sorse economiche (solo l'impianto di ricezione della tv mea di sé tutte le forme d'espressione e, pertanto, non è satellitare digitale, senza l'abbonamento annuale alla pay- un «genere». Eppure, quando si discute della cultura in tv, costa oltre un milione) abbandonando le masse incol- televisione, si dà per scontato che essa sia un «genere» te al loro destino.
come lo sport, l'informazione o lo spettacolo; un genereper lo piú riservato a una ristretta cerchia di mandarini Profili professionali o addirittura ambigua, l'intera impalcatura rischia dicrollare.
Le televisioni commerciali non corrono questo rischio.
Esse sono a una dimensione, la loro missione è standardin tutto il mondo, non soffrono di crisi d'identità, nonsono tenute a contemperare qualità e quantità: ciò avvie-ne in virtú del fatto che nelle televisioni commerciali, co-me abbiamo dimostrato, la qualità s'identifica, ipso facto,con la quantità. Invece la televisione pubblica, orfana delmonopolio ed emula della tv commerciale, stenta a darsiuna nuova identità oscillando tra l'aspirazione a conse-guire indici d'ascolto sempre maggiori e la ricerca di unanuova missione di servizio pubblico.
Il manager e la sua «mission» A questo punto è giunto il momento di affrontare un ulteriore e delicato problema: se la televisione commer- Un'azienda non produce solo merci o servizi. Gli stes- ciale e la televisione pubblica hanno finalità contrappo- si fattori che concorrono alla produzione, dalla struttura ste, quanto meno diversificate dovrebbero essere le ri- gerarchica (il modello organizzativo può essere pirami- spettive strutture organizzative e i criteri che ispirano la dale, orizzontale, ecc.) alle procedure burocratiche, alla professionalità di dirigenti e autori, la loro formazione e politica di motivazione delle «risorse umane», generano, le modalità della loro selezione. di fatto, fra i dipendenti un sistema di valori morali, com-portamenti e aspettative.
Questa produzione valoriale, collaterale a quella dei I dirigenti della Rai beni e dei servizi, garantisce la riproduzione e lo svilup-po dell'azienda in modo conforme ai suoi obiettivi stra- Di una cosa possiamo esser certi: la formazione dei tegici. Si può dire pertanto che la televisione non solo è manager e la selezione degli autori nella televisione pub- un apparato ideologico in quanto produce e diffonde blica, non può, neanche lontanamente, ispirarsi ai criteri ideologia attraverso i suoi programmi, ma anche perché vigenti nelle televisioni commerciali perché diverse e con- educa e forma, grazie alla sua struttura organizzativa, trastanti sono la natura e la finalità dei due apparati: quel- manager e dipendenti secondo criteri coerenti con la sua lo pubblico presenta analogie con l'apparato della scuo- missione. Se questo è vero, se ne deduce che l'unico, de- la, mentre quello privato è simile a quello di un'azienda terminante, assoluto potere in un apparato televisivo, è commerciale. Sarebbe accettabile un esame di abilitazio- quello che emana dalla missione aziendale e al quale tut- ne per insegnanti con una giuria composta da dirigenti ti, indistintamente, devono uniformarsi. In altre parole, i della Confcommercio? criteri di professionalità, le carriere, la struttura azienda- Poiché il compito della televisione pubblica e di quel- le, il modello produttivo, i profili professionali degli au- la commerciale è diverso, dovranno divergere conseguen- tori, dei collaboratori artistici e scientifici e di tutti i di- temente anche i criteri con i quali si misura la competen- pendenti – dal direttore generale all'usciere – sono sol- za di dirigenti e autori dei rispettivi settori poiché, come tanto mezzi per raggiungere un fine. Se la missione azien- abbiamo visto, la professionalità è «l'azione razionale ri- dale non è chiarita, se è anacronistica, o appare confusa spetto allo scopo». Esaminiamo, alla luce di queste osser- vazioni, il profilo professionale di coloro che, a vario ti- ri, ma piú irresponsabili. La creatività, la sperimentazio- tolo, partecipano alla definizione e alla realizzazione dei ne di nuovi linguaggi, la scoperta di nuovi talenti, un'ori- programmi della televisione pubblica. ginale forma d'intrattenimento possono avere cittadinan- Innanzi tutto, rispetto ai loro colleghi della tv com- za soltanto nella televisione pubblica, grazie al finanzia- merciale, quelli della televisione pubblica hanno davanti mento del canone che la affranca dalla dittatura delle a sé un duplice compito: devono vedersela, primariamen- agenzie di pubblicità.
te, con le finalità etico-politiche, proprie di un'istituzio-ne, senza tuttavia trascurare le regole del mercato e quin-di la ricerca del piú alto numero di telespettatori. Com- Gli autori televisivi pito arduo perché, se pongono troppo l'accento sull'au-dience trascurando la qualità dei programmi, vengono La condizione degli autori non differisce molto da meno alla loro missione di favorire la crescita culturale quella dei manager: anche la loro professionalità è, infat- dei cittadini; se, al contrario, realizzano programmi, otti- ti, subordinata alla finalità dell'azienda per la quale lavo- mi nei contenuti ma di basso ascolto, rinunciano all'o- rano. Se essa persegue il raggiungimento del massimo biettivo strategico di far concorrenza alla televisione com- ascolto, l'idea di un programma di varietà troppo arguto, merciale per arginarne la pervasività. Queste deviazioni giocato su doppi sensi di non facile comprensione, con dovrebbero essere stigmatizzabili in eguale misura e tut- dialoghi alla Woody Allen, sarebbe respinta, perché l'ec- tavia, nella pratica, la seconda è giudicata un indice di cesso di qualità potrebbe compromettere la quantità dei scarsa professionalità, mentre la prima viene quasi sem- telespettatori. A maggior ragione, verrebbe cestinato un pre premiata. Questo accade perché molti dirigenti, rite- documentario che volesse affrontare un argomento scien- nendo che la contestualità di qualità e alti indici di ascol- tifico sfuggendo alle banalità della divulgazione a buon to sia impossibile quanto la quadratura del cerchio, in- mercato. Sarebbe bocciato anche un programma estre- terpretano la funzione istituzionale di pubblico servizio mamente popolare, tipico della «telecultura ludica, pro- come un vincolo per la libertà professionale: ma qui han- duttrice di quell'inquietante personaggio che è il cretino no torto. Costoro, evidentemente, pensano che si possa a presa rapida»73, se il suo costo dovesse risultare troppo esser liberi anche quando gli indici d'ascolto la fanno da oneroso rispetto a quanto le agenzie di pubblicità sono padroni. Inoltre trascurano il nesso che lega responsabi- disposte a pagare. Senza parlare di un'approfondita in- lità e libertà. Diceva a questo proposito Hegel che «l'in- chiesta sociale realizzata sul campo o di un programma dividuo ha nel dovere la sua liberazione e la sua libertà sostanziale»72: non è difficile comprendere che responsa- In altre parole, la creatività di un autore televisivo, mol- bilità verso terzi non significa restrizione dell'ambito del- to piú di quanto non accada nel cinema o nella letteratu- la libertà, ma potere decisionale e autonomia di scelta, ra, è vincolata, imprigionata nei confini dell'apparato e tanto piú ampia quanto maggiore è la responsabilità stes- del suo modello produttivo. Né si può essere cosí ingenui sa. Quando dunque i dirigenti e gli autori televisivi della da pensare che possa esistere una vera dialettica tra auto- Rai si fanno carico della funzione formativa ed educativa re e televisione: quest'ultima pretende dagli autori solo di questo mezzo, allora essi sono realmente liberi: tanto ciò che il pubblico può assimilare, tutto il resto non può piú liberi, quanto piú sono consapevoli di questa respon- essere preso in considerazione. Il solo fatto di presentare sabilità, al punto di farne il fondamento del loro lavoro.
proposte non conformi alle tavole della legge è indice di La tirannia vera è quella dell'indice d'ascolto, allorché si scarsa professionalità. L'autore, quindi, se vuole sopravvi- pone come valore assoluto. L'Auditel non rende piú libe- vere, deve diventare anche lui, come il manager, un conformista, avere cioè una certa propensione alla frustra- creatività non soltanto al prodotto, ma anche ai mezzi zione. Se saprà adattare la sua fantasia e la sua inventiva a della produzione. Questo vuol dire, innanzitutto, creare queste esigenze e, mescolando sapientemente luoghi co- nuovi modelli produttivi e sfruttare in modo inconsueto muni, riuscirà a farne un programma televisivo, avrà buo- le nuove tecnologie. Al tempo stesso, è indispensabile ne probabilità di diventare un autore di successo. una notevole dose d'anticonformismo, una certa creativa Il quadro che si è presentato non è edificante ma, pur- «devianza» e un sano disprezzo per la burocrazia ottusa, troppo, risponde alla realtà. Ed è una risposta a quanti, autoreferenziale o, per meglio dire, «autistica», avvezza a giustamente, si chiedono perché la televisione commer- creare problemi piuttosto che a risolverli e per la quale il ciale – e anche quella pubblica quando prende a scim- prodotto non è il fine ma soltanto una delle possibili op- miottarla – facciano programmi sempre piú banali e ripe- zioni, spesso solo un fastidio. titivi. Il problema non è la mancanza di creatività degli La nuova Rai, per essere edificata, ha bisogno di spiri- autori, ma la loro castrazione intellettuale. Gli spazi pub- ti liberi, creativi, intraprendenti, colti, efficienti, provvisti blicitari sono venduti alle agenzie con mesi d'anticipo sul- di una ferma coscienza civile e soprattutto dotati d'im- la programmazione. In quella fascia oraria lo share75 maginazione burocratica, un requisito paradossale all'ap- dev'essere garantito, non si possono correre rischi con parenza, senza il quale però ogni disegno di cambiamen- sperimentazioni o innovazioni ardite. Forse non tutti san- to è destinato a fallire. Perché i veri autori di cui c'è biso- no che la perdita di un punto di share in un anno costa gno in una televisione pubblica alla ricerca di una nuova alla Rai quaranta miliardi e a Mediaset circa sessanta mi- identità, sono quei dirigenti che creando nuovi modi di liardi. Si provi a immaginare la sorte di un autore che, lavorare e integrando e facendo interagire tra loro vec- per «eccesso di creatività», fa perdere, con il suo pro- chie e nuove tecnologie, creano le condizioni perché si li- gramma settimanale, per un paio di mesi, tre o quattro berino nuove forme di creatività secondo l'indicazione di milioni di telespettatori in prima serata. Senza parlare Benjamin, ricordata nell'introduzione.
delle risatine di scherno rivolte al dirigente responsabiledi quella fascia oraria, il giorno dopo il fiasco, nella con-sueta riunione dei direttori.
La questione della professionalità di dirigenti e autori si presenta in modo contraddittorio poiché da una parteessi dispongono di un enorme potere educativo (che pe-raltro rimuovono dall'orizzonte della loro consapevolez-za), dall'altra sono soltanto esecutori al servizio di fina-lità prestabilite (la missione aziendale). Le due cose, tut-tavia, non si escludono perché il potere educativo è in-trinseco alla pervasività del mezzo, comunque sia intesala sua funzione. Perciò è forte la tentazione di adeguarsiacriticamente alle condizioni di lavoro e ai limiti impostidalla realtà di fatto rinunciando all'intelligenza, alla crea-tività e alla fantasia, oppure utilizzandone quel tanto chebasta per fare apparire come novità un format vecchio ditrent'anni. Al contrario, un autore che voglia veramenteaffrancarsi dalla logica dell'apparato deve rivolgere la sua La televisione del futuro Osservando realisticamente il sistema televisivo italia- no e rapportandolo al contesto planetario, dobbiamoprendere atto dell'irrilevanza del suo peso specifico. Es-so comprende un duopolio pubblico-privato di dimen-sioni medio-piccole, arretrato tecnologicamente e poverod'infrastrutture, costellato da una miriade di emittenti lo-cali dal futuro incerto. In campo internazionale siamo aimargini del mercato cinematografico; la fiction televisivache riusciamo a produrre con le nostre mani, fatica a var-care la frontiera; nel settore del documentario scientificoci siamo arresi da tempo; nel cinema d'animazione, no-nostante la presenza di molti talenti, la nostra produzio-ne è fortemente sottodimensionata; nel circuito mondialedelle notizie che contano, la nostra presenza è pressochéinesistente. In altre parole, in campo televisivo, importia-mo molto, esportiamo poco e la nostra produzione è ditipo autarchico. Inoltre, poiché per la televisione com-merciale ciò che conta non è produrre programmi, bensípubblico, per lei è del tutto indifferente acquistare pro-grammi piuttosto che produrli. E, dal momento che l'ac-quisto di un film o di un format televisivo costa meno cheprodurli, si finisce per diventare semplici distributori diprodotti realizzati altrove.
Se questo è il quadro di riferimento, è evidente che sa- rebbe esiziale per la Rai crogiolarsi nella sfida giornalierasugli indici d'ascolto con le reti di Berlusconi procrasti-nando uno status quo che porterebbe entrambi i conten- denti alla rovina. Quindi, è bene ripeterlo, non esiste per Sulla multimedialità la Rai alternativa a un profondo rinnovamento della suastruttura organizzativa, della sua missione aziendale e del-la sua politica di alleanze.
Come dev'essere organizzata al suo interno una televi- sione pubblica che voglia contrastare e temperare gli ef-fetti della televisione commerciale con programmi di qua-lità? È possibile introdurre piú cultura nei programmid'intrattenimento (cioè: buon gusto, arguzia, ironia e in-telligenza) senza tuttavia perdere telespettatori? Che co-sa fare per bilanciare l'approssimazione e la superficialitàdei telegiornali con l'approfondimento critico e la conte-stualizzazione degli eventi? La Rai possiede sterminati ar-chivi radiofonici e televisivi: in che modo vanno organiz- Gli apparati televisivi producono, acquistano, vendo- zati e valorizzati? Che cosa si deve fare per liberare una no, trasmettono e immagazzinano programmi televisivi.
creatività imbrigliata dal conformismo imposto dalla te- Si potrebbe dire, tautologicamente, che le televisioni fan- levisione commerciale? Quale rapporto può stabilirsi tra no televisione. Eppure non è sempre cosí, anzi lo sarà la televisione pubblica e il mondo della scuola? In altre sempre meno.
parole, quali caratteristiche deve avere la televisione pub- Per cinquant'anni la televisione è stata nazionale (ha blica del prossimo futuro se vuole vincere la doppia sfida prodotto programmi in una sola lingua), generalista (tutti della qualità e degli ascolti? i generi sono buoni per il contenitore televisivo, purché La prima condizione per rinnovare la Rai dalle fonda- l'indice d'ascolto sia alto) e monomediale (i programmi menta, perché la sua televisione diventi oltre che mezzo sono pensati e realizzati in funzione di un solo mezzo, di comunicazione di massa anche strumento di educazio- quello televisivo, appunto). Se questi sono ancora i tratti ne permanente – uno strumento che accresca la capacità distintivi della televisione, in un futuro non molto lonta- critica e la facoltà di giudizio dei cittadini – è il passaggio no la televisione non sarà piú monomediale, generalista e dalla monomedialità televisiva a una multimedialità allar- nazionale, ma multimediale, tematica e internazionale.
gata a tutti gli altri media.
Inoltre sarà digitale e non piú analogica76. Non si dimen-tichi che la televisione-televisione è solo un piccolo aste-roide nella galassia delle tecnologie informative, dove èin atto un processo di convergenza multimediale e dovesi percepisce – nel bene e nel male – l'impatto degli inve-stimenti finanziari e delle alleanze strategiche fra gli ope-ratori tecnologici e i tycoon delle grandi reti televisive. Idirigenti televisivi non ignorano che la multimedialità ri-chiede un nuovo modo di progettare, realizzare e distri-buire e che essa è qualcosa di piú – e di diverso – che laconvergenza di tutta la comunicazione e informazione inun unico supporto digitale77 (per esempio, il cd-rom).
Perciò, secondo i casi, prendono tempo, oppure si pre- parano al cambiamento, perché è evidente che la loro ternet e i cd-rom. Per ogni medium che nasceva, si co- struttura dovrà essere riconfigurata e che le funzioni struiva una struttura ad hoc che facesse spazio al nuovo aziendali dovranno essere riconvertite, cancellate o in- venuto; in tal modo ci si aggiornava, senza tuttavia com- ventate daccapo. promettere gli equilibri preesistenti.
Tuttavia, anche tra i dirigenti piú aperti all'innovazio- Consideriamo il caso della Rai (ma potremmo indiffe- ne, prevale un'idea – decisamente erronea – secondo la rentemente parlare della Bbc o di Mediaset). Fino a po- quale l'industria culturale e delle telecomunicazioni pas- chi anni fa la Rai produceva, oltre ai programmi radiofo- seranno dalla monomedialità alla multimedialità median- nici e televisivi, anche dischi, libri, videocassette e cd- te semplice accorpamento di aziende telefoniche, televi- rom. Ciascuno di questi comparti era tuttavia rigidamen- sive, editoriali o produttrici di software. L'errore consiste te separato dagli altri, organizzato in autonome direzioni nel concepire la multimedialità non come sistematico in- aziendali o addirittura in società consociate della casa ma- treccio di mezzi di comunicazione differenti, ma come dre (Fonit-Cetra, Eri, Sacis). Questa compartimentazio- semplice giustapposizione di un medium all'altro, dimen- ne tra i media ha progressivamente indebolito le conso- ticando che un organismo è qualcosa di piú che la som- ciate fino a farle scomparire, mentre in una struttura for- ma dei suoi organi. Altri, sempre erroneamente, ritengo- temente integrata, queste società avrebbero potuto coo- no che un'azienda si trasformi da monomediale a multi- perare tra loro, sfruttando la forza motrice del core busi- mediale semplicemente creando comparti «multimedia- ness aziendale, la televisione, per promuovere, presso il li» da affiancare a quelli tradizionali. In questo caso l'er- grande pubblico, i prodotti della loro attività editoriale.
rore sta nell'identificare riduttivamente la multimedialità Anche la radio, abbandonata a se stessa, è stata vittima di con i nuovi media digitali (cd-rom, Internet, ecc.). In questa «incomunicabilità» tra i media: la sua crisi è sotto realtà la multimedialità non è una tecnologia né, tanto gli occhi di tutti.
meno, un prodotto, ma una precisa modalità di progetta-zione, realizzazione e distribuzione integrata di prodotticoncepiti in differenti versioni per «molti media». Poiché L'organizzazione «per media» a una specifica modalità di produzione corrisponde unaltrettanto specifico modello d'azienda, tenteremo di di- Il paradosso di un'impresa multimediale che si orga- mostrare l'assoluta inadeguatezza delle strutture organiz- nizza in comparti rigorosamente monomediali nasce, oltre zative degli apparati televisivi nel passaggio dalla mono- che dalla stratificazione geologica, cui si è fatto cenno, an- medialità alla multimedialità allargata e d'indicare una che da un banale malinteso: che un'azienda multimediale possibile alternativa. debba strutturarsi «per media» piuttosto che per «gene- Per avere un'idea di quanto sia diffusa quest'angusta ri» (fiction, informazione, sport, varietà, cultura, ecc.). concezione della multimedialità, basta osservare da vici- Quasi tutte le grandi aziende di televisione sono orga- no gli apparati della comunicazione, in particolare quelli nizzate «per media»: reti radiofoniche e televisive, canali radiotelevisivi. Essi ci appaiono, soprattutto per il modo satellitari, televideo, ecc. Al loro interno, questi comparti in cui storicamente hanno integrato i media nascenti nel sono suddivisi per «generi»: strutture di programmazio- tessuto preesistente, come il risultato di una stratificazio- ne nelle reti, redazioni nei telegiornali, canali tematici, ne geologica in cui l'evoluzione è avvenuta in maniera del ecc. Questo modello, rigidamente monomediale, alimen- tutto «naturale», vale a dire accidentale e per mera so- ta l'autoreferenzialità e una sorta d'orgogliosa autarchia vrapposizione. Agl'inizi c'erano la radio e i dischi, poi che non solo ostacola la cooperazione tra i diversi media, vennero la televisione e le videocassette, ora ci sono In- ma addirittura la nega in linea di principio. Per esempio, un direttore di rete è premiato se aumenta lo share di – invece che cooperare, si contendono autori, attori e re- qualche punto, ma nulla gli è riconosciuto se la versione gisti facendone lievitare i compensi; ma può valere anche per videocassetta o cd-rom di un suo programma ottiene per i talk show, genere nel quale la concorrenza tra le re- un buon successo commerciale (anche perché in questo ti assume forme esasperate, in contrasto con l'interesse, caso il merito andrebbe al direttore dell'altro settore). Al che è (o dovrebbe essere) comune.
tempo stesso, chi produce solo videocassette, cd-rom, ca- L'organizzazione «per media» non è soltanto causa d'i- nali satellitari e servizi per la Rete, deve vedersela con le nefficienze ma incide profondamente sulla qualità dei esigue risorse di cui dispone, spesso molto inferiori ri- contenuti. Infatti, dalla diaspora dei generi conseguono spetto a quelle di una media azienda del settore.
strutture ideative e produttive di piccolo cabotaggio, do- In un simile contesto monomediale, in cui ogni me- tate di risorse economiche e professionali limitate a causa dium si configura come una monade senza porte e senza del target ristretto cui si rivolgono i loro prodotti, stretta- finestre, i nuovi media (tv satellitare, Internet, cd-rom, mente monomediali. Soltanto da strutture in grado di rag- ecc.), piuttosto che complementari ai media tradizionali, giungere il grande pubblico attraverso un'offerta confe- sono considerati semplici supplementi della televisione, zionata «per molti media» possono nascere prodotti d'al- piccoli bonsai piantati intorno alla «quercia generalista», tissima qualità – per forma e contenuti – in grado di com- settori di nicchia destinati a restare tali e che tali, in effet- petere sul mercato internazionale dell'audiovisivo e dei ti, resteranno perché su di loro s'investirà solo quel tanto nuovi media. Inoltre, è sempre piú evidente che il valore che basta per farli sopravvivere e per dire che si è aperti aggiunto di un prodotto dell'industria culturale, quale all'innovazione. Il grosso degli investimenti continuerà a che sia il suo genere (fiction, film, cartoni animati, docu- interessare la televisione generalista fino all'inevitabile mentari, telecronache d'eventi sportivi, teatrali, ecc.), sta declino dell'intera azienda penalizzata da questa fittizia nei cosiddetti «diritti derivati» che attualmente sono so- prattutto gadget, ma ben presto saranno (e il cinema già L'organizzazione «per media» non danneggia soltanto lo dimostra) videocassette, cd-rom, libri, siti Internet, ecc.
i nuovi media limitandone lo sviluppo ma anche i mediatradizionali, che risentono della dispersione delle compe-tenze specifiche e dei conseguenti sprechi. Consideriamo Creatività e monomedialità per esempio l'informazione radiotelevisiva dove una no-tizia d'agenzia viene lavorata distintamente da almeno Un'altra vittima dell'organizzazione «per media» è la sette diverse redazioni: tre per i Tg delle reti generaliste e creatività. In un celebre film di Jean-Luc Godard la pro- una redazione, rispettivamente, per la radio, per Rainews, tagonista dice: «Siate creativi, inventate una nuova per- per Rai International, per Televideo e, tra non molto, an- versione sessuale». Parafrasando si potrebbe dire: «Siate che per Rainet. Ebbene, non sarebbe meglio che al posto creativi, inventate un nuovo programma televisivo»; im- di sette redazioni monomediali, ve ne fosse una soltanto presa davvero ardua se si pensa alle trasmissioni «clona- – altamente specializzata e doverosamente pluralista – te» degli ultimi trent'anni78. composta di «giornalisti multimediali», che confezioni la La creatività è un dono di natura: tuttavia dev'essere stessa notizia secondo i linguaggi e le tecniche espressive stimolata, indirizzata, perché si crea sempre per qualcu- proprie di ciascun mezzo di comunicazione? no. La creatività ha bisogno di un committente la cui ri- Un discorso analogo vale per gli spettacoli di varietà chiesta non può non avere una forte incidenza sulla qua- che sono prodotti dalle diverse strutture di programma- lità della creazione. Se il committente è la rete televisiva zione delle reti radiofoniche e televisive, le quali – spesso di un apparato organizzato «per media», quale che sia la richiesta, essa è necessariamente circoscritta a quel singo- come di volano e baricentro per tutti gli altri mezzi, atti- lo medium, e al pubblico di quella rete. Questi due fatto- vando non solo interessanti economie di scala, ma anche ri, la monomedialità e il target ristretto, comportano una creando i presupposti per una produzione migliore in ter- limitazione della creatività dell'autore, confinandola in mini di qualità, completezza e profondità di trattazione uno spazio troppo angusto. Senza questi vincoli, il suo dei vari argomenti.
programma per la tv generalista potrebbe presentare una L'alternativa alla multimedialità fittizia è un'organizza- seconda versione per la tv satellitare, eventualmente piú zione «per generi», che si configura come l'esatto oppo- completa e approfondita, una terza su videocassetta e una sto di quella «per media».
quarta, interattiva, su cd-rom, al cui successo commercia- Secondo questo criterio, ciascuna direzione aziendale, le contribuirebbe la pubblicità indiretta del «passaggio» definita sulla base di un genere, è articolata al suo inter- televisivo. Inoltre, sapendo di rivolgersi non soltanto al no in settori che producono per i differenti media. Un pubblico di una rete televisiva nazionale ma, potenzial- esempio significativo d'organizzazione per generi è quel- mente a un pubblico universale – grazie alla disponibilità lo di Rai Educational, una struttura tematica che opera di tanti media –, la creatività dell'autore potrebbe dispie- trasversalmente su tutti i media facendoli interagire tra garsi piú liberamente e su una molteplicità di registri.
loro, e di cui parleremo dettagliatamente in seguito. Ma poiché l'autore non può che conformarsi alle ri- Altre strutture organizzate «per generi» che funziona- chieste ordinarie dei committenti, la sua inventiva diffi- no egregiamente, sebbene ancora non abbiano sviluppa- cilmente deborderà dai limiti angusti della monomedia- to a pieno tutte le potenzialità connesse a questo modello lità televisiva, terreno da tempo completamente dissoda- organizzativo, sono: «Cinema-fiction», una direzione del- to ed esaurito, dove non c'è piú nulla da inventare, ma la Rai che produce film per tutte le reti televisive e per il solo da copiare. Abituato a conformarsi, l'autore diven- cinema, e che dimostra quanto sia vantaggioso, in termi- terà – per l'appunto – un conformista, anche se non era ni d'investimenti e di qualità del prodotto, concentrare la destinato ad esserlo. L'organizzazione per media deve produzione di un genere in una sola struttura specializ- mettere in conto anche questo costo: l'imbrigliamento zata; «Rai Sport» i cui programmi spaziano su tutte le re- della creatività.
ti radiofoniche e televisive, su un canale satellitare e suun sito molto visitato; «Rai International», i cui program-mi radiofonici e televisivi sono diffusi in tutto il mondo.
L'organizzazione «per generi» Da queste considerazioni si può serenamente trarre la conclusione che la multimedialità intesa come mera giu-stapposizione di media tradizionali e nuovi media non in-teragenti tra loro, non offre alcuna prospettiva né dalpunto di vista dello sviluppo industriale, né tanto menoda quello dei contenuti. Di qui l'esigenza di una riflessio-ne sulla struttura degli apparati televisivi che superi l'or-ganizzazione «per media» per approdare a una multime-dialità forte, intesa come integrazione e interazione tramezzi di comunicazione differenti. Ciascun mezzo, in pri-mo luogo la tv generalista, deve svolgere una funzione Per una Rai multimediale ganizzativi appaiono superati, tanto piú tenace è la resi-stenza al cambiamento. Infatti, i fattori di ordine cultura-le condizionano fortemente gli apparati, anche quandonon sono in questione i rapporti di potere. Ragionare se-condo la logica intermediale in un mondo che fino a ieriè stato monomediale è come imparare a sciare a cin-quant'anni. L'opera monomediale è, in tutte le sue parti, concate- nata con le altre in modo univoco e sequenziale, come inun teorema di matematica. Per esempio, lo sceneggiatorecinematografico prefigura una storia con un inizio, unosvolgimento e una conclusione, mentre il regista la tra-spone su pellicola, realizzando un'inquadratura dopo l'al- Interdisciplinarità e intradisciplinarità tra. Al contrario, l'opera «intermediale», è modulare epoliedrica; le interconnessioni tra le parti sono stellari, La multimedialità organizzata «per generi» richiede, come le sinapsi nelle reti neuronali. Mentre il program- ovviamente, una preventiva operazione d'ingegneria ma televisivo tradizionale nasce da una scaletta e da una aziendale: questa è una condizione necessaria, ma non sceneggiatura, l'opera multimediale trae la sua origine da ancora sufficiente che, peraltro, presenta numerose diffi- una mappa dei temi, da una materia prima che darà origi- coltà, a causa delle prevedibili resistenze delle direzioni ne, non a una, ma a molte versioni della medesima opera, editoriali. Infatti, lo smantellamento delle attuali «mona- rivolte a pubblici diversi, oppure a uno stesso pubblico di» monomediali (reti televisive e radiofoniche, telegior- perché possa approfondirne i contenuti avvalendosi di nali e giornali radio, ecc.) dovrebbe accompagnarsi a una volta in volta del mezzo di comunicazione piú adeguato.
radicale ridefinizione della progettazione dei programmi, Pertanto un'opera multimediale non avrà un solo sce- dei modelli produttivi, delle procedure burocratiche, del- neggiatore e un solo regista, ma tanti registi e tanti sce- l'uso delle tecnologie e delle figure professionali. In par- neggiatori, quante saranno le versioni dell'opera. E anco- ticolare, queste ultime dovrebbero acquisire, accanto alla ra: la convergenza multimediale partorirà profili profes- tradizionale caratteristica d'interdisciplinarità, una nuova sionali inediti, nei quali convergeranno le competenze prerogativa, l'intradisciplinarità, cioè la dimestichezza di (tecniche e creative) di chi ha lavorato nel mondo della ogni operatore televisivo con i linguaggi e i mezzi espres- rappresentazione analogica79 e le competenze (soprattut- sivi di tutti i media.
to tecniche) di chi ha dimestichezza con il linguaggio dei Inoltre, questi mutamenti, per quanto profondi, sareb- calcolatori. Pertanto il modello classico di lavoro interdi- bero del tutto inefficaci se, contestualmente, non si mo- sciplinare, fondato sulla giustapposizione di diversi spe- dificasse la mentalità di chi dirige e opera all'interno del- cialismi coordinati da un regista, modello che ha con- l'apparato. Chi ha fatto televisione generalista per tanti traddistinto la storia del cinema e della televisione, dovrà anni fa fatica a abbandonare l'attitudine e la pratica della integrarsi con un nuovo paradigma intradisciplinare che monomedialità e a confrontarsi con il satellite e i nuovi incorpori, in una sola persona, una molteplicità di fun- media digitali. Perché dovrebbe abbandonare qualcosa zioni che ruoteranno come satelliti intorno alla compe- che conosce e sa fare, per qualcosa che ignora? tenza principale.
Paradossalmente, quanto piú procedure e modelli or- Le reti televisive: un'astrazione merceologica amministrativi e settori editoriali, comportavano uno sca-dimento sia della qualità (nonostante la cura gelosa degli Non è azzardato immaginare che, nel giro di pochi an- autori), sia della produttività.
ni, gli apparati televisivi che ancora non avranno raggiun- La rivoluzione multimediale non riguarda dunque sol- to la frontiera della vera multimedialità, essendosi attar- tanto i tecnici dell'informatica e i «creativi»80 dei nuovi dati nell'illusione delle giustapposizioni monomediali, si media, ma la struttura stessa dell'azienda, che dovrebbe troveranno ai margini del sistema. essere organizzata come un arcipelago di isole produttive I nuovi vertici della Rai hanno messo in opera un pro- (società operative), coordinate da un centro direzionale cesso irreversibile di razionalizzazione aziendale: cosí la (holding) e interconnesse da un sistema di comunicazio- vecchia Direzione Generale che accentrava su di sé tutti i ne configurato secondo le reali necessità di produzione.
poteri decisionali provocando, per converso, una diffusa Le società operative a carattere editoriale dovrebbero es- «irresponsabilità» nei diversi comparti aziendali, è stata sere organizzate «per generi». Infatti, se è facile immagi- in gran parte smantellata. Nei riguardi dell'organizzazio- nare che «Cinema-fiction» o «Rai Sport» diventino so- ne per «media» o «per generi» è stato tenuto, tuttavia, cietà dai contorni ben definiti, è difficile pensare che una un atteggiamento ambivalente: le reti radiofoniche e tele- rete televisiva possa avere un'evoluzione simile, essendo, visive, strutture portanti del core business, ricalcano an- da un punto di vista merceologico, un'astrazione, niente cora il tradizionale schema organizzativo «per media» di piú che un marchio, in quanto il vero patrimonio di ma, contestualmente, sono stati creati nuovi comparti or- un'azienda televisiva è costituito dal magazzino dei pro- ganizzati «per generi». Questa riorganizzazione dell'a- grammi, dalla titolarità dei diritti, dai mezzi tecnici e di zienda «per divisioni» ha avuto il merito di ricomporre trasmissione, dagli immobili e, non ultimo, dal suo know- in un unico luogo (la divisione aziendale) le tre fasi che how. Com'è possibile assegnare a una rete televisiva quo- caratterizzano la produzione televisiva: ideazione, realiz- te di questo patrimonio, se nella Rai esso è indiviso e dif- zazione e programmazione. Infatti, storicamente le dire- ficilmente divisibile tra le direzioni editoriali? zioni editoriali della Rai erano nettamente separate dallestrutture di supporto che gestivano il personale, i mezzidi produzione e il budget. Il modello di riferimento era Dall'analogico al digitale: una frattura epistemica quello dei ministeri, nei quali l'organizzazione è subordi-nata alle competenze burocratiche dei singoli comparti e Consideriamo ora l'aspetto tecnico della multimedia- non agli obiettivi da raggiungere. Ne conseguiva una lità. Cominciamo con l'osservare che l'universo dei mezzi chiusura corporativa, dove gli adempimenti procedurali di comunicazione di massa si è storicamente configurato di ciascun settore erano fine a se stessi e preminenti sullo nel modo che conosciamo anche – e forse prima di tutto scopo del progetto (realizzare un programma di servizio – per una ragione d'ordine materiale. La carta sulla quale pubblico, che avesse successo, costasse poco e fosse rea- i libri sono stampati, le onde hertziane che trasportano i lizzato nei tempi previsti). Viceversa, gli autori del pro- suoni e le immagini della televisione, la tela dei dipinti e dotto televisivo avevano di mira solo la buona fattura del- la celluloide dei film sono assolutamente incommensura- l'opera e sottovalutavano i problemi d'amministrazione bili. Nel mondo analogico, la trasposizione di contenuti e delle risorse e del budget. Quest'irresponsabilità diffusa e linguaggi da un medium all'altro, come pure la loro con- reciproca era fonte di sprechi, disorganizzazione e disaf- catenazione (link)81, è pressoché impossibile a causa del- fezione. La rigida compartimentazione dei settori azien- la non-compatibilità dei supporti materiali. Da questo dali e l'esasperata divisione tecnica del lavoro tra settori punto di vista, si può dunque giustificare, per il passato, un'organizzazione degli apparati televisivi «per media» e che impone di riconfigurare l'intero apparato dei mass non «per generi», in quanto non avrebbe avuto senso la media, a partire dalla sua architettura. L'organizzazione commistione di elementi (linguaggi e mezzi espressivi) «per media» delle aziende televisive è figlia del taylori- che non potevano dissolversi l'uno nell'altro per genera- smo applicato all'industria culturale e del determinismo re nuovi composti. tecnologico che concepisce l'evoluzione dei mass media Ma una volta compiuta la «rivoluzione digitale», la come una sequenza lineare scandita dal succedersi di in- compartimentazione dei media all'interno della stessa venzioni e di nuovi strumenti di comunicazione. Al con- azienda, non ha piú ragion d'essere, è ingiustificabile. In- trario, l'organizzazione «per generi», anteponendo i con- fatti ciò che caratterizza il passaggio dall'analogico al di- tenuti alle tecnologie restituisce a queste ultime il ruolo gitale nella sfera dei prodotti culturali, è il loro «distac- che è loro proprio: mezzi, per l'appunto, e non fini.
co» dai rispettivi supporti materiali e la confluenza in ununico supporto virtuale: il «file» numerico. Questa tra-sposizione, che riduce tutte le opere dell'intelletto a se-quenze di numeri, sebbene comporti il rischio di mette-re, per cosí dire, sullo stesso piano, la Gioconda e unapratica ministeriale in quanto «documenti», rende tutta-via possibile la commensurabilità delle une alle altre. Unapoesia, una sinfonia, un quadro, un film, una fotografia eun trattato di filosofia – se già esistenti – possono esseretra loro correlati da un intreccio di rimandi logici ed este-tici, ed essere consultati contestualmente; oppure, posso-no dar luogo a opere per molti media, frutto della com-mistione e della contaminazione di generi, linguaggi, tec-niche e mezzi espressivi diversi.
Finché radio, televisione, giornali, libri, dischi e foto- grafie, sono stati media fortemente strutturati intorno ailoro supporti materiali – al punto che questi ne condizio-navano il linguaggio, i contenuti e le forme della distri-buzione – si poteva ancora concepire la pratica della giu-stapposizione e della stratificazione geologica. Ma dopo la«rivoluzione digitale» quest'atteggiamento «continuista»non ha piú senso, è superato, obsoleto. Infatti, l'avventodel digitale implica non soltanto la nascita di nuovi me-dia (cd-rom, Internet, ecc.) ma, prima di tutto, la digita-lizzazione dell'intero sistema dei mezzi di comunicazio-ne, compresi quelli tradizionali (la televisione italiana saràinteramente digitale entro il 2006). Da questo punto divista, si può dire che è avvenuta una rivoluzione, cioè unarottura tecnologica ed epistemologica che segna una di-scontinuità radicale con il passato, un salto qualitativo Intermedialità e circolazione dei saperi: Multimedialità digitale un rapporto consustanziale La multimedialità dell'editoria elettronica presuppone che l'informazione sia immagazzinata come un insiemeordinato di bit82 e che un opportuno software83 gestiscasia la presentazione dell'informazione, sia i nessi tra lesue varie parti: testo, immagini, suoni. Il supporto origi-nale dell'informazione può essere cartaceo, fotografico,magnetico, ecc., nel senso che l'informazione può esseretrascritta da un libro, per esempio, o da una fotografia oda una videocassetta. Ma se quest'informazione ambiscea diventare un prodotto multimediale, dev'essere «digita-lizzata»84. Inserendo il dischetto cd-rom nel suo lettore o I prodotti culturali sono sempre stati monomediali.
collegandosi con un sito Internet, è possibile stabilire al- Accadeva – è vero – che da un libro si ricavasse un film, cuni collegamenti fra le parti dell'informazione, nel senso che di un'opera teatrale si realizzasse una riduzione ra- che non solo è possibile consultare contestualmente, suo- diofonica o televisiva, che un'opera lirica diventasse un ni, immagini e testi, ma si può anche decidere l'ordine e disco, ma non era questo l'intendimento dell'autore: ogni la modalità di presentazione dei contenuti. La cosiddetta nuovo «prodotto» aveva vita autonoma nel «suo» mezzo, interattività, sulla quale torneremo in seguito, trae note- quello del quale di volta in volta assumeva la forma. vole vantaggio dalla multimedialità. Oggi si parla molto di multimedialità, intendendo realtà Questa multimedialità concentrata in un unico me- diverse, talvolta poco multimediali. La verità è che il termi- dium (cd-rom, Internet, ecc.) è centripeta, in quanto pre- ne «multimediale» è stato per molti anni niente piú che uno suppone la convergenza su un unico supporto digitale di slogan: una parola dai contorni vaghi, che significa troppo prodotti provenienti da molti media. Ma se fosse questa e troppo poco, e che deve il suo successo a un effetto di la multimedialità, anche un libro illustrato, in quanto me- suggestione piuttosto che a una sostanza di contenuti.
scolanza di testi e immagini, sarebbe già multimediale, e Vediamo allora quali possano essere le accezioni della ancor piú multimediale una videocassetta. parola «multimediale» (e «multimedialità»), che è un po' Scherzosamente si può dire che questo modo d'inten- come i vari Zeus di cui parla Cicerone nel De natura deo- dere la multimedialità è da «Guinness dei primati»: il suo rum: c'era quello di Creta, quello Olimpio, e via dicendo, riferimento ideale sono quei bizzarri tentativi di far en- perché ogni città greca che fosse importante voleva avere trare quaranta persone in una Mini minor. il suo Zeus. Per esempio, per le multinazionali delle tele- In realtà un solo fattore, decisamente innovativo, di- comunicazioni «multimedialità» significa la convergenza stingue un cd-rom o Internet dagli altri media: l'iperte- di telefono, computer e televisione. Nell'ambito dell'edi- sto85, un testo cioè organizzato in modo non sequenziale toria elettronica la multimedialità rimanda anch'essa a che consente all'utente una pluralità di accessi e di per- una convergenza, ma di altro tipo: testi, immagini stati- corsi senza un capo e una fine. In genere, definiamo «iper- che (disegni, foto, ecc.) e dinamiche (animazioni, spezzo- mediale» un medium che consenta una navigazione86 per- ni video, ecc.), e suoni sono correlati tra loro e immagaz- sonalizzata, non sequenziale, passando indistintamente zinati in forma digitale in un unico dischetto (cd-rom) o da un testo a un brano musicale, da una fotografia a un in un archivio elettronico accessibile mediante Internet.
La multimedialità di un cd-rom o di Internet è dun- netrazione del mercato che alla compiutezza ed efficacia que una «multimedialità ristretta». Tale multimedialità, del messaggio. Un altro esempio è quello dei «cofanetti» mentre non smentisce l'inclinazione totalitaria caratteri- multimediali nei quali sono combinati videocassette e di- stica dei mezzi di comunicazione di massa (come abbia- spense, floppy disk e riviste, enciclopedia su carta e inte- mo visto nel primo capitolo) è però contraddittoria, per- grazioni su cd-rom. Queste iniziative sono fondamental- ché si annulla in una monomedialità di fatto. D'altra par- mente operazioni di marketing, prive come sono di un te, chi progetta un cd-rom ragiona esattamente con gli progetto culturale organico, e fanno venire in mente le stessi criteri di un autore televisivo, di uno scrittore o di svendite dei coordinati di biancheria o, peggio ancora, le un regista cinematografico, adattando cioè contenuti e vendite in blocco delle fiere di paese. Potremmo chiama- forme dell'opera alla peculiarità espressiva del medium.
re questo tipo di produzione «oligomediale».
E poiché ogni medium ha le sue leggi riguardo alle mo- La multimedialità allargata, quella che opera a 360 gra- dalità di produzione e di distribuzione, riguardo ai costi di su tutto l'universo dei media e produce opere a carat- e ai ricavi e riguardo alla fascia di pubblico, l'opera mo- tere modulare, in cui ciascuna versione interagisce con le nomediale è sottoposta a un ulteriore vincolo, determi- altre, è tutt'altra cosa. Essa richiede un'organicità di pro- nato dalla «natura» stessa del mezzo: un vincolo cosí for- gettazione ancor prima che di produzione, in cui ciascun te da aver indotto McLuhan ad affermare che «il medium medium faccia da volano per gli altri, accumulando e re- è il messaggio». Quindi un'opera, progettata per essere stituendo energia. soltanto un cd-rom, rinuncia in partenza alla formidabile Questa «intermedialità» converge sui contenuti piut- sinergia tra media diversi, che si dispiega in una pluralità tosto che sulle tecnologie: i mezzi di comunicazione sono di moduli in sé compiuti. orchestrati in modo che conoscenze e comunicazioni sidispieghino come in una composizione polifonica, con-sentendo l'incrocio e la sovrapposizione di una pluralità Coerenza dei contenuti e intermedialità di partiture autonome. Per esempio, la versione su video-cassetta o cd-rom di una certa opera avrà una sua com- Ma la multimedialità può anche significare, oltre tutto piutezza, come pure la versione televisiva o quella desti- in senso proprio, esattamente il contrario: la convergenza nata ad essere depositata in un sito Internet. Ma facendo di una pluralità di mezzi di comunicazione per esprimere interagire tra loro tutti questi media, si otterrà un risulta- nel modo piú efficace un unico nucleo di pensiero (o to che costituisce un superamento della somma delle sin- d'informazione). Questa multimedialità può anche essere gole versioni monomediali. definita «multimedialità allargata» o, piú precisamente, In definitiva si può dire che l'«intermedialità» o «mul- timedialità allargata» è la connessione di tutti i media che La produzione di alcune opere d'intrattenimento ci dà vengono fatti interagire fra loro come se fossero nodi di un esempio di approssimazione alla multimedialità allar- un ipertesto.
gata, che sfrutta la sinergia fra i diversi media. Per esem-pio, un film è realizzato contemporaneamente nella ver-sione per il cinema e per la televisione, mentre la sceneg- giatura è pubblicata come libro; inoltre mentre il film vie-ne programmato in prima visione è già possibile acqui- Il concetto d'interattività si trova molto spesso asso- stare un videogioco ispirato alle sue vicende. Tale siner- ciato con quello di multimedialità. La parola che lo espri- gia è piú orientata all'economia di produzione e alla pe- me è oggi alquanto inflazionata, ed è un derivato della parola «interazione», che all'inizio aveva un significato noi la lettura di una poesia o di un testo di filosofia, sono circoscritto alle scienze esatte87. già l'espressione di un incontro tra l'autore e il lettore.
Per analogia, nell'universo informatico, l'interattività Solo apparentemente i libri sono muti, in realtà i loro au- significa l'attività di dialogo fra un individuo e l'informa- tori, anche dopo la loro morte, se i libri sono di valore, zione fornita da una macchina. Un libro, una videocas- dialogano con i lettori, attraverso le loro opere89. Il pro- setta o un film non sono considerati interattivi, perché cesso d'interpretazione del testo è perennemente rinno- presuppongono una passività, per cosí dire, tecnica del- vato e, in questo senso, l'ermeneutica è «interattività» per l'utente, che può comprenderne i contenuti soltanto se consulta il mezzo sequenzialmente, dalla prima all'ultima In secondo luogo, è bene ricordare che la forma piú pagina (o dalla prima all'ultima sequenza). Lette a caso, pregnante d'interattività è quella che si stabilisce fra es- le pagine di un romanzo non manifestano quella compiu- seri umani: un'interattività, in linea di principio, piú inte- tezza di significato che si può cogliere leggendole ordina- ressante, ricca e imprevedibile di quella che si stabilisce tamente. Al contrario, un prodotto autenticamente mul- tra l'uomo e una macchina, magari anche solo per il fatto timediale – o, meglio, «ipermediale» – è, in genere, an- che gli uomini hanno una capacità di mentire superiore a che interattivo: l'utente può definire la sequenza dei bra- quella di un calcolatore. ni e l'articolazione del racconto. In un'opera multimedia- Ma l'interattività che ha maggior valore è quella che le è possibile stabilire un punto di partenza qualsiasi, e ciascuno di noi intrattiene con se stesso, ciò che chiamia- da questo sviluppare un percorso di «navigazione», lun- mo riflessione: quella offerta dai nuovi media è soltanto go il quale la concatenazione degli argomenti, quale che il surrogato di un'intersoggettività in crisi. Il dialogo, la essa sia, ha sempre una sua logica, un significato preciso. lettura, la visione di un film o un programma per compu- L'opera interattiva non postula un senso unico d'uti- ter sono pertanto davvero interattivi se ci inducono a ri- lizzo («senso», nella doppia accezione di direzione e di flettere, a ripensare i nostri convincimenti, i nostri luoghi significato), ed è un po' come il nostro universo, essendo comuni, in altre parole a dialogare con noi stessi. insieme finita ma indefinita. L'interattività sarebbe dun- Quindi la cesura tra passività e interattività, piuttosto que sinonimo di partecipazione attiva, di dialogo, di che all'interno dei media, risiede nella qualità dei conte- scambio: purtroppo il piú delle volte si tratta soltanto di nuti, nell'attitudine speculativa che i contenuti sono ca- una promessa. Spesso lo spazio di libertà di un'opera in- paci d'indurre nella nostra mente. Al contrario, quando terattiva può essere paragonato a quello di un viaggio or- l'interattività promessa da alcuni prodotti ipermediali è ganizzato: è cioè un'interattività povera, con opzioni soltanto un gioco di pulsanti, questo procedere casuale preordinate da uno sceneggiatore multimediale che ra- comporta l'approssimazione e la frammentazione delle giona come l'animatore di un'agenzia turistica. Quest'in- conoscenze: il mouse del computer diventa l'analogo del terattività dovrebbe essere chiamata, piú propriamente, telecomando televisivo, un dispositivo buono soltanto per «interpassività». «farsi del male» (direbbe il regista Nanni Moretti) e sci-volare in una nevrotica coazione a ripetere. Questa critica ovviamente non riguarda le opere di L'interattività è riflessione consultazione – enciclopedie, repertori bibliografici, ecc.
– e le realizzazioni autenticamente multimediali e di buo- Il dialogo con un'opera è un'altra cosa: è innanzi tutto na fattura. Si tratta soltanto di prendere atto del fatto che, un atto mentale che prescinde da pulsanti e menu di op- riguardo alla multimedialità e all'interattività, avviene og- zioni88. Le riflessioni e gli stati d'animo, che suscita in gi qualcosa di analogo a quel che avvenne agli albori del- la scienza. I fenomeni della fisica erano talvolta oggetto Dagli archivi televisivi alle teche intermediali di esibizioni da salotto, si costruivano automi e presepisemoventi. Quei primi esperimenti annunciavano unagrandiosa rivoluzione tecnico-industriale, che avrebbeavuto conseguenze di amplissima portata nella vita quo-tidiana di tutti gli uomini. E la rivoluzione industriale èfiglia della rivoluzione scientifica, preparata dalla rifles-sione di uomini come Cartesio e Galileo, i quali costrui-rono la moderna scienza fondandola sul presupposto chela natura è «scritta in cifra matematica». La matematizza-zione del mondo rese possibile la classificazione degli og-getti e la comprensione delle loro relazioni reciproche.
Allo stesso modo la cifratura in codice binario (o digita-lizzazione) di testi, immagini e suoni annulla, di fatto, La monomedialità e i suoi effetti perversi l'incommensurabilità fisica tra questi mezzi espressivi ecrea il presupposto per una loro interazione, ricca di pro- Tradizionalmente chi lavora per la televisione produce spettive. In altre parole, quando tutti i media saranno di- programmi destinati alla diffusione via etere90: documen- gitali o «digitalizzabili» l'innovazione multimediale avrà tari, spettacoli di varietà, telegiornali, sceneggiati, talk mostrato tutto il suo potenziale di modellazione di una show, ecc. Dopo la trasmissione, si archivia il programma nuova società, probabilmente simile a quello dell'inven- (in una videoteca), ma non il materiale che è servito per zione di Gutenberg.
la sua realizzazione. In altre parole, chi fa televisione sicomporta come un sarto che, dovendo confezionare unvestito, acquista solo il metraggio di stoffa necessario, ebutta via i ritagli. Pertanto, negli archivi televisivi, non si troveranno mai i documenti originari (quello che in gergo si chiama il«girato») utilizzati per descrivere un certo evento storico(i quali, nel tempo, potrebbero risultare di grande inte-resse per gli storici), ma soltanto le sequenze, spezzettate,che il regista ha inserito nel suo documentario d'autore.
La questione non è di poco conto, in quanto gran partedella storia di questo secolo è stata divulgata al grandepubblico, prima ancora che dai libri di testo e dalla sag-gistica, proprio dai documentari (prima cinematografici,poi televisivi). Sono opere fortemente esposte, sul pianointerpretativo, alle sollecitazioni ideologiche e propagan-distiche del committente e, in ogni caso, all'arbitrarietàdel regista. Eventi cruciali di cronaca sociale e politica,che nel tempo assurgono al rango di storia, restano a noisolo sotto forma di ritagli, di schegge di realtà. Le imma- gini del contesto originale, per la loro natura polisemica, ne, il montaggio e l'archiviazione stessa. Se, per esempio, potrebbero oggi (e domani) esser lette in modi diversi: si deve realizzare un documentario su Botticelli, ecco che invece, intrappolate nel contesto narrativo del prodotti una troupe – comprendente il regista, il consulente, tre o finito perdono gran parte del loro valore. quattro tecnici, ecc. – si reca a Firenze e, alla Galleria de- È nota la vicenda del programma televisivo La spinta gli Uffizi, si applica con professionalità a riprendere l'A- dell'autunno, un programma del 1971, condotto da Piero dorazione dei Magi, la Nascita di Venere, la Primavera e le Ottone, sulle lotte sindacali, che nel 1969 avevano scosso altre opere del pittore fiorentino; però trascura la Madon- il paese dalle fondamenta, dando luogo a una travagliata na col bambino e i santi di Giotto, la Battaglia di S. Ro- vicenda politica che, in forme anche drammatiche, si è mano di Paolo Uccello, la Madonna del cardellino di Raf- protratta per oltre vent'anni. Quelle vicende furono do- faello, ecc. perché non riguardano il tema prescelto. Op- cumentate dalla Rai con grande impegno, grazie al lavo- pure, immaginiamo che un telegiornale invii un reporter ro di scrupolosi operatori dell'informazione. Purtroppo, in un paese africano dove è in corso una guerra civile. Il l'intero materiale documentario originale fu mandato al reporter si limiterà a riprendere i luoghi del conflitto con macero, tranne quello inserito nella serie televisiva man- veloci panoramiche e primi piani di grande efficacia. In data in onda. Non è da escludere che qualcuno sia stato fondo si lavora per un telegiornale, che dedicherà all'epi- ben lieto di distruggere quella preziosa documentazione, sodio non piú di due minuti (tanto vale per noi la politi- che però, molto probabilmente, sarebbe andata persa co- ca estera!):in quest'ottica, non avrebbe senso approfon- munque, non esistendo un luogo dove conservarla né una dire l'argomento, per esempio con lunghi piani-sequenza procedura per archiviarla.
e testimonianze sul campo che mostrino le condizioni di Questa stravagante consuetudine di archiviare solo i vita di quei popoli e spieghino le cause remote di quel prodotti finiti è fonte di un paradosso: decine di migliaia conflitto. Queste riprese supplementari, che pure sareb- di programmi, privi di qualunque valore (la cosiddetta tv bero a costo zero, come le tele di Giotto, Paolo Uccello e spazzatura), sono conservati e documentati con ogni cu- Raffaello dell'esempio precedente, non sono realizzate, ra, mentre materiali preziosi, sia sul piano culturale e sto- poiché non si saprebbe come utilizzarle. E se, per puro rico, sia su quello commerciale, vengono distrutti perché caso, venissero filmate, non essendo destinate a entrare considerati scarti, semplici rimasugli.
in un «prodotto finito», finirebbero, gettate alla rinfusa, Il giorno in cui degli extraterrestri, in visita sul nostro in un armadio. Infatti, non essendo destinate alla video- pianeta, volessero farsi un'idea di come la nostra società teca non potrebbero nemmeno essere catalogate.
attuale si rispecchiava nella televisione, non ci sarebbe da Fanno eccezione a questa regola i telegiornali, che ar- stupirsi se rimanessero sconcertati dall'insensatezza e dal- chiviano le immagini a fronte di future necessità, in un'ot- la fatuità dei documenti a cui la nostra civiltà affida la sua tica, tuttavia, piú da giornale-radio «illustrato» che da te- legiornale, con risultati talvolta pochissimo professionali,come quando una voce fuori campo si sovrappone a im-magini risalenti a mesi o addirittura anni addietro senza Per una valorizzazione degli archivi televisivi alcun riferimento alla data in cui quelle immagini sonostate registrate.
La logica perversa che sovrintende all'archiviazione Nella televisione del futuro, invece, che non potrà es- dei programmi televisivi è conseguenza della monome- sere che «intermediale», si produrranno programmi de- dialità, un modo di pensare che condiziona il processo stinati non solo alla televisione, ma a una pluralità di altri produttivo in tutte le sue fasi: l'ideazione, la realizzazio- media; indirizzati non soltanto al pubblico da «cattura- re» giorno per giorno sulle reti generaliste, ma anche al qua e farina dal quale, con l'aggiunta di ingredienti di- pubblico piú motivato delle reti tematiche, dei cd-rom, versi, si ricavano, indistintamente, pane, biscotti, grissini, dei Dvd, di Internet, ecc. Quindi non avrà piú senso una pizze, pasta sfoglia, ecc. Prerogativa di questa materia pri- produzione monomediale, mirata a realizzare solo un pro- ma intermediale è, dunque, la fungibilità, l'adattabilità a gramma per volta e per un solo medium. Non esisterà piú scopi diversi, la disponibilità a combinarsi con altri in- il «prodotto finito», l'opera chiusa della televisione tradi- gredienti. Ma rispetto all'impasto di acqua e farina, che zionale, ma un'opera aperta che, utilizzando una vasta prima o poi viene consumato, la nostra «materia prima», mappa dei temi potrà dispiegarsi su diversi media, com- depositata su un supporto magnetico o digitale, è clona- presi quelli che ancora non sono stati inventati. Questo bile all'infinito. Da essa si possono estrarre frammenti o mutamento di prospettiva inciderà radicalmente sulle interi brani di sequenze video, ma la sua integrità origi- modalità di produzione e, conseguentemente, di archi- naria, fisica, resterà inalterata91.
viazione e acquisizione dei diritti. Ma se i «materiali» sono cosa diversa dai «prodotti fi- Riprendendo l'esempio del Botticelli, nella prospetti- niti» non sono tuttavia informi, né grossolani. La «mate- va dell'intermedialità, non si commissionerà piú un do- ria prima» non è materia «bruta», altrimenti le videote- cumentario, bensí un'opera per molti media, definita da che, il giorno in cui decideranno di accoglierla, diverreb- una mappa dei temi sulla pittura del Rinascimento italia- bero una sorta di torre di Babele delle immagini. I mate- no che conterrà, tra l'altro, anche le opere di Botticelli.
riali devono avere la caratteristica dei semilavorati, cioè Ragionando cosí, il fine ultimo della produzione non possedere, pur nella loro elementarità, un senso compiu- sono piú i programmi televisivi, bensí i materiali, cioè to. I materiali sono, infatti, i mattoni di un edificio inter- quella «materia prima» che, manipolata e arricchita in mediale a struttura modulare, unità di senso che, acco- modo adeguato, servirà per realizzare innumerevoli pro- state e ripetute, consentono di comporre un numero in- dotti finiti per molti media e per pubblici differenziati.
definito di discorsi92. Quindi non si tratta di pensare, a posteriori, a una ver-sione su videocassetta o cd-rom di un programma ideatooriginariamente per la televisione, ma di concepire, fin Gli archivi intermediali dall'inizio, un'opera che si dispiegherà indistintamentesu molti media, senza che vi sia una gerarchia che privile- Abbiamo accennato al problema della produzione di gi un medium rispetto agli altri.
materia prima per opere multimediali. Consideriamo ora Ma l'aspetto piú rilevante di una produzione interme- quali siano i problemi d'identificazione, catalogazione e diale incentrata sulla «materia prima» è, come già in pre- archiviazione dei materiali esistenti, quelli cioè inglobati cedenza abbiamo avuto modo di considerare, la straordi- nei prodotti finiti che – come si è visto – sono gli unici naria economia di scala realizzabile distribuendo i costi ad essere stati archiviati. Fondamentalmente, i prodotti iniziali di tale materia su una pluralità di prodotti.
finiti devono essere scomposti in unità di senso: ma que-sto non significa che essi debbano essere materialmentesmembrati o che si debba rinunciare ad archiviare i pro- La «materia prima» grammi come tali. Il criterio di catalogazione sarà quellodelle scatole cinesi, con unità di senso piú grandi che al Si è parlato di materia prima. Per spiegare che cosa loro interno contengono unità di senso elementari, aven- s'intenda con questa espressione ci sembra calzante, per do l'accortezza di scrivere sulla scatola piú grande il con- quanto prosaico, un esempio culinario: l'impasto di ac- tenuto delle scatole piccole che contiene. Si tratta dun- que di assegnare a ciascuna unità di senso una «etichet- poesie. In tal modo quello che era un semplice magazzi- ta»93 elettronica. L'architettura informatica delle media- no, si trasformerebbe in un immenso cd-rom composto teche, composte sia di prodotti finiti che di materiali, può da decine di migliaia di moduli concettualmente interre- essere paragonata a quella di un cd-rom o di Internet, la lati tra loro. Questo nuovo ordinamento dei materiali cui consultazione procede mediante l'attivazione di lega- consentirebbe, da una parte, di raccogliere una grande mi ipertestuali (collegamenti o link)94. quantità di prodotti, finora inerti, da mettere sul mercato In effetti, non è facile standardizzare un criterio per come semilavorati, in kit di montaggio, dall'altra, di dare l'archiviazione dei materiali delle videoteche. Infatti le impulso alla creazione di nuovi programmi e prodotti per immagini, molto piú delle parole, presentano una molte- molti media (cosa che nell'attuale situazione è pressoché plicità di significati, talora sfuggenti e interpretabili di- versamente. Gli autori, nel fare il montaggio, non si sono Questa riconfigurazione degli archivi televisivi, in fun- posti il problema di un'eventuale scomposizione modu- zione dei materiali, è una tappa necessaria nel passaggio lare delle sequenze, mentre l'individuazione di un pezzo dalla produzione monomediale a quella intermediale. Ma significativo, in sé compiuto, presenta una certo grado è anche un modo di dar nuova vita alle videoteche. I pro- d'aleatorietà. Quest'arbitrarietà delle immagini rende grammi trasmessi, soprattutto quelli a utilità immediata – complessa anche l'opera di semplice selezione. Come si che sono la maggioranza nelle televisioni generaliste – fi- misura il «valore» di una sequenza di immagini, per sta- niscono sepolti nelle teche in attesa di morire, di diventa- bilire se convenga catalogarle o no? Se il criterio è quello re polvere. Al contrario, introdotti in un archivio iperme- del valore contingente, cioè quello del momento in cui le diale, possono manifestare molteplici unità di senso, che immagini sono state trasmesse, chi ci assicura che fra restavano ignorate finché erano imbalsamate nel prodot- qualche anno quelle immagini, che oggi consideriamo in- to finito, catalogato esclusivamente come tale. significanti, non assumano un'importanza straordinaria,non solo per il grande pubblico, ma addirittura per glistorici? I diritti per tutti i media Infine, una considerazione di ordine commerciale: gli archivi televisivi sono solo l'insieme dei programmi tra- La questione dei diritti intermediali (cioè per tutti i smessi, consultabili mediante un data base, organizzati media), merita una considerazione a parte. Prendiamo secondo una logica che potremmo definire di «magazzi- per esempio gli archivi della Rai: mezzo milione di ore di no», cioè di pura conservazione. Ma se ci poniamo in una televisione e trecentomila di radio. Ebbene, di quest'im- prospettiva di valorizzazione degli archivi, la logica del menso patrimonio la Rai detiene a malapena i diritti per «magazzino ordinato» non è piú sufficiente. È necessario le reti generaliste, ma non, nella maggior parte dei casi, i procedere a un'organizzazione di secondo livello che tra- diritti per la tv satellitare, le videocassette, i cd-rom, In- sformi le singole unità audiovisive in prodotti semilavo- ternet, ecc. La causa di questa gravissima limitazione che rati. Per esempio, le oltre cinquemila pièces teatrali con- immiserisce e svaluta, di fatto, decine di migliaia di pro- servate nelle teche della Rai, acquisterebbero un valore grammi radiotelevisivi sta, per l'appunto, in una conce- culturale ma anche commerciale, se organizzate, virtual- zione «monomediale» della produzione che ha informato mente, in collane per argomenti, autori, correnti artisti- di sé anche il modo di fare i contratti. Sarebbe costato che, ecc. Analogamente, si potrebbero estrapolare da tut- poco o nulla, venti o trent'anni fa (quando già s'intrave- ti i programmi culturali, sequenze in cui i maggiori poeti deva lo sviluppo dei nuovi media), acquisire da attori, re- del nostro secolo parlano di se stessi o recitano le loro gisti, conduttori, direttori d'orchestra e orchestrali, i di- ritti per la commercializzazione dei prodotti realizzati con il loro contributo. Ma poiché era invalsa la concezione«monomediale» che ciascuno produceva per il propriomezzo di comunicazione (tipico caso di un mezzo che di-venta un fine), nessuno ha mai pensato d'inserire nei con-tratti di scrittura artistica – e addirittura in quelli dei pro-pri dipendenti – una clausola che prevedesse la titolaritàdella Rai sui diritti per tutti i media. Nel 1987, anno dinascita dell'Enciclopedia multimediale delle scienze filoso-fiche fu messa a punto, dall'ufficio legale, dopo non po-che insistenze e incomprensioni, una liberatoria per tuttele prestazioni concesse (da filosofi intervistati, intervista-tori, registi, attori, traduttori, musicisti, ecc.) che consen-tiva alla Rai il pieno utilizzo dei prodotti su tutti i media, Le «news»: un mondo in frantumi quelli esistenti e quelli che ancora dovevano essere inven-tati. Quel precedente ha lentamente fatto scuola e oggi, In un paese nel quale il numero di cittadini che leggo- finalmente, la consapevolezza di dover acquisire i diritti no i giornali è in costante diminuzione, l'informazione per tutti i media è sufficientemente diffusa.
televisiva assume un valore straordinariamente e perico- La produzione per molti media è appena iniziata e tan- losamente importante, se si pensa che la stragrande mag- te sue implicazioni sono ancora da scoprire. Ma il discor- gioranza delle persone costruisce la sua visione del mon- so sui «materiali», che pure merita ulteriori approfondi- do, della politica e della società quasi esclusivamente sul- menti, riveste un carattere di particolare urgenza. Infatti, la base delle notizie dei telegiornali e sulle dispute dei il patrimonio basilare di un'azienda televisiva è il suo ma- talk show. Consapevole di questo «privilegio», l'informa- gazzino; ma se esso è privo di valore aggiunto, inutilizza- zione televisiva, pubblica e privata, ne ha approfittato au- bile per tutti i media e inadeguato per la produzione mul- mentando progressivamente la sua offerta. Ma piuttosto timediale; se, insomma, non è altro che un deposito di che svilupparla con rubriche d'inchiesta e d'approfondi- prodotti «finiti» (cioè morti!), piuttosto che un segno di mento, l'ha accresciuta in ampiezza: il numero dei noti- ricchezza, potrebbe diventare una fastidiosa zavorra.
ziari è aumentato ma la loro qualità, anche se non è peg-giorata, è rimasta piú o meno quella di un tempo. I tele-giornali hanno spalancato una finestra sul mondo per cen-tinaia di milioni di cittadini; le inchieste televisive hannomostrato la complessità e la contraddittorietà del nostrotempo, i progressi della scienza, costumi e mentalità d'al-tri popoli, realtà sociali sconosciute e tremende, eventistorici che accadevano, in diretta, sotto gli occhi di tutti. Malauguratamente, questa straordinaria funzione so- ciale della televisione è andata progressivamente sceman-do, con la parziale eccezione dei telegiornali della tv pub-blica che hanno sostanzialmente conservato la loro fun-zione di strumenti d'informazione attendibili e puntuali.
Tuttavia, anch'essi hanno pagato il loro tributo alla pub- l'evento balza in primo piano: gli inviati speciali raccol- blicità emulandone parzialmente il linguaggio e riducen- gono, sul posto, tutti i particolari, anche i piú insignifi- do il criterio della qualità a un unico parametro: il nume- canti. Notizie di fatti analoghi, di scarsa rilevanza, che ro dei telespettatori. Anche per misurare l'obiettività dei mai avrebbero trovato spazio in altre occasioni, trainati telegiornali si usa un criterio puramente quantitativo, cal- dall'evento principale, assumono un'importanza spropor- colando tout court i tempi di presenza in video dei lea- zionata. Si ha l'impressione, secondo i casi, che l'intero der politici, un tempo calcolato indipendentemente dalla paese sia infestato da pedofili o che vi sia una moria di «qualità» del loro apparire, proprio come accade per il drogati per overdose oppure che, per strane combinazio- resto della programmazione. Il ritmo delle notizie dei te- ni degli astri, tantissimi operai muoiano in quei giorni per legiornali è sempre piú sincopato e gli aspetti formali – incidenti sul lavoro. Queste notizie assumono, con il pas- anchorman, scenografia, grafica, – assumono un rilievo sare dei giorni, le caratteristiche di una telenovela o di un sproporzionato rispetto ai contenuti. romanzo d'appendice. Poi, all'improvviso, come se quel Le notizie, perché veramente possano dirsi «compre- «racconto» fosse ormai concluso, le notizie spariscono se», dovrebbero essere contestualizzate, inquadrate in un dai telegiornali, come se da un certo punto in poi nessu- paradigma interpretativo, commentate da opinionisti di no piú morisse per droga o sul lavoro e i pedofili si fosse- differenti tendenze e, soprattutto, verificate alla fonte.
ro tutti ravveduti. La colpa di questo comportamento ab- Sennonché la presenza dei giornalisti sul posto richiede- norme dei telegiornali non è ascrivibile immediatamente rebbe una struttura organizzativa e redazionale i cui costi ai giornalisti. I telegiornali, per la loro stessa natura, non sono molto superiori a quelli di una redazione interna possono far altro che mostrarci un mondo in frantumi.
che si limita a elaborare le notizie d'agenzia, corredando- Schegge di notizie sui fatti piú disparati si giustappongo- le, tutt'al piú, con l'intervista all'uomo politico di turno.
no le une alle altre e rimbalzano, sempre uguali, da un Perciò avviene – sempre piú spesso – che i giornalisti si notiziario all'altro come in una sala degli specchi. Le si- trasformino in esperti di packaging: impacchettano e im- tuazioni sociali perdono il loro carattere di svolgimento, ballano prodotti – le notizie – spesso senza poterne ac- di processo dinamico, per cristallizzarsi nelle fugaci noti- certare la consistenza.
zie di cronaca, in una lunga e accidentale sequenza di fo- Un altro limite dell'informazione televisiva è la con- centrazione di tutte le notizie nell'imbuto dei telegiornalisenza che vi siano altri spazi di palinsesto dove approfon-dire, analizzare e, soprattutto, mostrare i fatti che acca- L'inchiesta televisiva e il suo declino dono. L'affollamento delle notizie nello spazio necessa-riamente angusto dei Tg, congiunto all'inevitabile ten- Si usa affermare che un buon giornalista deve separa- denza a enfatizzare i fatti di cronaca che suscitano mag- re la notizia dal commento in modo che il lettore possa giore impressione, genera talvolta pericolosi effetti di di- distinguere il fatto dall'interpretazione, necessariamente storsione della realtà. soggettiva, dell'autore dell'articolo. L'informazione tut- Consideriamo il caso di alcune piaghe sociali, come la tavia non è fatta solo di notizie e opinioni, ma anche di morte per droga, i delitti di pedofilia, gli incidenti stra- ricostruzione minuziosa di situazioni spesso contraddit- dali e quelli sul posto di lavoro. Sono fatti che si ripeto- torie, di risvolti inquietanti e per ciò stesso volutamente no, con inesorabile puntualità, tutti i giorni e, per ciò stes- occultati, di contesti sociali e politici piú ampi, in cui i so, non fanno notizia, a meno che non si caratterizzino singoli fatti devono essere inquadrati perché possano es- come particolarmente toccanti o violenti. In questi casi sere correttamente compresi; di paradigmi interpretativi che consentono di decifrare la concatenazione di eventi televisivo con il suo ingombrante terranova, oppure che all'apparenza accidentali e fine a se stessi. Questo ap- si trovi a discutere d'importanti riforme costituzionali profondimento è possibile soltanto con l'inchiesta gior- con una famosa soubrette, sua sedicente ammiratrice. nalistica, che mira a svelare la realtà dei fatti, a togliere, Insomma, con l'affermarsi delle trasmissioni meno im- cioè, letteralmente il velo d'ovvietà che ricopre le cosid- pegnative – e soprattutto meno costose – imperniate sul- dette news; oppure mira a mettere in luce avvenimenti di la figura del «giornalista-giornalaio», secondo la famosa cui s'ignora l'esistenza. Ma un'inchiesta è anche un cam- espressione di Funari, siamo di fronte al classico esempio panello d'allarme perché siano posti all'ordine del gior- della moneta falsa che scaccia quella buona. Non biso- no eventi la cui gravità è minimizzata proprio dalla loro gna, infatti, dimenticare che i documentari cinematogra- familiarità, dal fatto che, accadendo tutti i giorni, non fici a sfondo sociale – palestra dei giovani registi del neo- fanno piú notizia. In definitiva l'inchiesta è lo strumento realismo nell'immediato dopoguerra – e le inchieste tele- che consente di cogliere, nella ricostruzione meticolosa visive degli anni seguenti, avevano saputo raccontare la di un episodio di cronaca, l'aspetto universale di una storia del nostro paese, dando la parola a protagonisti e realtà attuale.
vittime, penetrando nelle pieghe della società civile per Purtroppo dal palinsesto della televisione pubblica è mostrarne tanto il mutamento contraddittorio, tumultuo- stato espunto – ormai da vent'anni – l'unico strumento so e spesso violento, quanto i sostanziali progressi.
che poteva descrivere e mostrare la realtà sociale nella Un fenomeno del tutto analogo si manifesta nel mon- sua complessità, oggettività e contraddittorietà: l'inchie- do della carta stampata, dove l'introduzione delle tecno- sta giornalistica a sfondo sociale, un genere che aveva logie informatiche, piuttosto che aumentare la qualità del- contraddistinto positivamente la Rai degli anni '60 e '70, l'informazione, è servita soltanto a «ottimizzare» i tempi anche per la serietà e il coraggio civile dei giornalisti e e i costi del lavoro giornalistico, con la conseguenza che dei registi di quegli anni. il cronista è sempre meno presente nei luoghi in cui i fat- Con il declino dell'inchiesta televisiva è cominciata la ti avvengono. Perciò attinge le notizie dalle agenzie, qua- sistematica «spettacolarizzazione» della realtà: la vita si mai potendo verificarne la fonte primaria e, quindi, pubblica è presentata come una lunga sequenza di strip- l'attendibilità e la portata. Questo «giornalismo da scri- tease dell'anima, di aneddoti e confessioni sulle miserie vania» ha, di fatto, provocato il declino delle grandi in- della vita quotidiana che indulgono piú all'emotività che chieste affidate a inviati speciali e a firme prestigiose: un alla consapevolezza razionale dei grandi motori sociali genere troppo costoso che ormai trova spazio, sporadica- che condizionano la vita degli individui. Di fatto, l'in- mente, soltanto in alcune testate a grande tiratura. chiesta è sostituita dai talk show che, tranne qualche lo- La «morte» dell'inchiesta – nella televisione e nei gior- devole eccezione, prendono a pretesto l'attualità politica nali – ha provocato un danno gravissimo: non potendosi e sociale per organizzare negli studi televisivi (cioè lonta- piú rispecchiare e riconoscere nelle inchieste sociali dei no dai luoghi in cui i fatti accadono e dai loro protagoni- media, la società civile è stata colpita da una profonda sti), passerelle d'opinione e risse a buon mercato tra «pro- crisi d'identità che non può essere surrogata dai numeri fessionisti» del video che ricordano, in sedicesima, i reto- asettici delle statistiche e soprattutto dai sondaggi d'opi- ri e i sofisti che girovagavano per le città dell'Attica e del- nione in tempo reale, moneta altrettanto falsa usata abi- la Magna Grecia ai tempi di Platone, mandandolo in be- tualmente nei programmi televisivi in chiave spettacola- stia. Nei talk show della tv pubblica, che spesso accam- re. Ancora piú gravi sono le conseguenze per le giovani pano la pretesa di essere programmi culturali, può acca- generazioni le quali, private di uno strumento che mostri dere che un segretario di partito si presenti nello studio in maniera attendibile la loro condizione e il contesto so- ciale in cui esse vivono, finiscono, in mancanza d'altro, sione commerciale, infatti, non è interessata, oggettiva- per identificarsi con gli stereotipi della pubblicità e con mente, a questo genere di programmi che oltretutto com- quelli dei fatti di cronaca, dove fa notizia chi getta sassi porta tempi lunghi di realizzazione e richiede l'apporto dai cavalcavia o si schianta sulle strade la notte del saba- di registi e giornalisti altamente specializzati. Al contra- to. Sono gli stessi giovani che, a causa di una televisione rio, per la televisione pubblica l'inchiesta sociale è un do- che ha rimosso la storia sociale, rischiano seriamente di vere, se non addirittura un obbligo, e come tale dovreb- diventare come quei vecchi arteriosclerotici che conser- be essere indicato nel contratto di servizio tra lo Stato e vano la memoria del passato remoto ma ignorano ciò che la Rai, al pari dell'informazione parlamentare. Infatti, non è accaduto nel passato recente e, soprattutto, ciò che ac- vi è strumento piú efficace dell'inchiesta televisiva, rea- cade, oggi, intorno a loro. Oltretutto, i giovani non han- lizzata sul campo, per conoscere la realtà nella quale sia- no piú la possibilità di apprendere alcunché nemmeno mo immersi. L'inchiesta è uno strumento di conoscenza dalla strada, perché le strade sono ormai non piú luogo utile non solo per i cittadini, ma anche per il governo e pubblico d'incontro, ma percorsi d'interconnessione di per l'opposizione che, non di rado, in mancanza di stru- menti d'indagine che mostrino la realtà nella sua concre- Il declino della dimensione pubblica della vita sociale, tezza, si trovano costretti ad affrontare i grandi temi so- genera una falsa prospettiva che impedisce di cogliere la ciali lasciandosi influenzare dai luoghi comuni e da stati- varietà dei fenomeni e la loro consistenza. Per esempio, stiche spesso manipolate.
un cittadino che vive in un quartiere residenziale o in unacittadina di provincia del Nord, non ha quasi mai l'op-portunità di fare esperienza diretta del degrado delle pe- La difficile ricerca dell'obiettività riferie urbane delle grandi città o della disperazione deigiovani meridionali in cerca di lavoro; né, per lo stesso Di là dai motivi strutturali che hanno provocato il de- motivo, egli può rendersi conto dei progressi, dei cam- clino dell'inchiesta televisiva come genere, occorre segna- biamenti radicali, talvolta epocali, che stanno ridisegnan- lare la presenza di un fattore d'ordine ideologico che ne do la fisionomia dell'Italia. Sappiamo dalle statistiche uf- ha accentuato la crisi. L'inchiesta sul campo, uno stru- ficiali che il nostro paese conta nove milioni di poveri.
mento che affonda le sue origini nella sociologia accade- Quelle stesse fonti ci dicono, altresí, che siamo il sesto mica, presuppone che la situazione su cui s'indaga abbia paese industrializzato del mondo. Com'è possibile conci- una sua oggettività, che vi sia cioè una realtà di fatto, ma- liare questi due dati, peraltro veritieri, in assenza di stru- gari contraddittoria, volutamente occultata o semplice- menti in grado d'immergersi in questa complessa rete di mente confusa, che tuttavia può essere compresa e spie- dinamiche sociali, di situazioni in movimento, di nuove e gata in modo univoco, razionale e obiettivo. Purtroppo feconde contraddizioni che si confondono e si scontrano questa banale considerazione si urta contro un pregiudi- con quelle antiche? Già la semplice osservazione di un fe- zio fortemente radicato tra i giornalisti d'ogni tendenza, nomeno non è sufficiente per comprenderne il vero signi- sia della carta stampata sia della televisione, secondo il ficato; figuriamoci quale idea ci si possa fare di una realtà quale «l'obiettività non esiste». Quest'asserzione è, per preclusa alla nostra vista, e la cui unica rappresentazione molti giornalisti, vera e ovvia come i precetti di Galeno ci è data da sondaggi contrastanti e desolanti statistiche! per i medici del medioevo. E come l'obbedienza ai po- Il consueto raffronto tra televisione pubblica e televi- stulati galenici frenò lo sviluppo della medicina per piú sione commerciale è in qualche misura improponibile, se di mille anni e costò alla civiltà occidentale decine di mi- fatto con riferimento al genere dell'inchiesta. La televi- lioni di decessi, altrettanto nefasto appare, per la crescita della coscienza civile, il dogma del relativismo assoluto gli eventi umani si susseguirebbero in modo accidentale applicato all'informazione. e arbitrario, privi di senso e fuori d'ogni logica. L'obietti- Questo modo diffuso di pensare è alquanto bizzarro e vità non esisterebbe, perché, semplicemente, non esiste- autocontraddittorio. Potrebbero, infatti, esistere profes- rebbe una realtà oggettiva da comprendere. La negazio- sori di matematica se la matematica fosse un'opinione? ne dell'oggettività comporta, nell'informazione e nella vi- Certamente no! Per analogia, potrebbero esistere giorna- ta politica, conseguenze piú gravi di quanto non sembri a listi se tutti gli accadimenti fossero opinabili e privi di prima vista. Lo scontro per giungere a svelare la verità si una loro consistente, intrinseca verità, magari irraggiun- trasforma, infatti, nello scontro intorno alla verità: chi ha gibile, come l'infinito cui tende una serie matematica, che piú potere detiene la verità, poiché la impone come tale e pure definisce un numero? Certamente no! Inoltre, poi- riduce al silenzio la verità degli avversari che, seppure ché la completezza è il valore fondamentale su cui poggia avessero la facoltà di manifestarla, comunque non ver- la deontologia del giornalista, tutto farebbe pensare che rebbero creduti.
la ricerca della verità sia la prima delle sue preoccupazio- Che questa tesi spesso risponda a una realtà di fatto ni. Infatti, come può considerarsi completa una notizia sarebbe ingenuo negarlo. In un mondo in cui i conflitti senza la verità? E invece no: un articolo di giornale o un di potere devono fare i conti con le opinioni dell'eletto- servizio televisivo è considerato completo solo se riporta rato, i mass media sono un poderoso instrumentum regni le opinioni di tutti i protagonisti di un evento. Insomma, e la propaganda, ancora per molti lustri, sarà indissolu- secondo un diffuso pregiudizio, la completezza del- bilmente legata al farsi della politica e dell'informazione. l'informazione consisterebbe nella somma delle singole Non vi è dubbio che la tensione verso la verità, impli- faziosità. Conseguentemente, il cittadino informato non ca fatica, impegno, rischio personale, notevole compe- sarebbe colui che ha conosciuto la verità di un certo even- tenza e conoscenza approfondita degli eventi e del loro to, ma quello che ha avuto la pazienza di farsi un quadro contesto; in altre parole, implica una salda professiona- completo delle opinioni riportate in tutti i quotidiani e lità giornalistica. Ma che si faccia di tutto per offuscare la telegiornali, sommando le diverse partigianerie, come se verità e la realtà concreta delle situazioni, non vuol dire non esistesse la verità, ma ci fossero tante verità quanti che l'oggettività non esista. Perché se vi è una realtà dai sono gli interessi delle parti in gioco. Ma l'opinione, la contorni precisi, se vi sono processi storici che hanno una doxa, è, per definizione, soggettiva, di parte, opinabile logica e un senso, se vi sono fenomeni di lunga durata per l'appunto. Essa è il contrario della verità oggettiva nella storia tali da precostituire in larga parte gli eventi futuri, se vi è insomma una realtà storicamente determi- La convinzione che l'obiettività non esista affonda le nata nella sua oggettività, perché mai nel lavoro giornali- sue radici nella Grecia del v secolo a.C. Valgano come stico non avrebbe senso la ricerca della verità? esempi il brutale realismo politico degli ateniesi nei con-fronti degli abitanti dell'isola di Melo, descritto da Tuci-dide nella Guerra del Peloponneso; le argomentazioni di Il giornalista: una coscienza infelice Protagora sulla relatività d'ogni cosa; la tesi del sofistaTrasimaco nella Repubblica di Platone: «La giustizia è so- In base a quali criteri la professione del giornalista po- lo l'utile del piú forte». In epoca moderna la sfiducia nel- trà dirsi oggettivamente attendibile? Walter Lippmann, il l'obiettività trova espressione nel contrattualismo liberale celebre giornalista statunitense, in un saggio scritto all'i- e in un certo storicismo, ma trae forza soprattutto da una nizio degli anni '20 prescrive la seguente regola: «La fun- concezione irrazionalistica della storia, secondo la quale zione di una notizia è segnalare un evento». Il difetto di questa regola è che, per allontanare il pericolo della sog- si colloca e gli effetti possibili che essa produrrà». È indi- gettività, esclude il contesto, cioè quel complesso di si- spensabile, naturalmente, segnalare anche l'autore dell'e- tuazioni, dinamiche sociali, valori e personaggi in cui vento e la fonte della notizia, non trascurando la possibi- quell'evento si colloca. In sostanza il giornalismo si ridu- lità che l'evento sia proprio la diffusione della notizia, in- ce alla cronaca degli avvenimenti. dipendentemente dalla sua veridicità. Per intendere la portata della regola di Lippmann, im- Possiamo concludere affermando che, se è difficile co- maginiamo due giocatori che disputano una partita a scac- gliere la sostanza delle cose – la «verità» della notizia – chi nella sala riservata di un grande albergo. Nella hall, non per questo essa non sussiste, e non per questo pos- una schiera di giornalisti attende informazioni sull'anda- siamo sentirci esentati dal dovere di cercarla. D'altra par- mento dell'incontro. Di tanto in tanto uno dei giocatori te, non esiste disciplina, scienza o professione, che possa esce dalla stanza e comunica ai giornalisti la mossa ese- definirsi tale, che non abbia un campo d'azione oggetti- guita. I cronisti si precipitano all'esterno dove il pubblico vamente definito. Se tutto fosse aleatorio, accidentale e è in attesa: «Il cavallo è stato mosso in d3», annunciano.
soggettivo, sarebbe impossibile ogni conoscenza e ogni La notizia è esatta, l'evento è stato segnalato e sarà suc- orientamento nell'azione. Essere una «buona penna», un cessivamente confermato dall'altro contendente. Ma che «giornalista d'assalto», un polemista dalla sferzante iro- cosa significa che il cavallo è stato spostato in d3? Evi- nia, «quasi-uno-scrittore» non significa essere un buon dentemente nulla, se non s'inquadra questa mossa nel giornalista: la funzione del giornalista è molto piú nobile, contesto in cui essa è stata effettuata. Chi ha fatto la pri- consistendo nella ricerca faticosa, intelligente e rischiosa ma mossa? Quali sono le strategie messe in atto dai due giocatori? Chi si trovava in maggiore difficoltà in quel Queste riflessioni sul ruolo e la responsabilità del gior- momento? Senza le informazioni accessorie, il nucleo nalista dovrebbero essere all'ordine del giorno nel dibat- stesso della notizia perde significato: la mossa del cavallo tito sulla televisione pubblica, la cui legittimazione etico- potrebbe essere difensiva o d'attacco, o anche diversiva, politica non può essere disgiunta dalla sua capacità d'es- perché l'avversario non si accorga di una manovra d'in- sere obiettiva nel mostrare la realtà e nel cercare di avvi- cursione della torre. La notizia, ridotta al solo evento, non cinarsi quanto piú è possibile alla verità. Questi princípi è dunque di per sé significativa, né diverrebbe tale se il dovrebbero ispirare i giornalisti dovunque essi operino, giornalista vi aggiungesse un suo commento personale.
nei giornali come nella televisione commerciale: ma alla Né la notizia guadagnerebbe in obiettività se si riportasse Rai, in particolare, l'attitudine all'obiettività piú ancora il giudizio dei giocatori stessi, poiché uno potrebbe cre- che un principio deontologico dovrebbe essere una vo- dere di essere sul punto di vincere, mentre ha già irrime- diabilmente perso. Potrebbe anche succedere che lo stes-so giocatore che riporterà la vittoria non si sia accorto delsuo vantaggio. Dovrebbe a questo punto essere evidenteche il principio della completezza dell'informazione – in-teso come mero pluralismo d'opinioni – non solo è insuf-ficiente, ma è anche erroneo, perché la realtà che si è an-data obiettivamente configurando prescinde dalla perce-zione che ne hanno i suoi protagonisti. Riformulando latesi di Lippmann potremmo allora dire che: «La funzio-ne della notizia è segnalare un evento, la situazione in cui per gli insegnanti e programmi per le scuole di ogni ordi-ne e grado per diverse ore al giorno. La presenza nel mon-do della formazione extrascolastica si traduce in trasmis-sioni sulle tre reti generaliste della Rai e sul canale satelli-tare Rai Educational, indirizzate a diverse centinaia dimigliaia di cittadini.
Alla luce dell'esperienza maturata da Rai Educational, esamineremo nel seguito di questo capitolo un'interes-sante prospettiva di rinnovamento della televisione pub-blica. Argomenteremo, in particolare, come essa possainsieme svolgere un ruolo istituzionale di sostegno allariforma della scuola (per lo sviluppo di una nuova didat-tica che faccia uso dei nuovi linguaggi audiovisivi e mul- La televisione nella diaspora dei saperi timediali) e operare tipicamente come un'azienda edito-riale presente a pieno titolo, con i suoi prodotti, nel set- La scuola e l'università sono i luoghi d'elezione per la tore dell'educazione permanente e della formazione pro- formazione dei giovani attraverso un'attività didattica or- fessionale. Prima di entrare nel vivo del problema, dob- ganizzata, strutturata e costantemente sottoposta a verifi- biamo però premettere alcune considerazioni di caratte- ca (esami, interrogazioni, compiti in classe, ecc.). re generale.
Ma che cosa accade al di fuori del recinto istituzionale dell'istruzione pubblica? Come e dove si compie l'edu-cazione permanente degli adulti? Attraverso quali strut- Educazione, istruzione e televisione ture, in quali luoghi, secondo quale progetto pedagogicosi realizza la formazione continua, l'aggiornamento pro- Per educazione s'intende lo sviluppo di facoltà e attitu- fessionale, l'apprendimento di un mestiere, di una com- dini, l'affinamento della sensibilità, la trasformazione de- petenza o di una nuova lingua? Chi sono i soggetti depu- gli abiti culturali. L'educazione concerne dunque la per- tati a questo compito e quali sono i risultati complessivi? sonalità, lo stile di vita, il gusto e, piú in generale, i model- C'è qualcuno che è in grado di misurarli, di pianificare li di comportamento di una persona o di una comunità.
questa diaspora dei saperi in uno spazio che ha le carat- Educazione è un concetto piú ampio di quello di istru- teristiche di una terra di nessuno? A queste domande, at- zione, col quale s'intende una serie di attività volte a far tualmente, nessuno è in grado di rispondere esauriente- apprendere un insieme coordinato di conoscenze strut- mente, tanto grande è la frantumazione e l'accidentalità turate. Inoltre, l'insegnamento presuppone la partecipa- che regnano nell'ambito della formazione extrascolastica.
zione attiva del discente e, quindi, una comunicazione in- Rai Educational, il settore educativo della televisione terpersonale con il docente, accompagnata da una forte pubblica, è presente in entrambi questi mondi: quello interazione con aspetti della realtà assunti in forma pro- dell'istruzione scolastica e quello della formazione extra- scolastica. La sua presenza nel primo ambito è regola- A titolo d'esempio, potremmo dire che l'apprendi- mentata da una convenzione con il ministero della Pub- mento del teorema di Pitagora, nel contesto piú generale blica istruzione95, in virtú della quale Rai Educational dell'insegnamento della geometria, attiene alla sfera del- realizza corsi di aggiornamento professionale a distanza l'istruzione, mentre l'apprezzamento di un quadro di Re- noir o l'introiezione di un principio morale, è soprattutto L'intermedialità come strumento pedagogico un fatto di educazione. In altre parole, l'istruzione è unfatto prevalentemente tecnico, l'educazione è un atto emi- La televisione generalista, dunque, è un potente mez- zo educativo pur essendo poco idoneo a svolgere una fun- Vi può essere quindi istruzione senza educazione, ma zione istruttiva; è utile per l'informazione ma non altret- anche un'educazione con un bassissimo tasso d'istruzio- tanto per la formazione. Infatti quando, ai suoi esordi, ne. Inoltre, come vi sono insegnamenti errati e informa- essa ha svolto un encomiabile ruolo pedagogico – basti zioni sbagliate, cosí possono esserci processi diseducativi.
pensare al programma di alfabetizzazione del maestro Date queste premesse chiediamoci quanto la televisio- Manzi Non è mai troppo tardi –, la sua funzione era so- ne generalista abbia, o possa avere a che fare, con l'educa- stanzialmente integrativa e non sostitutiva dell'insegna- zione e con l'istruzione. Nonostante sia uno straordinario mento tradizionale. Non bisogna infatti dimenticare che mezzo d'informazione, la televisione resta comunque – co- quel programma era parte di una complessa struttura or- me abbiamo cercato di dimostrare – un mezzo effimero ganizzativa, disseminata sull'intero territorio nazionale, per definizione, un flusso inarrestabile di immagini e suo- composta da un gran numero di Posti di ascolto televisi- ni che scorrono secondo un ritmo piú idoneo a suscitare vi (Pat) nei quali gli «alunni» si riunivano davanti al tele- emozioni che riflessioni. La televisione generalista è, senza visore insieme a un tutor che, al termine della trasmissio- dubbio, uno straordinario mezzo d'informazione ma, a ne, integrava la lezione televisiva con gli esercizi, le inter- causa della sua essenziale irreplicabilità, può fare ben po- rogazioni e lo studio dei libri di testo. I compiti degli al- co per facilitare l'apprendimento di nozioni complesse.
lievi venivano spediti a Roma, nella sede della Rai di via Apprendere significa, innanzi tutto, padroneggiare il Teulada, per essere corretti da un nutrito gruppo di inse- ritmo dell'apprendimento. Per assimilare una nozione, ho gnanti abilitati96. bisogno dei miei tempi, di poter rivedere una sequenza se Terminata quell'esperienza, la Rai, come peraltro qua- mi sono distratto o se l'ho trovata troppo complessa ri- si tutte le televisioni pubbliche, ha privilegiato l'altra fun- spetto alle mie possibilità di comprensione immediata. Il zione, quella sostitutiva della lezione scolastica, imper- libro, la videocassetta, il cd-rom, Internet mi consentono niata sulla «divulgazione»: una formula vantaggiosa per di tornare sul testo, sulle immagini e sui concetti per tutto chi sa poco o nulla, ma semplicistica e fuorviante per chi il tempo che mi è necessario; la televisione, al contrario, vuole approfondire criticamente le proprie conoscenze.
m'impone la sua durata e, in quanto tale, non è un mezzo Sostituendosi alla scuola, la televisione ne ha anche emu- adatto all'approfondimento di saperi e conoscenze. lato, esasperandolo, il modello di comunicazione con- Nello stesso tempo, però, grazie soprattutto ai pro- venzionale: uno che parla e molti che ascoltano passiva- grammi d'intrattenimento (film, soap opera, varietà e quiz mente. Il conduttore ha preso il posto dell'insegnante, e vari), la televisione svolge una massiccia azione pedago- il documentario quello del libro di testo. Questo model- gica, soprattutto con i programmi d'evasione che veicola- lo, dal punto di vista dell'intrattenimento culturale e no a grandi masse valori, modelli di comportamento e scientifico, ha una sua rispettabilità; anzi i programmi di paradigmi interpretativi della realtà. Né potrebbe essere divulgazione dovrebbero occupare un posto meno mar- altrimenti per un medium cosí autoritario – e quindi au- ginale nei palinsesti della televisione pubblica: occorre torevole – che si rivolge da un solo punto a milioni di riconoscere, tuttavia, che la televisione generalista, da so- persone e che, ancor piú di un maestro severo, non ac- la, non può andare oltre la divulgazione a buon mercato.
cetta repliche.
Per essere partecipe di un processo d'educazione perma-nente e di diffusione del sapere, essa deve compiere una doppia integrazione: da una parte, collegarsi organica- pessimismo non sarebbe cosí perentorio se si conoscesse mente con quelle istituzioni che, per loro natura, sono lo stato della scuola (a partire da quella elementare) negli deputate all'insegnamento (la scuola, le università, i cen- altri paesi. Per citare un solo caso, ricordiamo che alla tri di formazione professionale); dall'altra, interagire con metà degli anni '80 una commissione, nominata dal pre- tutti i mezzi di comunicazione che meglio si prestano al- sidente Reagan, incaricata di saggiare lo stato di salute l'apprendimento (televisione tematica, videocassette, cd- della scuola negli Usa, concluse il suo rapporto con que- rom, libri, ecc.).
ste valutazioni: «Per la prima volta nella storia degli Stati La televisione non può «insegnare», ma certamente Uniti la generazione attuale è piú ignorante di quella pre- può appassionare, interessare, incuriosire i telespettatori cedente. Ma c'è di piú: la crisi in cui versa il sistema sco- ai temi della cultura, dell'arte e della scienza con pro- lastico americano è talmente grave che se una potenza grammi densi di contenuto e, al tempo stesso, accatti- straniera avesse artatamente provocato questo disastro, vanti e suggestivi nella forma, sfruttando, magari, tutti avremmo considerato il danno subíto cosí grave da di- gli ingredienti tipici della tv generalista. Poi, piuttosto chiararle guerra».
che considerare esaurita la sua funzione con questi pro- Lo stesso discorso può valere per la Rai che, spesso, è grammi che, per quanto culturali, sono necessariamente oggetto di critica per la crescente banalità e inconsisten- approssimativi, la televisione educativa dovrebbe andar za dei suoi programmi. Infatti, in termini di qualità, la oltre se stessa, traghettando i telespettatori nei luoghi do- Rai regge bene il confronto sia con le televisioni commer- ve quegli stessi argomenti potranno essere trattati in mo- ciali sia con le altre televisioni europee indirizzate a un do approfondito. Qui sta il senso profondo della «multi- pubblico di massa, compresa la mitica Bbc (anche se que- medialità allargata», la sua consustanzialità con la circo- sto non può e non deve rappresentare un alibi per non lazione dei saperi. Una trasmissione di storia sociale de- innovare e migliorare la qualità dell'offerta).
gli ultimi cinquant'anni del nostro paese, o un program- Il mondo della televisione e quello della scuola, che ma di scienza dedicato all'indeterminismo o una storia attraversano una fase di crisi e di rinnovamento, anche del design italiano del XX secolo, un programma di filo- in nome della missione istituzionale che sono chiamati a sofia o uno dedicato all'alfabetizzazione ai nuovi media, svolgere nell'interesse generale, devono trovare una for- non possono esaurirsi nello spazio esiguo di mezz'ora.
ma di collaborazione per la diffusione di saperi e cono- L'approfondimento di quei temi deve, quindi, trovare scenze nella società di massa. Invece, fino a ieri, si sono spazio su altri media perché solo grazie a quest'intera- fatti concorrenza o, peggio ancora, si sono ignorati: i pro- zione è possibile dispiegare il sapere compiutamente e dotti televisivi (videocassette, audiovisivi, ecc.) non sono svolgere un'azione d'educazione permanente, una fun- mai entrati nelle scuole e, viceversa, il mondo della scuo- zione tanto intimamente legata alla missione della televi- la non è mai entrato nella programmazione della televi- sione pubblica quanto del tutto estranea alla televisione sione, se non in spazi marginali e soltanto per legittimare la funzione di servizio pubblico dell'emittente di Stato.
Spulciando nella videoteca della Rai si può costatare chevi sono piú inchieste sugli ospedali psichiatrici e sulle Scuola e televisione: un'alleanza auspicabile carceri di quante ve ne siano sulla scuola: una rimozioneclamorosa se si pensa che quasi la metà dei cittadini del La scuola pubblica italiana è attraversata da un diffu- nostro paese, in quanto studenti, insegnanti, genitori o so e profondo pregiudizio sfavorevole che, non di rado, parenti, ha a che fare, ogni giorno con i problemi della trova alimento fra gli stessi insegnanti e studenti. Questo Oggi, questa cooperazione che fino a ieri era stata im- cd-rom, Dvd e televisione satellitare, nuovi mezzi di co- possibile, è una realtà: come abbiamo visto, la Rai e il mi- municazione che – orchestrando immagini, testi, voci, nistero della Pubblica istruzione, accantonando esperien- suoni e animazioni – consentono un approfondimento ze fallimentari del passato, hanno gettato le basi per una d'informazioni e conoscenze che nessun medium, da so- stabile e duratura alleanza lo, sarebbe in grado di garantire.
Rai Educational risponde a questo modo originale di concepire la multimedialità come integrazione e intera- Rai Educational: un esempio d'intermedialità zione tra i media: dispone, infatti, di spazi di program-mazione sulle reti generaliste, ma anche di un canale sa- La creazione di Rai Educational segna una radicale tellitare digitale, di un settore commerciale per i prodotti inversione di tendenza. Per oltre vent'anni il settore edu- off-line (videocassette, cd-rom, libri, ecc.), di spazi ra- cativo della Rai (Dipartimento scuola educazione, Dse), diofonici e di molti siti Internet legati ai rispettivi pro- è servito soprattutto a dare una legittimazione di servi- grammi televisivi. Questa struttura intermediale, unica zio pubblico all'azienda, un fiore all'occhiello che si è nel panorama delle televisioni europee, è anche la mani- andato progressivamente appassendo. La presenza del festazione concreta di che cosa sia un'organizzazione «per Dse nei palinsesti delle reti generaliste si è ridotta negli generi» che operi su tutti i media.
anni, finendo con l'occupare le fasce orarie piú margi- Gli autori di Rai Educational non progettano piú pro- nali (la mattina presto e la notte). Non potendo dispor- grammi televisivi, bensí opere per molti-media che sfrut- re di altri media al di fuori della tv generalista, i pro- tano non solo i diversi linguaggi, propri di ciascun mezzo grammi del Dse dovevano conciliare l'apprendimento di comunicazione, ma anche la loro interazione. In tal con l'intrattenimento, compito arduo ed esposto a vari modo, uno stesso tema può esser trattato esaurientemen- pericoli: la banalizzazione dei contenuti, la pedanteria e, te e analizzato criticamente in tutti i suoi aspetti, in diffe- piú spesso, la noia. L'insuccesso della televisione educa- renti versioni della stessa opera. Il risultato di questa con- tiva è stato generale. Non vi è televisione pubblica euro- cezione poliedrica della multimedialità, che abbiamo de- pea che non abbia incontrato le stesse difficoltà. Né po- finito «intermedialità», è una sorta di «giostra» nella qua- teva essere altrimenti, a causa dell'assoluta contradditto- le un medium rinvia agli altri, li alimenta e li promuove: rietà tra le istanze pedagogiche – e mirate a un pubblico una giostra che ruota intorno all'asse della televisione ge- specifico – dei programmi educativi, e quelle spettacola- neralista la quale svolge il ruolo di una vetrina, con lo ri di una televisione che si rivolge alla generalità dei te- scopo d'indirizzare il grande pubblico della televisione lespettatori piú per intrattenerli che per insegnar loro verso i nuovi media (satellite, Internet, cd-rom).
La produzione di Rai Educational risponde, dunque, In questo senso abbiamo parlato di consustanzialità paradigmaticamente alla vocazione etico-politica di un tra «intermedialità» e diffusione dei saperi. Infatti, senza servizio televisivo pubblico, la stessa che ispira e legitti- l'intreccio e l'interazione della televisione generalista con ma la scuola pubblica: formare nei giovani capacità di gli altri media, qualunque tentativo di trasformare la tv giudizio e consapevolezza critica, e offrir loro gli stru- in uno strumento pedagogico, sarebbe destinato a fallire.
menti perché comprendano il tempo presente e apprez- Fino a pochi anni fa, questa «intermedialità» era, di fat- zino l'arte, la scienza e la cultura. La sfida di Rai Educa- to, impraticabile poiché si riduceva alla videocassetta – tional consiste nel far sí che la televisione sia anche un un medium peraltro apparentemente affine al program- veicolo di conoscenza e un mezzo di comunicazione che ma televisivo – mentre ora si può disporre di Internet, interagisce con la realtà, modificandola.
Come abbiamo visto, i programmi di Rai Educational «Carramba», un programma al servizio della didattica possono essere trasmessi sulle reti generaliste e sul canalesatellitare. I primi sono indirizzati non solo agli studenti, Prima di descrivere nel dettaglio alcuni dei progetti di ma a tutti i telespettatori: sono concepiti, cioè, come pro- Rai Educational, che hanno il pregio di incarnare gran grammi di educazione permanente. Sono trasmessi circa parte delle tesi finora esposte (non capita spesso di poter tre ore al giorno. Tali programmi, pur andando in onda mostrare in concreto il valore di una riflessione teorica!), in fasce orarie di basso ascolto, si sono conquistati un lo- val la pena ricordare che la Rai, per dare agli studenti e ro pubblico: tra questi ricordiamo MediaMente97, La sto- agli insegnanti la possibilità di sfruttare pienamente i pro- ria siamo noi, Il Grillo98, Aforismi di filosofia, ecc. Per grammi realizzati in convenzione con il ministero, ha compensare il carattere necessariamente approssimativo provveduto a installare, a sue spese, in cinquemila scuo- – per la natura stessa del medium – dell'approccio televi- le, circa la metà del totale, altrettante antenne paraboli- sivo alla cultura, questi programmi puntano sulla seria- che provviste di decoder digitale. Con una spesa di alcuni lità, che è la piú forte prerogativa della televisione: ogni miliardi, la convenzione è divenuta una realtà: centinaia serie viene trasmessa nell'arco di un anno in oltre cento- di migliaia di studenti, ogni giorno possono finalmente cinquanta puntate con cadenza quotidiana, che diventa- seguire, dalla loro scuola, i programmi a loro dedicati e no oltre duecento, tenendo conto delle repliche estive.
che li vedono protagonisti.
I programmi rivolti strettamente agli studenti e agli in- Le circostanze che hanno reso possibile quest'opera- segnanti sono trasmessi, principalmente, sul canale satel- zione sono anch'esse degne di menzione. La Rai, realiz- litare. In questo caso, non ci si rivolge a un pubblico ge- za, com'è noto, Carramba, un programma di varietà col- nerico da catturare con le forme ammiccanti di spettaco- legato alla lotteria di Capodanno e, per questo, riceve, larizzazione, tipiche della tv generalista (il conduttore fa- dal ministero delle Finanze, parte dei proventi derivanti moso, la scenografia rutilante, il ritmo incalzante, ecc.) dalla vendita dei biglietti. Questi soldi sono destinati, per ma a un pubblico motivato culturalmente. In ogni caso, legge, a finanziare progetti culturali di particolare valore questi programmi non sono un calco della lezione tenuta educativo. Rai Educational, ha utilizzato parte di questi in classe, tanto meno intendono riprodurre la passività proventi per installare le parabole nelle scuole, consen- della televisione generalista. Un canale tematico deve ave- tendo agli studenti di partecipare al programma La scuo- re come sua prerogativa l'interattività. Nel caso specifico, la in diretta, agli insegnanti di ricevere programmi come dunque, non si tratta di fare la versione televisiva di quel- Mosaico e seguire i corsi di aggiornamento, e alle scuole la che negli anni '50 fu La radio per le scuole, ma di ren- di dotarsi di un'aggiornata mediateca. dere studenti e insegnanti protagonisti dei programmi fin Può apparire a prima vista paradossale, ma è proprio dalla loro ideazione. Quindi non un canale per gli stu- grazie a Carramba e alle sue decine di milioni di telespet- denti, ma un canale degli studenti che possono gestirlo in tatori, che la Rai ha potuto riaffermare la sua vocazione prima persona, apprendendo in tal modo, non solo i con- di pubblico servizio con un'iniziativa d'indubbia utilità tenuti specifici del programma, ma anche le tecniche del- la produzione televisiva.
Ecco perché non avrebbe senso separare la Rai in due Da queste considerazioni è nata la linea editoriale di aziende, una, ricca, che realizza programmi per il grande Rai Educational per la scuola che si articola in una serie pubblico, a scopo commerciale, e l'altra, povera, che si di progetti intermediali come Mosaico, La scuola in diret- limita a coltivare, in un angolino, le belle arti per pochi ta e i Corsi di aggiornamento per gli insegnanti.
adepti. Questo è ciò che vorrebbero i proprietari delletelevisioni commerciali, e anche qualche commissario eu- ropeo piú sensibile agli interessi economici dei privati cerca, per materia d'insegnamento, per fasce d'età e per che al futuro politico-culturale dell'Europa. Concludendo, è giusto chiedere che nei bilanci della I filmati di Mosaico sono brevi e non sottraggano trop- Rai si evidenzi chiaramente l'entità dei proventi da paga- po tempo al lavoro di classe, le immagini sono dense di mento del canone e quella dei ricavi pubblicitari. Ciò significato e mostrano i fatti nel loro divenire insieme con premesso, se la Rai utilizza i proventi pubblicitari per mi- i protagonisti, i testimoni e gli esperti. I materiali sono gliorare la qualità dei programmi e non per realizzare pro- presentati anche in lingua originale, selezionati ed elabo-rati in base all'esigenza di contemperare rigore scientifi- fitti, concediamo volentieri che la pubblicità perda quel co e chiarezza di linguaggio, secondo le diverse fasce d'età suo caratteristico alone malefico. La Rai, d'altra parte, dispone per il suo arco di una freccia di legittimazione In un certo senso, questo progetto, già saldamente ra- efficacissima, non potendo assolutamente essere posta, dicato nella realtà (ogni mese arrivano mille richieste e la cosí stando le cose, sullo stesso piano di un'emittente loro crescita è esponenziale) è l'espressione concreta e piú emblematica del concetto di «intermedialità».
Selezionando un titolo del catalogo, appare una sche- da che illustra dettagliatamente, in una decina di righe, ciò che si vede nel filmato. L'insegnante, al termine dellaricerca, sceglie le «unità audiovisive» che ritiene utili per Per vincere l'ostracismo che ha impedito agli audiovi- la sua lezione, e le richiede con la posta elettronica Nei sivi di entrare a pieno titolo nella scuola come strumenti giorni successivi, Rai Educational manda in onda, con al- della didattica è nato, nel 1997, Mosaico, una mediateca meno una settimana di preavviso, sul suo canale tematico per le scuole, che svolge un'attività di formazione e edu- digitale, i materiali richiesti. Ai programmi di Mosaico so- cazione permanente attraverso l'uso integrato dei diversi no dedicate ogni giorno cinque ore del canale satellitare. mezzi di comunicazione. Mosaico è un programma che Per garantire una capillare diffusione del palinsesto di ha lo scopo di fornire agli insegnanti documenti audiovi- Mosaico alcuni quotidiani, settimanali e riviste specializ- sivi che affianchino il libro di testo e integrino le lezioni, zate pubblicano il calendario settimanale del programma per renderle piú attraenti e significative. È una sorta di televisivo, corredato delle schede illustrative di ciascuna video-on-demand, che sfrutta l'interazione di quattro dif- «unità didattica». In tal modo, anche altri insegnanti di ferenti media: Internet, la televisione satellitare, il giorna- quella stessa materia possono registrarsi il programma e le e il videoregistratore. mostrarlo agli studenti nel corso della lezione e, natural- Su Internet è pubblicato un catalogo, sempre aggior- mente, anche negli anni successivi. Grazie a questa «gio- nato, di circa cinquemila titoli ordinati in ventisette ma- stra multimediale», ogni scuola potrà disporre di una ric- terie (il suo indirizzo è: [email protected]). Ad ogni ti- chissima e selezionata biblioteca di immagini al servizio tolo corrisponde una «unità didattica audiovisiva» della di studenti e insegnanti. durata media di circa dieci minuti (integrativa e non so- Questo progetto multimediale ha una vocazione euro- stitutiva della lezione), composta di sequenze tratte da pea perché nasce dall'interazione di Internet (medium film, sceneggiati, documentari, cartoni animati o anche universale) con la televisione satellitare (medium a diffu- da programmi prodotti espressamente dalla Rai su richie- sione continentale). In futuro, per esempio, un insegnan- sta degli insegnanti o del ministero della Pubblica istru- te francese o inglese, potrà consultare su Internet il cata- zione. I titoli sono accessibili, grazie a un motore di ri- logo delle unità didattiche del Mosaico italiano e chiede- re alla Rai che siano trasmesse le unità scelte. Viceversa, cente – in un mezzo di comunicazione, una vera e pro- quando altri paesi avranno il loro Mosaico, gli insegnanti pria agenzia d'informazione, con i suoi corrispondenti lo- italiani potranno richiedere alle altre televisioni europee, cali e i suoi canali di diffusione delle notizie. la trasmissione dei moduli didattici presenti nei loro ca- A questo fine è nato, all'interno de La scuola in diret- taloghi. A tal proposito, Rai Educational ha già avviato, ta, un Tg della Scuola, redatto da un gruppo di studenti attraverso l'Uer (Unione delle televisioni pubbliche euro- che raccoglie le notizie piú importanti della settimana pee), una serie di incontri per giungere alla creazione di dalle agenzie di stampa, dalle scuole e dalle sedi istituzio- una «Eurovisione» dei programmi educativi.
nali: Parlamento, ministeri, Provveditorati, ecc. Le sediregionali della Rai, con i loro mezzi tecnici e i loro redat-tori, sono a disposizione degli studenti per insegnar loro La scuola in diretta il linguaggio e l'uso dei mezzi tecnici necessari per la rea-lizzazione delle inchieste (che saranno poi trasmesse ne- Se Mosaico è un modo per far entrare i programmi del- gli spazi di programmazione di Rai educational).
la televisione nella scuola, La scuola in diretta è un modoper far entrare il mondo della scuola e i suoi protagonistinella programmazione televisiva. La scuola in diretta è I corsi di aggiornamento per gli insegnanti una trasmissione quotidiana della durata di due ore cuipartecipano, di volta in volta, oltre duecento studenti e È noto che i corsi di aggiornamento per gli insegnanti, insegnanti delle diverse regioni italiane, ospiti in diretta, pur rappresentando un indiscusso strumento di innova- degli studi della Rai di Napoli e Milano e, a turno, di tut- zione e arricchimento della didattica, per il modo in cui te le sedi regionali della Rai. Grazie alle cinquemila para- sono organizzati, procurano non pochi disagi agli inse- bole digitali che Rai Educational ha installato nelle scuo- gnanti e agli stessi studenti. Per questi ultimi, in assenza le, gli studenti e gli insegnanti non presenti in studio pos- del professore, s'interrompe, inevitabilmente, la conti- sono partecipare alla trasmissione collegandosi telefoni- nuità della didattica mentre gli insegnanti sono spesso camente o via Internet. Un portavoce del ministro della costretti a recarsi in luoghi lontani dalla loro sede d'inse- Pubblica istruzione è collegato in videoconferenza con gnamento. Inoltre, i risultati di questi corsi non sempre gli studi per rispondere ai quesiti degli studenti.
sono ottimali, anche se il loro costo è spesso elevato.
Il programma realizza una sorta di assemblea perma- Grazie alle cinquemila parabole digitali installate da nente, un luogo dove i problemi della scuola sono discus- Rai Educational, gli insegnanti possono seguire i corsi di si, approfonditi e chiariti. Gli studenti possono interveni- aggiornamento, nelle prime ore del pomeriggio, nello re presentando inchieste televisive e documenti multime- stesso istituto nel quale insegnano, oppure in uno adia- diali realizzati in proprio, anche avvalendosi dell'aiuto cente provvisto di parabola digitale. La lezione a distan- delle redazioni regionali della Rai. Nel 1999 questa tra- za è trasmessa in diretta ed è affidata ad autorevoli do- smissione ha dato a oltre dodicimila studenti l'opportu- centi, che si avvalgono di strumenti multimediali per in- nità di familiarizzarsi con l'apparato televisivo, la sua or- teragire successivamente, via Internet, con gli insegnanti ganizzazione produttiva, le tecnologie e i ruoli professio- e i loro tutor (per esempio, per lo svolgimento di eserci- tazioni o per rispondere a richieste di approfondimento).
Questo progetto s'inscrive in un disegno piú ampio, I corsi, che hanno ancora un carattere sperimentale, se- tendente a far uscire la scuola dal suo isolamento media- condo le previsioni, impegneranno, nel 2000, circa due- tico trasformandola – senza snaturare la sua funzione do- L'«Enciclopedia multimediale delle scienze visive ai piú autorevoli filosofi contemporanei viene vei- colata da tutti i media, chiamati a interagire tra loro inmodo che ciascuna versione «monomediale» dell'opera L'esempio piú significativo di un prodotto di educa- rinvii a tutte le altre.
zione permanente realizzato da Rai Educational è l'Enci- Questa preminenza accordata ai contenuti sulle tecno- clopedia multimediale delle scienze filosofiche, cominciata logie della comunicazione, si è rivelata salutare in un mon- nel 1987 e tuttora in corso di realizzazione. Quest'opera, do in cui queste – dai satelliti ai telefoni cellulari – sono che rappresenta la matrice di tutte le riflessioni teoriche sempre in anticipo su quelli e li sopravanzano, in un mon- che abbiamo svolto in questo libro, è nata da un incontro do in cui quanto piú aumentano le possibilità di comuni- felice tra la Rai e l'Istituto Italiano per gli studi filosofici care tra gli uomini, tanto piú aumenta il rumore di fondo di Napoli, il prestigioso Istituto che ha rinnovato la cen- di una comunicazione insulsa. tralità del pensiero filosofico per la comprensione del Nella costruzione di questa Enciclopedia il problema tempo presente, richiamando, con la sua attività, i mag- principale è stato la compatibilità tra due universi con- giori filosofi, pensatori e uomini di cultura del mondo.
trapposti: quello dei mass media, che rivolgendosi a mi- Quest'enciclopedia ha raccolto intorno a sé oltre otto- lioni di persone non possono che veicolare contenuti su- cento tra i piú autorevoli filosofi, scienziati, economisti, perficiali, e quello dell'alta cultura, circoscritto a un ri- storici e letterati contemporanei di trentacinque paesi dei stretto numero di studiosi e la cui regola è il rigore. Si cinque continenti. L'opera, la cui materia prima è costi- può immaginare quanto sia stato difficile il riconoscimen- tuita da oltre milleduecento interviste-lezioni di un'ora to reciproco e la collaborazione tra questi due universi.
ciascuna, è nata con l'intento di diffondere nel mondo la Scherzando, a chi pensava che per fare una videocassetta conoscenza della filosofia.
di filosofia fosse sufficiente mettere insieme un professo- L'Enciclopedia multimediale delle scienze filosofiche si re di filosofia e un regista, chi scrive era solito rispondere è conquistata negli anni, il patrocinio di autorevoli istitu- che generalmente da quest'incontro prima ancora che zioni e organismi internazionali: l'Unesco, il presidente una videocassetta, bisognava aspettarsi che nascesse dell'Assemblea delle Nazioni Unite, il presidente del Par- una… rissa.
lamento europeo, il segretario generale del Consiglio In concreto, infatti, accadeva sovente che i consulenti d'Europa, il presidente della Repubblica italiana, il Con- filosofici, insensibili alle esigenze del linguaggio televisi- gresso mondiale di filosofia99.
vo, tacciassero i registi di pressappochismo, mentre que- Questa è la prima opera concepita secondo il criterio sti ultimi giudicavano il rigore filologico dei primi come della multimedialità allargata, in un tempo in cui il termi- una manifestazione di noiosa pedanteria. Il guaio era che, ne multimediale era pressoché sconosciuto, i cd-rom non non di rado, sia gli uni che gli altri avevano ragione. In erano ancora in commercio e Internet era uno strumento questo senso, l'Enciclopedia multimediale delle scienze fi- riservato a una ristretta cerchia di ricercatori. Il concetto losofiche è stato un laboratorio di sperimentazione di nuo- di multimedialità che sottende questa realizzazione rap- vi linguaggi, nuove tecnologie e modelli organizzativi.
presentava un rovesciamento del comune modo di inten- Non è quindi azzardato affermare che il progetto edito- dere la multimedialità, ancora oggi dominante (la con- riale di Rai Educational, la sua struttura organizzativa e il vergenza su un unico supporto digitale di prodotti pro- suo modello produttivo, incentrato sulla «intermedialità», venienti da molti media: libro, disco, fotografia, televisio- devono la loro fisionomia a quella esperienza.
ne, ecc.). In questo caso si parte dai contenuti, anziché Da allora sono trascorsi dodici anni nei quali sono sta- dalle tecnologie. Cosí una lunga teoria di interviste tele- te realizzate circa cinquecento ore di programmi televisi- vi, trasmessi sulle reti generaliste della Rai e sul canale sa- tellitare di Rai Educational, e prodotte circa un centinaiodi videocassette di cui l'Unesco cura la distribuzione intutto il mondo, in diverse lingue: inglese, francese, tede-sco, spagnolo, giapponese, coreano, ecc.
Da questo punto di vista, bisogna dare atto alla Rai di essere l'unica televisione al mondo che abbia accolto si-stematicamente la filosofia nei suoi palinsesti e abbia in-vestito risorse nella costruzione del piú grande archiviointermediale sul sapere contemporaneo.
Mentre la televisione commerciale marcia trionfante in tutto il mondo, consapevole dei suoi obiettivi, i servizipubblici radiotelevisivi sono, in tutta Europa, alle presecon una profonda crisi d'identità. Per quanto riguarda laRai, c'è chi vorrebbe venderla ai privati, e chi, al contra-rio vorrebbe ridurla a una televisione pubblica che fa so-lo programmi culturali, quand'anche questa politica do-vesse portarla al 3% di share; c'è chi vorrebbe che i pri-vati si limitassero a entrare nell'azienda con quote di mi-noranza e chi vorrebbe addirittura rinunciare alla con-cessione statale per disfarsi del servizio pubblico, consi-derato un fardello nella rincorsa delle televisioni com-merciali sul loro stesso terreno. Questo ventaglio cosí am-pio di opinioni contrastanti non è, purtroppo, una mani-festazione di sano fermento politico-culturale; piuttostoè un sintomo di smarrimento del valore della cosa pub-blica e del dilagare di una mentalità «aziendalistica» cheperde di vista la vocazione etico-politica della Rai perse-guendo un fine di sviluppo che trova in se stesso il suounico alimento.
Per fortuna, il progetto di legge 1138 sul riassetto del sistema televisivo italiano recepisce in modo chiaro e pre-ciso le istanze di rinnovamento organizzativo e sviluppoeconomico e tecnologico della Rai, in modo che possacompetere come azienda sul mercato nazionale ed este-ro. Ma, al tempo stesso, pianta dei paletti altrettanto pre-cisi nel delineare il profilo istituzionale dell'azienda e la sua insostituibile missione di servizio pubblico rivolto al- La riforma piú importante, che si annuncia per i pros- simi anni, è quella del Welfare. Intorno a questa riformasi consoliderà il blocco sociale e politico che guiderà l'I-talia almeno per un decennio. La chiave di volta di que-sta riforma, è il passaggio da uno stato sociale fondatosul risarcimento delle disuguaglianze e delle ingiustiziesociali, a uno stato sociale delle opportunità e della pro-mozione sociale. La formazione professionale, l'educa-zione permanente degli adulti e l'alfabetizzazione infor-matica, saranno gli strumenti d'elezione di questo nuovoWelfare. Quando chiesero a Tony Blair, candidato alla guida del governo inglese, quali fossero i principali punti W. Benjamin L'autore come produttore, in Avanguardia e rivoluzione,Torino, Einaudi, 1973, p. 211.
del suo programma, rispose: «Education, education, edu- L'unica eccezione a questo approccio meramente culturale è costituita cation». In questo contesto la televisione pubblica e, in dalla riflessione di Giovanni Cesareo. Si veda G. Cesareo, Anatomia particolare il suo settore educativo, può e deve svolgere del potere televisivo, Milano, FrancoAngeli, 1970.
un'insostituibile funzione di agenzia culturale per favori- Il paragone con le pecore può sembrare insultante, ma è utile per rile-vare quanto il telespettatore sia inerme di fronte alla televisione com- re un'eccezionale diffusione delle conoscenze e dei sape- ri, presupposto di ogni modernizzazione, e antidoto con- S'intende per televisione generalista quella rivolta al grande pubblico, tro il conformismo e il livellamento spirituale dell'opinio- che presenta programmi di vario genere (d'intrattenimento, d'infor- ne di massa alimentata dalla televisione commerciale. Il mazione, eventualmente anche programmi educativi), normalmente sapere è come il denaro, si dirige a chi già lo possiede e distribuiti in fasce orarie tali da garantire il massimo ascolto e a un li-vello qualitativo e di approfondimento compatibile con la «cultura» rifugge da coloro che ne sono privi. Per contrastare que- del «pubblico medio».
sta tendenza, la televisione pubblica, in quanto mezzo di La televisione tematica si contrappone a quella generalista, in quanto comunicazione che coinvolge proprio gli strati meno ab- è dedicata a un tema specifico (arte, sport, informazione, educazione, bienti e piú arretrati culturalmente della società civile, è ecc.) e, quindi, è rivolta a un pubblico «mirato».
– insieme alla scuola pubblica – lo strumento piú efficace Si veda a questo proposito la nota 52.
Internet è la rete che collega in tutto il mondo migliaia di reti telema- ma anche il piú giusto, nel senso forte di una giustizia di- tiche, costituite da elaboratori elettronici collegati permanentemente (host computer). Gli utenti di Internet, per lo piú utenti «domestici», La formazione di una nuova opinione pubblica – e di si collegano agli host computer (o, semplicemente, host) per mezzo dei una nuova classe dirigente – che abbia la stessa ispirazio- loro elaboratori personali (personal computer), avendo sottoscritto unabbonamento presso un fornitore di accesso a Internet (provider). Pre- ne ideale e la stessa determinazione politica e culturale di cursore di Internet è il progetto Arpanet, nato nel 1969, in una picco- quella che promosse l'illuminismo, deve poter contare la azienda con sede a Cambridge (Usa), la Bolt Beranek and Newman, anche su una rinnovata televisione pubblica, che senza per iniziativa di un gruppo di geniali ingegneri informatici che inten- tradire la sua primaria funzione di intrattenere piacevol- devano facilitare lo scambio d'informazione tra i centri di ricerca uni-versitaria. Internet offre oggi numerosi servizi: informazione, posta mente il pubblico con arguzia e buon gusto, e mantenen- elettronica, commercio elettronico, divertimento, ecc. Convergono in do il primato degli ascolti, sappia anche promuovere e Internet diverse tecnologie sviluppate in epoche diverse: il telefono diffondere la conoscenza elevando, al tempo stesso, la ca- (inventato nel 1861), la televisione (i primi esperimenti risalgono agli pacità di giudizio dei cittadini. Hic Rhodus, hic saltus. anni '30) e il personal computer (affermatosi negli anni '80).
Il cd-rom è tecnicamente una memoria di sola lettura (rom, read only priamente si applica a qualsiasi dispositivo non collegato direttamente memory) per elaboratori elettronici, realizzata con la tecnica digitale a una rete di calcolatori. Un esempio comune di prodotto informatico del disco ottico (cd, compact disc). Queste memorie sono dette «di sola off-line è il cd-rom. L'equivalente nel campo della televisione è tipica- lettura» in quanto il loro contenuto non può essere modificato: l'infor- mente un programma registrato su videocassetta.
mazione è registrata in sede di fabbricazione. In generale, un cd-rom è L'espressione on-line significa letteralmente «in linea» e si riferisce es- un supporto d'informazione, memorizzata permanentemente e accessi- senzialmente alla connessione con un sistema di calcolatori in rete.
bile mediante un opportuno lettore connesso a un personal computer.
L'equivalente televisivo dell'on-line è la trasmissione di un program- Il sistema di rimando è basato su un insieme di collegamenti o link, ma, la sua messa in onda.
fra punti diversi dello stesso documento (o «pagina di Internet», iden- Un newsgroup è un forum strutturato, al quale si accede attraverso un tificata da una sigla Url, Uniform resource locator) o fra documenti di- news-server. Ogni newsgroup funziona come una bacheca elettronica, versi. Anche gli argomenti dei cd-rom sono connessi da link; è inoltre di dominio pubblico, nella quale è possibile leggere e appuntare mes- possibile stabilire un collegamento tra un punto qualsiasi dell'infor- saggi dedicati all'argomento specifico del «gruppo». Un newsgroup mazione contenuta nel cd-rom e una Url qualsiasi di Internet.
può avere o no un moderatore che si incarica di selezionare i messaggi.
Con la parola «ipertesto» in origine (1968, progetto Xanadu) s'inten- S'intende per home-page (pagina di benvenuto) la schermata d'apertu- deva un testo comprendente una struttura reticolare di rimandi, che ra di un sito di Internet.
consentisse l'accesso all'informazione in modalità non sequenziale.
Una banca dati (o «database») corrisponde a un insieme omogeneo di Oggi s'intende per ipertesto ciò che in origine prendeva il nome di informazioni correlate e registrate su un supporto informatico (tipica- «ipermedia»: un sistema d'informazione formato da parole, immagini mente su memorie di massa, come i cd-rom), consultabile mediante e suoni, strutturato come un insieme di nodi opportunamente connes- un elaboratore elettronico.
si (mediante link). Le pagine di Internet sono realizzate in linguaggio «Broadcast» è la radiodiffusione o la telediffusione cosiddetta «circo- Html (Hyper-Text Markup Language), per la gestione contemporanea lare» dei programmi, in modo che possano esser ricevuti da tutti i pos- di testi, grafica e suoni.
sessori di apparati riceventi residenti in una certa area geografica.
L'espressione «realtà virtuale» nasce nel 1989: è coniata da Jaron La- Le tecnologie informatiche o Information technology (It) sono acco- nier, che per primo commercializzò un sistema che consentisse l'im- munate alla Telecommunication (Tlc) technology nella Information mersione in uno spazio immaginario, come conseguenza della sostitu- and communication technology (Ict) con cui si designa la convergenza zione delle normali sensazioni (visive, acustiche, tattili) con altre, arti- in atto tra i settori dell'informatica e delle telecomunicazioni.
ficiali, prodotte da un elaboratore elettronico.
Quest'espressione significa «invio di dati in flusso continuo»: grazie a Il termine «interattivo» designa la capacità d'interagire dinamicamen- questa tecnologia, se una pagina di Internet contiene un brano audio o te con l'informazione contenuta in un supporto elettronico digitale video, è possibile avviarne la riproduzione in tempo reale senza atten- (su un cd-rom, su una pagina di Internet, ecc.). Solitamente tale inte- dere che il file sia scaricato sull'hard disk del calcolatore elettronico.
razione avviene in forma «colloquiale», senza – cioè – far ricorso a co- Con video-on-demand è possibile accedere all'informazione televisiva dici specialistici, ma utilizzando funzioni d'uso intuitive (parole dell'u- su richiesta, come se questa fosse registrata su un supporto d'informa- so comune da digitare o selezionare, menú a tendina, menú di opzio- zione in nostro possesso (videocassetta, cd-rom). Questo sistema uni- ni, pulsanti azionabili mediante il mouse del personal computer, ecc.).
sce i vantaggi della televisione circolare (on-line) con quelli della tele- «Target» significa, infatti, «bersaglio». Nel mondo della pubblicità e della comunicazione di massa designa il pubblico al quale è «mirata» Le prime trasmissioni sperimentali televisive risalgono al 1929.
la comunicazione.
Le radiodiffusione circolare nasce in America nel 1920. La Bbc nasce Usiamo questa parola per denotare genericamente un mezzo di comu- nicazione di massa (mass medium): stampa, radio, televisione, cinema, pubblicità, ecc.
Il telefono, realizzato e sperimentato da A. Meucci nel 1865, trova ap- plicazione negli Stati Uniti d'America, con l'attivazione – nel 1878 – In Internet un «forum» è una comunità telematica, solitamente, ma della prima centralina telefonica per 21 utenti.
non necessariamente, aperta, della quale fanno parte individui acco- munati da un particolare interesse: chi partecipa a un forum emette Si pone convenzionalmente la data di nascita del cinema nel dicembre via personal computer un messaggio che è diffuso pubblicamente, leg- 1895, in occasione della presentazione al pubblico, in un caffè di Pari- ge i messaggi degli altri componenti del forum e interagisce con loro.
gi, di una pellicola prodotta dai fratelli Lumière.
A differenza delle chat, l'interazione fra gli utenti del forum, non è in «Galassia Gutenberg» appare già nel titolo di un celebre saggio di tempo reale.
Marshall McLuhan (M. McLuhan, The Gutenberg Galaxy. The Making L'espressione off-line significa letteralmente «fuori linea», non collega- of Typographic man, Toronto, University of Toronto Press, 1962, trad.
to. Nasce nell'ambito dell'elaborazione elettronica dei dati, dove pro- it. La galassia Gutenberg. Nascita dell'uomo tipografico, Roma, Arman- do, 1976), che intende dimostrare il ruolo dei media in quanto fattori Si veda N. Bobbio, N. Matteucci, Dizionario di politica, Torino, Utet, di trasformazione sociale.
1983, s.v. «Amministrazione pubblica».
«Ragnatela» o Web, è ormai un sinonimo di Internet. Piú precisamen- Se l'azienda-partito Mediaset è proprietaria anche dell'agenzia di pub- te, Www o World wide web, è uno strumento – messo a punto al Cern blicità, come nel caso di Publitalia, allora il meccanismo di autofinan- di Ginevra – che permette di gestire i documenti ipermediali e, in ge- ziamento non solo garantisce la sopravvivenza del partito ma gli pro- nerale, tutti gli altri strumenti e protocolli di Internet.
cura anche i mezzi per un radicamento sempre piú capillare nella «so- La «ggente», cui faceva riferimento Sandro Curzi, direttore del Tg3 tra cietà di mercato» che essa stessa promuove.
la fine degli anni '80 e i primi anni '90, è ormai passata in proverbio.
Si consideri il caso di Fedele Confalonieri, presidente di Mediaset, che Si veda G. Orwell, Nineteen Eighty-Four, London, 1948, trad. it. 1984, in numerose occasioni ha avanzato la proposta che anche le reti di Me- Milano, Mondadori, 1973. Scritto nel 1948, questo libro appartiene al diaset potessero diventare concessionarie di servizio pubblico televisi-vo con relativa assegnazione del canone.
genere dell'utopia negativa. Vi si descrive un mondo futuro nel quale gli uomini sono privati dell'anima. Il «Grande Fratello» è un'entità Questa distinzione ha valore solo in tempo di pace. Infatti, nello sta- politico-tecnologica, autoritaria e pervasiva, preposta al controllo dei to d'emergenza e durante le mobilitazioni generali contro nemici in- cittadini, sia per quanto riguarda la sfera dei comportamenti pubblici, terni o esterni, l'informazione si trasforma in propaganda, strumento sia per quanto riguarda la sfera privata.
d'elezione per la formazione dell'opinione di massa attraverso la sug- gestione, la persuasione occulta e la sistematica falsificazione della Socrate fa differenza tra il filosofo, che paragona al medico, sollecito del vero bene (per quanto attiene alla sfera del corpo) e il retore che Sul concetto di «telespettatore marginale», si veda – nel capitolo «Te- paragona al cuoco, il quale si preoccupa soltanto di far cosa gradita agli levisione pubblica e interesse generale» – il paragrafo «La buona mae- uomini, anche facendo loro del male (Platone, Gorgia, 462D-466A).
stra televisione».
J. Ortega y Gasset, La missione dell'Università, Napoli, Guida, 1971.
Auditel (forma abbreviata di «audience televisiva») è il sistema di rile- La parola «cyberspazio» è dovuta alla penna di uno scrittore di fanta- vamento statistico del numero degli spettatori che seguono i program- scienza, W. Gibson, che cosí volle denotare una realtà artificiale speri- mi televisivi. Le misure, eseguite su un campione statisticamente rile- mentabile simultaneamente da numerosi utilizzatori.
vante, sono proiettate sull'universo dei telespettatori.
A Parigi, nel corso dell'European IT Forum del 4 settembre 1995, Bill Alcune recenti serie televisive della Rai, come Un medico in famiglia, Gates non era ancora in grado di pronosticare, pur dal suo punto di Commesse, ecc., lasciano intravedere un'interessante inversione di ten- osservazione privilegiato, la crescita esponenziale di Internet: «Oggi la denza anche nella fiction.
maggior parte delle comunicazioni viene effettuata su carta, faccia a L'ostinata opposizione che Berlusconi ha condotto contro la legge di faccia o con il telefono. Questo cambierà nei prossimi dieci anni. Con- regolamentazione degli spot pubblicitari dei partiti durante la campa- siderate per esempio l'attività di un'agenzia di viaggi o di un'agenzia gna elettorale, tradisce un duplice obiettivo: da una parte non si inten- immobiliare: è difficile pensare a un settore imprenditoriale che non de rinunciare al vantaggio immediato di chi è proprietario di tre reti sarà influenzato da Internet. Per questo i rivenditori, gli operatori fi- televisive, dall'altro si vuole legittimare l'idea che la politica sia una nanziari, persino i politici e i media devono occuparsi del significato merce come le altre.
di queste trasformazioni. Nell'educazione, per esempio, invidio chi La proposta di legge 1138 sul riordino del sistema radiotelevisivo ita- potrà crescere con la possibilità di studiare qualsiasi materia attraver- liano, prevede in realtà che tutte e tre le reti televisive, e non solo la so il semplice accesso a questa ricca rete di informazioni. Il passaggio terza, rimangano di servizio pubblico.
all'era industriale è durato quasi cent'anni. Penso che questo nuovo Prima della «rivoluzione digitale», i canali nazionali disponibili nelle passaggio avverrà nei prossimi vent'anni [sic!]».
bande Vhf e Uhf (onde metriche e centimetriche) erano in numero li- Si veda Guy Debord, La società dello spettacolo, Firenze, Vallecchi, mitato. Questo dato di fatto giustificava la necessità di mantenere il 1979, p. 35.
servizio pubblico a garanzia del pluralismo. Con lo sviluppo delle tele- Si veda M. Scheler, Crisi dei valori, Milano, Bompiani, 1936.
comunicazioni via satellite, che utilizzano una porzione dello spettro Si veda E. Luttwak, La dittatura del capitalismo, Milano, Mondadori, elettromagnetico molto piú estesa nella banda delle onde micrometri- che, l'argomento del numero limitato di canali a disposizione non ha Si veda M. Young, The Rise of Meritocracy. An Essay on Education and Equality, Harmondsworth, Penguin Books, 1961.
È interessante notare che in Europa la diffusione dei canali tematici Si veda Vance Packard, I persuasori occulti, Torino, Einaudi, 1989.
satellitari, specializzati in un solo genere, va di pari passo con la crea- J. Huizinga, La crisi della civiltà, Torino, Einaudi, 1938. Huizinga, sto- zione di supermercati anch'essi specializzati nella vendita di articoli rico olandese, oppositore del nazismo, fu a lungo imprigionato e con- specifici di un unico settore merceologico: sport, abbigliamento, ali- finato ad Arnhem, in Olanda durante la seconda guerra mondiale.
mentari, giardinaggio, ecc.
Nel linguaggio economico sono «non-profit», quegli organismi carat- Intervista televisiva a Karl Popper a cura di Maria Teresa de Vito (Lon- terizzati dal divieto di distribuire i profitti ai membri che ne fanno dra, aprile 1993) per l'Enciclopedia multimediale delle scienze filosofi- parte e dall'obbligo di reinvestirli interamente nell'attività svolta.
che, Rai Radiotelevisione italiana.
Con il referendum dell'11 giugno 1995, si è stabilito che nella Rai pos- È singolare, ma non troppo, che lo slogan piú eversivo del '68: «Vieta- sano entrare quote di capitale privato che non eccedano complessiva- to vietare», si ritrovi da tempo sui vessilli dei partiti piú conservatori o mente il 49% e non già che l'azienda possa essere privatizzata.
Franco Debenedetti, Il «peccato originale» dell'informazione Tv, in Dall'intervista televisiva a Karl Popper a cura di Maria Teresa de Vito «La Repubblica», 22 agosto 1999.
(vedi nota 67).
Il ministero della Pubblica istruzione nel 1929 cambiò nome in mini- «Oblomov rappresenta l'incapacità di agire e di accettare le regole stero della Educazione nazionale, per volere di Mussolini che s'ispirava della vita, ma con l'ansia e il desiderio del bene e dell'agire giusto»: a una concezione totalitaria dello Stato educatore. Quando, nel 1944, cfr. l'introduzione a I. Goncarov, Oblomov, Milano, Rizzoli, 1985.
fu ripristinata la precedente denominazione, certamente il legislatore Si veda ancora – nel capitolo «Televisione pubblica e interesse genera- non voleva, con questo atto, ridurre la scuola a una funzione di mera le» – il paragrafo «La buona maestra televisione».
istruzione, come se potesse rinunciare alla sua missione educativa.
Si veda Hegel, Lineamenti di filosofia del diritto, Bari, Laterza, 1974, S'intende per «empatia» la proiezione di stati emotivi nell'oggetto Cfr. Giorgio Ruffolo, La rivoluzione fasulla del turbocapitalismo, in Film realizzato nel 1941 da Orson Welles. Narra la storia di William «La Repubblica», 18 agosto 1999.
Randolph Hearst (un personaggio reale), del suo delirio di potenza e Questo termine, ormai invalso nell'uso, copre il campo dei programmi della sua morte. Il protagonista del film è il proprietario di una catena per la scuola, dei programmi culturali (letteratura, storia, filosofia, ar- di giornali, dei quali si serve per indirizzare la politica nazionale e in- te, scienze, ecc.) e di aggiornamento professionale.
ternazionale, espropriando i cittadini dei loro diritti politici.
S'intende con questo termine la percentuale di telespettatori che un cer- Film realizzato nel 1976 da Sidney Lumet. Mostra le aberrazioni della to giorno, in un certo istante, guarda un certo programma televisivo.
televisione, compresa una sua possibile valenza criminogena diretta «Digitale» è una proprietà delle apparecchiature e delle tecnologie (un delitto commissionato per far aumentare l'indice di ascolto).
che utilizzano una codificazione numerica (in inglese numero si dice Si veda la nota 32.
«digit») dell'informazione. Il codice numerico è basato sulle cifre 0 Secondo la teoria dell'economista A. Marshall, l'«utilità marginale» di e 1, perciò è detto binario, e le cifre 0 e 1 prendono il nome di cifre un bene è quella attribuita dal soggetto che lo possiede alla singola binarie (in inglese «bit», da «binary digit»). Un tipico supporto unità del bene, purché sia considerata l'ultima posseduta.
d'informazione digitale è il cd-rom, nel quale i testi, i suoni e le im- La stessa storia della Rai può essere d'insegnamento. Nel 1975, al ter- magini sono registrati come un insieme di «tacche» («pit», delle di- mine di una lunga stagione di occupazione democristiana, che ebbe il mensioni di una frazione di micron) impresse ordinatamente su una suo culmine nei quindici anni di potere bernabeiano, la Rai fu investi- traccia a spirale (lunga qualche decina di chilometri) impressa sulla ta da un radicale processo di riforma che, per certi versi, si rivelò, nel superficie di un disco di plastica, rivestito di uno strato metallico ri- lungo termine, se non peggiore, analogo al male che intendeva curare.
flettente. Le tacche sono rivelate da un fascio laser: la presenza di Cambiarono gli uomini, ma restarono inalterate la struttura,, l'orga- una tacca corrisponde alla cifra 1, la sua assenza alla cifra 0. Un tipi- nizzazione del lavoro e le procedure. Dopo un breve periodo di eufo- co supporto d'informazione analogica è la videocassetta, dove ai vari rica vivacità, frutto della creativa intraprendenza e del coraggio di al- livelli d'intensità dei segnali che costituiscono l'informazione (se- cuni dirigenti, nel 1981 tutto ritornò come prima; anzi dalla monar- gnali di luminanza, crominanza e audio) corrispondono altrettanti chia assoluta dell'epoca bernabeiana, si arretrò nel Medioevo feudale.
livelli (teoricamente infiniti) dello stato di magnetizzazione del na- «Professionista» è colui che professa un'arte (lat. artem profiteri: nel latino classico professor era appunto il professionista, mentre il profes- Si veda, in questo libro, il paragrafo «Multimedialità digitale».
sore era magister o doctor). «Manager» è invece una parola importata Programmi come il Perry Como show, prototipo di tutti i varietà, op- dall'inglese, ma deriva dall'italiano «maneggio», e significava in origi- pure Ok, il prezzo è giusto risalgono, rispettivamente al 1948 e 1956.
ne «addetto alle scuderie». Si dice analogico un dispositivo che tratta informazioni espresse da La definizione sopra riportata è ripresa dal Grande dizionario Garzan- una qualche grandezza fisica che sia funzione continua dell'entità da ti della lingua italiana.
rappresentare. Per esempio un orologio a lancette è analogico, in quan- Chi ha proposto per primo quest'analogia, tendente a conferire alla to indica il trascorrere del tempo mediante la rotazione di un indice Rai il carattere di un'istituzione, paragonabile – per prestigio, autore- (le lancette). Al contrario, l'orologio digitale fornisce l'indicazione del- volezza e autonomia – alla Banca d'Italia, è stato Walter Veltroni.
l'ora mediante un esplicito valore numerico.
I «creativi» si contrappongono ai «tecnici», in quanto i primi «inven- ste interviste – doppiate in piú lingue e corredate di volta in volta da tano» (nel significato latino della parola inventio), i secondi applicano brani di film d'autore, brevi sceneggiati con attori, antologie di testi, delle procedure. Questa distinzione nasce nell'ambito delle agenzie di immagini di opere d'arte, film documentari, computer grafica, musi- pubblicità, dove sono tipicamente creativi i «copywriter» e gli «art di- che, ecc. – sono adattate alle caratteristiche di ciascun medium. Ne rector»: gli altri sono «tecnici».
nascono programmi televisivi e radiofonici diversi nella durata e nel- Si veda ancora la nota 9.
l'impianto, collane di videocassette, programmi per la tv satellite, libri e dispense, cd-rom, Dvd, siti Internet, ecc. Tutte le versioni dell'opera Il «bit» (dall'inglese «binary digit», cioè cifra binaria) è l'unità ele- vengono di volta in volta fatte «interagire» tra loro in una «giostra mentare d'informazione con cui opera la memoria di un computer.
multimediale» in modo che l'una rinvii all'altra e la integri.
Può assumere due valori, 0 e 1, che corrispondono ai due possibili sta- ti di un circuito elettrico: aperto, quando non passa corrente e chiuso, Si veda, per una trattazione articolata del problema, R. Parascandolo, quando il circuito è attraversato dalla corrente elettrica. Nicholas Ne- La multimedialità allargata, in «Problemi dell'Informazione», Il Muli- groponte lo descrive cosí: «Un bit non ha colore, dimensioni o peso e no, marzo 1994.
può viaggiare alla velocità della luce. È il piú piccolo elemento atomi- Etichetta o label, è un codice alfanumerico attribuito a certe unità co del Dna del'informazione» (N. Negroponte, Essere digitali, Milano, d'informazione, per facilitarne il reperimento.
Sperling & Kupfer Editori, 1995, pp. 3-4).
Si veda ancora la nota 9.
Software è l'insieme di programmi, procedure e regole che governano il La convenzione, triennale e rinnovabile, è stata firmata il 31 luglio del funzionamento di un sistema di elaborazione dei dati.
S'intende con «digitalizzazione» la trasformazione di un'informazione Le trasmissioni educative della Rai cominciarono nel 1954 con sei pro- analogica, in una digitale, in modo che possa essere trattata da un com- grammi per le scuole medie e i licei, e uno di religione rivolto a en- puter. Si veda anche la nota 76.
trambe le scuole. Nel 1958 nacque Telescuola, per volontà dell'allora Si veda la nota 10.
ministro della Pubblica istruzione, Aldo Moro. Le trasmissioni erano «Navigare» è una voce propria del gergo multimediale: si «naviga» – vere e proprie lezioni con l'insegnante, la classe, i registri e le interro- cioè ci si sposta lungo vari percorsi informativi – su un cd-rom, su In- ternet, ecc.
MediaMente è un programma quotidiano di alfabetizzazione all'infor- Questa parola è un calco del francese interaction – neologismo intro- matica e ai nuovi media. Nato nel 1994, quando Internet era presso- dotto nel 1876 – che in origine significava l'«azione reciproca» fra cor- ché sconosciuta, MediaMente ha costituito il primo tentativo di inte- pi dotati di massa gravitazionale o carica elettrica. Nella fisica si parla grazione sistematica tra la televisione e la rete per l'approfondimento d'interazione gravitazionale, elettromagnetica e nucleare, cioè fra le e l'elaborazione critica dei contenuti dei programmi televisivi. Il sito particelle elementari della materia. Per il significato informatico di Internet di MediaMente è stato il primo in assoluto della Rai, creato questa parola, si veda la nota 12.
un anno prima che nascesse quello ufficiale.
I pulsanti e i menu sono tipici strumenti per realizzare le possibilità Il Grillo, in onda su Raiuno intorno all'una di notte, è una trasmissio- d'interazione proprie dei cd-rom e delle pagine di Internet. Si veda ne quotidiana nella quale filosofi, storici, economisti, letterati, grandi ancora, a questo proposito, la nota 12.
manager, autorevoli uomini politici e scienziati si confrontano, all'in- Scrive Seneca «Non ci sarà nessuno di loro [Zenone, Aristotele, Teo- terno delle scuole, con studenti delle medie superiori. Caratteristica frasto] che non avrà tempo per te, che, se ci vai, non ti farà tornare del programma è l'assenza del conduttore, scelta coraggiosa che con- piú felice e piú affezionato, da nessuno te ne andrai a mani vuote: di sente tuttavia un confronto diretto e immediato tra il «docente» e gli notte, di giorno è possibile a tutti incontrarli» (Lucio Anneo Seneca, studenti. Il Grillo è la versione per la tv generalista della Enciclopedia La brevità della vita, Milano, Rizzoli, 1993, trad. di A. Traina).
multimediale delle scienze filosofiche (si veda il paragrafo dedicato al- Trasmettere «via etere» è un'espressione efficace, che rende bene l'i- l'Enciclopedia, alla fine del capitolo).
dea della radiodiffusione (e telediffusione) per mezzo delle onde elet- Espressioni di vivo apprezzamento sull'Enciclopedia multimediale del- tromagnetiche. Peccato però che l'etere non esista, come dimostra l'in- le scienze filosofiche sono state formulate da eminenti personalità: Gio- terpretazione data da Einstein all'esperimento di Michelson-Morley. A vanni Paolo II, il cardinale Martini, il filosofo francese Jacques questo proposito si suole ricordare che «Einstein buttò l'etere fuori D'Hondt che ha paragonato quest'opera alla Encyclopédie di Diderot delle aule di fisica».
e d'Alembert. «Quest'opera» ha affermato D'Hondt «si ricollega al Un esempio concreto di che cosa sia la «materia prima» di un'opera metodo e al progetto di Diderot, in quanto è strutturata per discipline intermediale, e di come debba essere utilizzata, è l'Enciclopedia multi- e argomenti separabili gli uni dagli altri che si possono consultare nel- mediale delle scienze filosofiche, che verrà presentata dettagliatamente l'ordine che si vuole fino a fornire una tavola universale della filosofia in seguito. In questo caso la materia prima è costituita da diverse cen- che si può consultare in approcci successivi». Hans Georg Gadamer, tinaia d'interviste-lezioni di filosofi e scienziati di tutto il mondo. Que- il decano della filosofia tedesca, erede della grande tradizione di pen- siero che va dai presocratici fino ad Heidegger, ha presentato l'Enci-clopedia con queste lusinghiere parole: «Ritengo che l'iniziativa intra-presa dalla Rai Radiotelevisione italiana e dall'Istituto Italiano per gliStudi Filosofici, quella di riportare a nuova vita il colloquio con i gran-di filosofi del passato e di accogliere questo colloquio nella propriaprogrammazione, sia qualcosa di grandioso».

Source: http://www.mediamente.rai.it/home/bibliote/biografi/p/Latelevisioneoltrelatelevisione.pdf

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Tenover, Clinical Assistant Professor, Affiliated Palo Alto VA Health Care System 3801 Miranda Avenue (GRECC 182B) Palo Alto, California 94304 Telephone: 650-493-5000, ext. 66946 Email: [email protected] Professional Snapshot Administrative Appointments Clinical Professor of Medicine (Affiliate), General Internal Medicine/Gerontology and Geriatric Medicine, Stanford University School of Medicine, Stanford, CA, 2009-present

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Inhibitory Contributions to Spatiotemporal Receptive-Field Structureand Direction Selectivity in Simple Cells of Cat Area 17 ADITYA MURTHY AND ALLEN L. HUMPHREYDepartment of Neurobiology, University of Pittsburgh School of Medicine, Pittsburgh, Pennsylvania 15261 Murthy, Aditya and Allen L. Humphrey. Inhibitory contributions spond well to motion in one direction across their receptive